Parla una pranoterapeuta

Parla una pranoterapeuta Parla una pranoterapeuta Mani rosse per guarire /TI TORINO Il UALCHE mese fa, una 11 sera davanti alla tv, melili tre Mino Damato velegY I giava ancora con il vento V in poppa a bordo della sua Arca in technicolor, ebbi un'ispirazione. Non da quel celebre e fortunato collega ma da una strana e bellissima donna che partecipava alla trasmissione. La signora, una bruna dagli occhi verdi e penetranti, raccontava di essere stata colei che aveva curato il premier sovietico Breznev, tenendo in vita un uomo oramai alla fine. Questa signora moscovita (in seguito appresi che si trattava della celeberrima Dzuna Davidasvili) parlava con Damato di pranoterapia proprio mentre una forma di emicrania ormai cronica mi stava quasi impedendo di vivere normalmente la mia vita: e intanto soffrivo; il lavoro' era una tortura, l'amata musica un palliativo da accantonare, gli analgesici sempre meno efficaci e anche quella sera mi era difficile continuare a guardare il video e seguire quella curiosa intervista. Il mio mi sembrava ormai un caso «clinico» da risolvere con una sbronza perenne ma l'alcol non serviva a nulla, anzi peggiorava la situazione. Qualcosa però, grazie all'«Arca» e alla signora Dzuna, mi frullò per il capo. Vediamo come. La medicina alternativa non è una novità. Se ne parla, non solo in Russia ma anche in Italia: curarsi con le erbe, con l'omeopatia, farsi guarire dalle mani «calde» dei pranoterapeuti o lasciarsi manipolare dagli specialisti del massaggio, quello dolce o quello «duro» dello sciatzu, è una consuetudine che ha preso il posto di una moda. E in realtà sono molti i medici allopatici (quelli con la laurea) che approvano sia l'omeopatia, sia l'agopuntura, sia la pranoterapia. Si tratta di tre vie differenti e ormai diffusissime, dalla campagna alla città, dal Nord al Sud. La loro azione si rivolge alle malattie croniche: cefalee, disturbi della digestione, sinusiti, stati infiammatori (in particolare quelli inerenti la colonna vertebrale), artriti, artrosi eccetera eccetera. Pranoterapia come ultima spiaggia è stato l'esordio di questa prassi curativa presso il grosso pubblico degli ammalati. A Torino, città chiacchierata per una presunta e avvolgente magia praticata qua e là in un inestinguibile sabba, non mi è stato difficile rintracciare la persona che potesse aiutarmi nella mia ormai insostenibile pesantezza del non essere. Magia anche questa? «La magia non esiste», risponde con un sorriso la signora Maria Morra, pranoterapeuta tra le più note di Torino, citata e intervistata dalle più importanti riviste (anche scientifiche) specilizzate nel settore della «salute». La signora Morra si limita a imporre le mani sul paziente, non necessariamente sulla parte dolente: «Io - dice - non faccio miracoli, pratico una sorta di trasfusione di energie. Talvolta, questo "prana" lo indirizzo direttamente sulla parte malata (casi di artrosi cervicale, emicranie e la sterilità quando è di origine psicosomatica, n.d.r.), sovente è l'energia stessa che, seguendo un suo naturale percorso, interviene e si indirizza sulla parte sofferente, alterata». Intanto mi mette in mostra le proprie mani, mani che hanno del miracoloso: sono di un colore rosso fuoco nei polpastrelli e nel palmo. Cordiale, sensibile, la signora Morra non emette una diagnosi ma segue istintivamente un percorso che le consente di individuare il punto dove intervenire. Lo sguardo vivo, penetrante è lo specchio di un carattere forte, deciso ma anche profondamente umano: «Solo chi ha sofferto può aiutare chi sta soffrendo», dice. Mi chiede poi se per caso ho avuto un incidente con l'auto. Mi viene allora in mente una gran botta contro un albero quando facevo il centauro a cavallo di una Honda a quattro cilindri, il mio gioiello del 1974. Mi salvò il casco, non ancora obbligatorio per legge. Fortuna nella sfortuna: frattura dell'omero e un «lieve» trauma alle vertebre cervicali. Poche sedute nello studio della signora Maria Morra e gradualmente i miei dolori lancinanti al capo diminuiscono per poi scomparire nel giro di un mese. Varie testimonianze raccolte (per una nostra deformazione professionale) nella sala d'attesa ci portano a conoscenza di un'infinità di altri casi risolti dalla bioenergia che scaturisce dalle mani della nostra pranoterapeuta: casi di coliti spastiche, ulcere, dolori reumatici. Come si diventa pranoterapeuti? La domanda sembra banale ma non lo è poi tanto. Risponde Maria Morra: «E' una scoperta, sconvolgente, che spesso avviene, credo, per caso; a me accadde di mettere una mano sulla fronte di una mia nipote sofferente a causa di un fortissimo mal di denti. La ragazza dopo tre minuti esatti mi dice: "Non ho più male". Pensai subito a mio marito che, affetto da glaucoma, doveva venire sottoposto a un intervento chirurgico. Volli tentare una serie di trattamenti con la speranza di ottenere un risultato positivo. Il medico che lo visitò successivamente disse: "Per me quest'uomo non ha mai avuto un glaucoma"». E poi? Come si diventa professionisti? La Morra risponde con una battuta e sorride: «Con il sistema "Perlana" cioè il "passaparola": un malato avverte un altro malato che a sua volta svolgerà anche lui la sua opera di propaganda. Infine una rivista seria e molto seguita come Salve mi offrì alcuni anni or sono la notorietà con un lungo e dettagliato articolo». Franco Mondini ne considerate malsane, con i muri umidi e poco areate, hanno un campo elettrostatico interno molto scarso. Gli edifici costruiti con la tecnologia dei moderni grattacieli: solette a rete metallica, acciaio e cristallo, sono delle vere e proprie «gabbie di Faraday», in cui il campo naturale viene smorzato fino ad annullarsi. Forse questo contribuisce a quella sensazione soggettiva di stanchezza e svuotamento psicofisico che colpisce molti dopo un lungo periodo trascorso in questo genere di strutture edilizie. Sempre più lo studio degli ecosistemi umani dovrà tener in considerazione queste «energie sottili», di cui peraltro tutti i saperi tradizionali hanno tenuto conto: dalla scelta del dove costruire a quella dei materiali, alla disposizione delle aperture nello spazio esterno. Gli antichi costruttori tramandavano nella tradizione orale della corporazione queste semplici verità come segreti. Oggi dovremmo riscoprirle, per imparare nuovamente a collocarci con i nostri manufatti negli equilibri della natura. Alessandro Meluzzi

Luoghi citati: Italia, La Morra, Russia, Torino