I drammatici particolari rivelati dall'indagine giudiziaria nell'assassinio dell'impiegato Sonzini e della guardia carceraria Scimula

I drammatici particolari rivelati dall'indagine giudiziaria nell'assassinio dell'impiegato Sonzini e della guardia carceraria Scimula I drammatici particolari rivelati dall'indagine giudiziaria nell'assassinio dell'impiegato Sonzini e della guardia carceraria Scimula Uooìsi <lalle> "guardie rossen = Atroce scena, in taxi improvvisato tribunale terroristico - Oli arresti della I^oliflsia ed i primi risultati delle ricerche - Non reato politico ma delinquenssao Nel rievocare questo episodio delle luttuose giornate del settembre scorso, il più truce ed il più sanguinoso fra. quanti ebbero una èco nelle cronache giornalistiche, sembra quasi di rivivere le pagine fosche del primo periodo iniziale della rivoluzione russa, quando, dopo tdpsmzmi giudizio sommario, lo « guardie rosse », tdominate soltanto più da un bieco istinto di sangue, uccidevano spietatamente coloro che fisse erodevano sostenitori della causa tzarista. Non ci par vero che in una citta come la nostra, che vanta una tradizione di civiltà ed nuche di bontà, l'odio politico abbia potuto generare un slmile de'litto. Subito dopo la prima azione dell'Autorità di Polizia giudiziaria por riuscire a scandagliare il mistero di tanta pazzia sanguinaria, le voci più fantastiche si diffusero, particolannn^c nei rioni popolari, che furono teatro della" gesta criminosa, ma non credemmo allora di rilevarle, poiché l'Autorità procedeva a stento nella, sua indagine, e non volevamo assolutamente intralciare la sua opera. Si tratta qui non gift di un reato politico vero e propiio, ma di un delitto comune, provocato da un .torvo istinto- e non già dal fanatismo per un'idea. Fu' per questo che ci facemmo uno scrupolo di tacere, fino a quando l'opera dell'Autorità inquirente non si fosso completamente esplicata, in modo da porre le basi necessarie all'ulteriore azione riolla Giustizia. Saremo anche sobrii nel racconto dei particolari, poiché vi è in essi tanta drammaticità Ida suscitare la più profonda commozione, senta che l'aiutino artifizi di frasi. ' I due cadaveri •Per quanto l'episodio della" scoperta dei due assassinati sia ancor vivo nella memoria dei lettori, giova rievocarne le circostanze. La mattina del 23 settembre, verso le 10, giungeva alla Questura Centrale la telefonata di uno sconosciuto, il quale chiedeva di parlare col funzionario di servizio. Ottenuta la comunicazione, lo sconosciuto disse:. — Sentu, avvocato, sul corso Novara, dove mi son trovato a passare poco fa, vi sono due cadaveri che giacciono non vigilati da alcuno. E l'ignoto informatore prosegui dando altre Informazioni supplementari. La Questura provvide subito ad inviare un funzionario e r.< ngenti sul posto, con un camion, per gli accertamenti ed i provvedimenti del caso. i Corso Novara si inizia alla vecchia Barriera 'di Milano, ed immette nella strada di Circonvallazione che porta al Cimitero. Nessun episodio nella sanguinosa lotta avvenuta il giorno precedente si ora svolto in quella località. Colpi di fucile e di rivoltella erano stati sparati in quella, come in tutte le altre zone periferiche, durante la notte, ma nel conflitto che aveva avuto inizio in corso Regina Margherita e si spostò più tardi in Vanchiglia ed in corso Ponte Mosca, non si ebbero cosi lunghe propaggini. Il fatto dunque si presento subito come misterioso, e più misterioso To rivelarono le circostanze che in seguito vennero in luce. I due cadaveri vennero trovati distanti circa duecento metri l'uno dall'altro, quasi di fronte alla Fabbrica di colla e concimi. Un primo esame delle ferite che dovevano averne causata la morte portò alla constatazione che i due infelici dovevano essere stati colpiti con una rivoltella. Tutti e due erano stati feriti alla testa, mortalmente. L'ipotesi che potessero essere stati feriti durante il conflitto venne subito scartata. Si pensò che potesse trattarsi di un episodio isolato, avvenuto durante la notte; che qualche pattuglia in giro di ricognizione potesse averli sorpresi e sparato su di essi, senza curarsi delle conseguenze: ma anche questa prima ipotesi venne subito scartata. Si argomentò di un possibile urto tra maestranze finito a colpi di rivoltella in qualche stabilimento delle vicinanze, e che i due corpi fossero stati trasportati in via Novara durante la notte, per allontanare ogni sospetto su questa o su quella maestranza. Questa seconda ipotesi anzi si avvalorò talmente che sulle prime si fini per ritenerla la più probabile. Solo le indagini di questi giorni rivelarono la truce realtà. Dai. documenti che vennero trovati indosso ai cadaveri si identificarono i due morti, uno per la guardia carceraria Costantino Scintilla 'e l'altro per Doglio Ettore, impiegato, non me lmtaNngrssSfrsglio precisato. L'identificazione del presunto Doglio venne fatta a mezzo di una tesserade?Fasto m^ tnfXl DalddlvSnil confluì «vol^teliate, la. morte dei due. Ma anche questa terza ipotesi risultò doversi scartare. I cadaveri vennero trasportati al cimitero, in attesa iche nuova luce venisse sul fatto, mentre in città si diffondeva la notizia della scoperta, e cominciavano a rendersi note quello che erano I credute le generalità dei due morti. E fu iwzi il fatto del divulgarsi delle voci che porto alla rivelazione di parte del mistero che circondava la morte di quei due disgraziati. Nel pomeriggio di quello stesso giorno si presentava alla Sezione di Dora il signor Ettore Doglio, stenografo alla Agenzia Stefani, il quale, introdotto presso il commissario Tabasso, eli teneva,' su per giù. questo discorso : « — Mi si riferisce che è stato trovato un cadavere in corso Novara che venne identificato per Ettore Doglio. Si tratta indubbiamente di un equivoco, perchè Ettore Doglio sono io. L'individuo dato per Ettore Doglio altri non che il mio amico Mario Sonzini, che io avevo incaricato di ritirarmi una tessera al Fascio impiegati reduci combattenti ». Come avesse potuto nascere l'equivoco venne anche meglio spiegato dallo stesso Ettore Doiglio. « — Mi trovavo ancora a letto stamane — disse egli — quando mia madre venne ad avvertirmi che si erano presentate due persone per darlo la notizia che mi avevano trovato morto in corso Novara. Mia madre era spavontatissima. Non riusciva a rendersene ragione. Le due persone che erano venute a portare la funebre ambasciata si trovavano ancora In casa mia. Mi alzai e mi recai ad in terrogarte. Mi ripeterono il discorso che già bevano fatto a mia madre. Mi dissero cioè che un cadavere era stato trovato in corso Novara e che dai documenti trovatigli indosso risultava essere Ettore Doglio. Spiegai che l'Ettore Doglio ero io. In ocni modo. U ringraziai delle comunicazioni. Le duo persone avevano veduto il cadavere, me ne diedero i connotati e mi venne un primo dubbio su chi poteva essere il morto. Riflettendo poi ebbi la certezza che non poteva trattarsi che di Mario •Sonzini. impiegato alla Fiat (Industrie metallurgiche) di via Cienn. Egli era uno dei più attivi organizzatori del Fascio impiegati e rommessi reduci combattenti, non del Fascio di combattimento, come si disse, Fascio al fi::ale sono io pure iscritto. Amicissimo di mio fratello, predai lui di volermi ritirare la tessera d'iscrizione.' Egli ritirò la tessera e la tenne in tasca nell'attesa di trovarmi, e fu telo tessern che provocò l'errata identificazione. MI Terni alla Onesterà per mettere al-corrente lo Autorità dolVeqnivòco. Mio fratello intanto, da me avvertito, si recava al cimitero o riconosceva effettivamente nel morto il Sonzini ». Le lividure ai polsi Per quanto riguarda lo Scimula, che Indossava l'abito borghese essendo di libera uscita, non vi fu dubbio alcuno nella stabilir.! la sua identità. Le indagini fluoro dapprincipio, pernecessità di cose, molto lente. La p.-nzia rne dica aveva stabilito con tutta certezza che i due giovani (il Sonzini aveva 21 anni e lo Scimula 20) erano stati proprio uccisi con un colpo di rivoltella sparato a bruciapelo, il cui proiettile aveva provocato lo spappolamento del ce^iveUQ uscendo dalla fronte; ma un par- ticolare fu rilevato che accresceva la gravità del delitto. Entrambi i cadaveri recavano ai polsi segni di profonde lividure, come se fossero stati con lo mani legate oppure due uomini robusti' li avessero trattenuti a viva forza, rendendo vano ai due infelici ogni tenta¬ tiyp di divincolarsi dalla stretta. Certo quelle lividure indicavano che il Sonzini e lo" Scimula avevano fatto sforzi disperali per sottrarsi al supplizio crudele che li attendeva! Ma come mai i due infelicissimi giovani avevano trovato la morte nel deserto corso Novara, una strada lontana dai punti ove erano avvenuti 1 conflitti tra la forza pubblica e gli operai che seguivano i feretri degli altri due operai Faccio e Sivestri, uccisi durante i tumulti? Il fatto appariva — come rilevammo — avvolto di un impenetrabile mistero. Si suppose dapprima che essi fossero stati uccisi nell'interno- di qualche fabbrica e noi trasportati in luogo deserto per intralciare le possibili indagini dell'autorità di Pubblica Sicurezza. Ma in quei giorni di eccezionale fermento nei centri operai, l'Autorità non poteva condurre indagini di sorta, l'imitandosi a raccogliere qua e là informazioni in attesa che, a vertenza ultimata, fosse possibile eseguire sopraluoghi e l'arresto delle persone indiziate. " Pietà, mamma mia ! „ Nel rione popolare prossimo agli stabilimenti Bevilacqua e Nebiolo, la morie dei due giovani era teina di tutti i discorsi. Molti erano stati testimoni dell'arresto della guardia carcerano.. Questo era avvenuto verso le ore 19 di sera sotto un portone di via Pisa, luogo in cui il disgraziato, spaventato dalle fucilate che venivano sparate da individui appostati nei sunnominati stabilimenti occupati dagli operai o scorrazzanti in camion per la regione, aveva cercato un riparo. Egli si trovava quel giorno ad avere il suo permesso di libera uscita, e la sua cattiva stella aveva guidato i suoi passi in quel disgraziatissimo luogo. Molti di coloro che abitano nei pressi avevano visto un gruppo di giovinastri precipitarsi verso, quel portone e trarne fuori a viva forza il giovane sconosciuto che vi si era appiattato; lo videro malmenare dagli energumeni, mentre egli in un 'concitato linguaggio che tradiva il suo paese d'origine (era sardo) gridava disperatamente: — Pietà! pietà! Mamma mia! mamma mia! Ma le invocazioni del poveretto non commossero i giovinastri, che a .pugni e calci lo spinsero in mezzo a loro verso lo stabilimento Bevilacqua, mentre alcuni di essi urlavano: — Dàglil dagli! che tanto è un « terra da pipe! ». Il gruppo, con in mezzo il prigioniero, era scomparso entro la fabbrica ed il portone si era chiuso. Questo era quanto avevano veduto i vicini, ma dopo il rinvenimento dei cadaveri, alcuni operai delle due fabbriche avevano parlato in gran segreto con ai'.cuni amici che, alla lor volta, avevano confidato ad altri come era avvenuta la misteriosa morte dei due. Ecco il racconto che noi stessi abbiamo potuto raccogliere in quel popolare rione, rna che soio ora abbiamo voluto pubblicare per non intralciare l'opera dell'autorità di Pub blica Sicurezza ' Pochi momenti dopo che il Costantino Scimula era stato arrestato dalle guardie rosse dolio stabiumento Bevilacqua, il Sonzini, il quale voleva ad. ogni costo raggiungere la sua abitazione' in corso Brescia, non avendo potuto attraversare il ponte Mosca, poiché in quel momento una mitragliatrice piazzata sullo stabilimento -Gli'ardini batteva il corso Pori te Mosca, mentre le guardie regio sparavano alla lor volta contro l'opificio, aveva girato a valle attraversando il ponte delle Benne e prendendo ner corso Palermo che lo avrebbe condotto direttamente in corso Brescia. Disgrazia volle che proprio mentre egli passava un nugolo di guardie rosse facesse una « retata ». 11 Sonzini (sempre secondo il rac conto fattoci) sarebbe stato preso da costoro e condotto ntì'.lo stabilimento Nebiolo. A tarda sera si riunì il Consiglio dr fabbrica per giudicare degli arrestati, tanto della Nebiolo quanto di quelli dello stabilimento Bevilacqua* non avendo questa fabbrica che maestranza femminile. Il verdetto di questi nuovi giurati sarebbe stato unico tanto por la guardia carceraria, tale era stato riconosciuto lo Scirnu- ngdnbtdr ;ou5„1,„, „,„„„„. „v,. „,,„,,„ <,,„,»„ „„„„ tomnn 1'1 da un dovane che aveva avuto poco tempo dena°nSklftePedregU ^ es6ere scompagnati a lavorare. ddrpstulgcssgcslgtsLndlltd I per un'intera notte ai forni delle Fonderie Subalpine. Le guardie rosso avevano avuto incarico di scortare i due arrestati fino all'è suddette Fonderie. Fu cosi che due picchetti, di quattro guardie » ciascuno, sarebbero usciti rispettivamente dagli stabilimenti Bevilacqua e Nebiolo dirigendosi pel Corso Regio Parco verso il Cimitero. I due picchetti della morte Scortava i due picchetti (sempre secondo informazioni nostre) un commissario degli « arditi rossi », il quale però, avendo compreso che le guardie rosse non volevano In alcun modo ubbidire agli ordini ricevuti ed intendevano uccidere gli arrestati, per scindere la propria responsabilità dalla loro, sarebbe ritornato sui suol passi. I giovinastri, dominati soltanto dai loro pravi sentimenti, giunti sul corso Novara, e cioè poco prima di arrivare alle Fonderie, avrebbero messo ad effetto il delittuoso piano. II duplice assassinio sarebbe avvenuto, secondo questa versione, verso le 22 di sera. Quale tremendo supplizio avranno provato t due miseri giovani, abbandonati in balìa di quei pazzi ubbriachi di violenza, conoscendo, per averla udita dalla stessa bocca-dei loro carnefici, la terribile sorte che li aspettava, malmenati, percossi, insultati, soli nelle tenebre nella deserta regione, in quella notte paurosa flagellata dallo scrosciar della pioggia in cui si udiva tratto tratto il lontano o vicino crepitare delle fucilate? Che cosa pensarono i due miseri in quegli ultimi tragici momenti? Quali invocazioni ebbero per im plorare pietà? Credettero essi che, in quella notte fatale stesse maturando la temuta ri- volta? Sperarono fino all'ultimo che dalle tenebre fosse loro venuto un provvidenziale aiuto, a liberarli dall'incubo tremendo? Poveri giovani, nessuno doveva allontanare da essi l'atroce vistone!! Ci fu pure detto che un oparaio che ritornava la stessa notte dal Regio Parco, passando per corso Novara intravide sul biancore delia strada un corpo steso a terra, ignorando egli il tragico dramma che aveva funestato quel giorno Torino, credendo che si trattasse, di un ubbriaco o di un uomo preso da malore, fece l'atto di avvicinarsi al caduto. Ma non mosse che pochi passi. Parecchie mani gli si posarono sulle spalle e k> inchiodarono sul posto dove si trovava. Que j gli sconosciuti, usciti dall'ombra, erano cer- temente gli esecutori del duplice misfatto. Poche parole furono scambiate tra l'operaio e gli sconosciuti che l'avevano circondato. Dopo di aver controllato che l'uomo fermato era realmente un operaio organizzato, essi gli intimarono, se non desiderava di peggio, di andarsene più che in fretta alla sua abitazione, senza curarsi di quanto non lo riguardava E' superfluo dire che egli fu ossequente a quest'ordine. Del resto come avrebbe potuto ri lui, solo e disarmato, ribellarsi al gruppo dei ' i n i o - iragicl aggressori? Come abbiamo premesso, questo racconto fu da noi raccolto il giorno dopo il rinvenimento dei due cadaveri; ed ora solamente che le indagini della Autorità di P. S. sono ultimate, lo pubblichiamo in un coi risultati ottenuti dalle indagini «tesse eh* il lettor* oonsUter* non differiscono gran che da quanto abbiamo già narrato. Ed ecco quanto ci comunica ora l'Autorità di Pubblica Sicurezza. li filo di luce E' necessario premetter*» che. le indagini non furono facili : basta tener presente l'ambiente in cui dovevano svolgersi. Per l'importanza di esse fu incaricato della direzione delle ricerche il capo della Polnzia Giudizia cdcqsccsdzsria, avv. cav. Palma, il (pialo, darà la mole mdel lavoro paziente che si doveva intraprcn darei chiamò a cooperarvi il vice-commissario avvocato Failla. Si dovette procedere per gradi e, anzitutto, passar.» al vaglio tutto le voci corse sulla consumazione del duplice delito, nessuna eccettuata, poiché ogni voce popolare ha sempre un qualche fondo di verità. Bisognava stabilire il « carattere » del delitto e quando i funzionari furono sulla via giusta dovettero seguire il primo filo di luce, con calma tenace, poiché quasi tutte le persone indiziate erano vagamente segnate o coi soli oonnotati o con nomignoli, facili ad ingenerare equivoci. Fu quest'opera paziente che i due funzionari esplicarono nei giorni scorsi. Si conosceva, infatti, il dramma nelle sue lineo principali, ma non se ne conoscevano gli autori. Tutte le narrazioni erano fatte in' termini generici, senza precisare circostanze sueciali da cui l'indagine fosse facilitata. L'autorità di polizia dovette dunque penare non poco - per riuscire a portare un primo spiraglio di luce in tante tenebre- Dovette procedere con cautela, poiché nei momenti non facili che si atraversario ogni avventato arresto avrebbe potuto assumere il carattere di rappresaglia, intorbidare maggiormente le armie e mettere sull'avviso gli autori Tnateliali del delitto, i quali avrebbero preso il voio. Ma quando pochi giorni or sono, dopo aver vagliato tutti gli elementi di cui la polizia era venuta in possesso, venne dato ordine di eseguire gli arresti, questo timore era purtroppo divenuto realtà. Vennero fermati infatti molti giovani, tutti minori de'i vent'anni che notoriamente avevano appartenuto durante il periodo di gestione operaia alle guardie rosse addette alla dlfesai degli stabilimenti Nebioio e Bevilacqua, ma .sette tra gli individui ricercati e cioè quelli più propriamente indiziati quali autori materiali del duplice assassinio, avevano ormai preso il largo. Gli altri arrestati però, tutti imputati per lo meno di sequestro di persona, servirono a precisare come si svolsero i precedenti: del fosco dramma. Anche due donne, due operaie della ditta Bevilacqua e che facevan parte della' Commissione, furono tratte in arresto, poiché su di esse pure pesavano sospetti di complicità, tanto più che una, secondo la deposizione di. altri arrestati, avrebbe replicatamente malmenato la cuarfia carceraria Scimula mentre i eiovinastri esprimevano ad alta voce il proponimento di ammazzare ft disgraziato giovane. Fra i primi interrogati vi fu anche un certo Giuseppe Tealdi, di 17 .anni, che- tra le guardie rosse aveva il grado di commissario. Molti particolari vennero in luce dalla deposizione di costui e tra l'altro la certezza che la guardia carceraria era stata veramente arrestata dai giovani addetti alla difesa operaia del maglificio Bevilacqua, avendo lo stesso Tealdi confessato di aver preso parte a tale cattura. Anche un altro giovane arrestato, certo JoTiotti. portò molta luce in questo misterioso delitto. Egli era forse l'unico che poteva, infatti, fornire particolari esatti inquantochè risulterebbe anche l'unico fra gli attuali arrestati che prese parte attiva al delitto. Infatti ecli cominciò a spiegare molto cose che prima rimanevano oscure-, giunse così, non volendo, fino a raccontare come dopo il giudizio delle Commissioni di portare i due -arrestati ai forni delle Fonderie Subalpine, egia si fosse unito alle altre guardie rosse nelfe scorta dei prigioniera Ma a questo punto della sua deposizione avvedutosi forse di essere andato troppo oltre, dopo una breve pausa concluse in tutta furia che fatti però pochi passi assieme agii altri egli li aveva abbandonati per ritirarsi a casa sua. Un volo dalla finestra Fu alla fine di questo interrogatorio che forse spaventato o pentito di quanto aveva deposto e che poteva grandemente pregiudicarlo, nel momento stesso era stato chiamato a firmare il suo interrogatorio, còlto un istante in cui si trovava insorvegliato, balzò alla finestra e si gettò a capofitto nel sottostante cortile coll'evidentc intenzione di uccidersi. Ma egli non aveva pensato che la in dustre attività di un ortolano aveva da tempo I tdmtngsndceiLcadiVtaldttcBcpSndcicnBteBaaVinGI ' trasformato il cortile in un rigoglioso orto dove tra l'altro fiorivano dei grandiosi cavoli che potremmo chiamare giganti per offrire un'idea della loro mole- Proprio su alcuni di questi cavoli molto sviluppati andò a cadere il giovane arrestato che era precipitato dall'altezza del secondo piano. I cavoli al ricevere l'inaspettato peso caduto dal cielo si schiacciarono nel modo più completo, ma il loro sacrifìcio salvò la vita al giovanotto, il quale, più tardi visitato da un medico, fu trovato perfettamente incolume. Ad ogni buon conto venne però mandato in osservazione all'Ospedale di San Giovanni, dove rimase per alcuni tfiornl piantonato. Non staremo a descrivere la sorpresa provata dali'avv. Failla, dagli agenti, dal funzionari ed anche da alcuni estranei (poiché l'interrogatorio avveniva in un locale molto frequentato dal pubblico! che si trovarono presentii all'improvvisa sparizione dell'imputato ed al suo tragico volo A tutta prima i presenti avevano creduto che egli per tale via avesse cercata una possibile fuga. Solo dopo, auando cioè raccolto dalle guardie regie, fu interrogato sul perchè egli aveva tentato quel poco salutare balzo, venne In luce come egli spaventato delle responsabilità !che gli incombevano avesse tentato di farla finita colla vita. Dall'arresto di due commissari della Ditta Nebiolo per stabilire in quali precise circostanze era stato formalo e giudicato il Sonzini. da documenti rinvenuti, risultò che in quella tragica sera lo Scimula ed il» Sonzini non furono" i due soli individui arrestati da- ! gli arditi rossi, ma vi furono altresì l'ufficiale Idi artiglieria pesante Giuseppe Ghersi ed un vecchio signore svizzero, certo Zweifel Giovanni, da .Nettstal; abitante in via Bologna, 23. di anni R2. Però tanto l'ufficiale, quanto il borghese, dopo subito un interrogatorio e dopo aver rilasciata regolare dichiarazione di essere stati « soddisfattissimi » del trattamento ricevuto, furono rilasciati in libertà. Il tenente, anzi, sul quale forse gli operai serbavano qualche dubbio, fu fatto accompagnare da due guardie rosse Ano alla propria abitazione, in via Teramo, 3. Perchè dunque, so Ih Commissione aveva serhato le prove di permanenza nello stabilimento di altri individui, non risultavano anche le prove dell'arresto e del giudizio del Sonizni? Si credeva forse con tal mezzo di far credere che mai il Sonzini era stato nella loro officina? Ma una prova certa che il disgraziato giovane fosse stato interrogato venne portata da una deposizione del signore svizzero. Egli racconta che era stato fermato dalle guardie rosse sul Ponte delle- Benne e. tutto tremante, portato nella fabbrica. Ecli confessa che in quel momento era'talmente spaventato da non potere pronunciare una parola. In mezzo a coloro che l'avevano catturato egli venne condotto in una stanza dovi- lo fecero attendere fin che il... tribunale, clic stava giudicando un'altra causa, avesse finito di deliberare per potere a sua volta comparire avanti ad esso, Dopo un dieci minuti circa di un attesa tormentosa, l'uscio dirimpetto al quale egli si trovava, si apri e comparvero due guardie rosse che tenevano un giovanotto bruno, alto, distinto, togli occhiali, elegantemente vestito...- insom na il vMftteio tigna*» detcrtw TfTiirlumnf* ' ' connotati del disgraziato Sonzini. Egli non sa dire però dove era diretto il drappello che conduceva il giovane nazionalista perchè in quel mentre fu sospinto entro la camera dove sedeva il Consiglio degli Operai, e la porta si chiuse alle sue spaile. Il povero vecchio racconta che non riusci a respirare liberamente se non quando fu lontano, ma molto lontano, dalia fabbrica. 11 suo orgasmo, la sua eccitazione nervosa orano tali da rendergli impossibile non soki di redigere tale dichiarazione, ma solamente di firmarla. Infatti il dOCUmen- I cer>j| to porta una firma che è uno sgorbio. Quan do i giornali riportarono, la notizia dei due morti rinvenuti in corso Novara, dai connotati descritti egli riconobbe subito nel Sonzini quel povero giovane, del quale fu compagno di prigionia per breve tempo. Ma la presenza del Sonzini alla Nebiolo verme testimoniata da altre deposizioni di arrestati, come dalle loro deposizioni emersero molti particolari che più innanzi narriamo. Gli arditi rossi Impressionante scena terroristica Chi erano coloro che arrestarono lo Scinv.ila ed il Sonzini? Questo problema venne sciolto in seguito alle indagini dei due funzionari. La guardia carceraria venne fermata da Chicco Pietro fu Bernardo, da Alba, di anni 17, abitante in via Foggia, N.' 19, e Giuseppe Bossi di ignoti, da Croce Mosso, di anni 23, abitante in via Catania, 19,vmeccanici; e da Andrea Vincenti di Gioachino, d'anni 20, litografo, abitante in via Pisa 33. A costoro si era aggiunto l'operaio,della ditta Nebiolo Agostino Boggio, d'anni 17. nato a Lusiglie Canavese ed abitante in via Desana, 8. La cattura, come più sopra abbiamo narrato, venne operata a mano armata. Appena rinchiuso in una stanza terrena del Maglificio Bevilacqua, lo Scimula venne brutalmente percosso ed i suoi lamenti furono per lungo tempo uditi dalle persone abitanti nel vicinato. Solo dopo questo atroce trattamento esso venne oondotto alla presenza della Commissione di fabbrica presieduta da Maria Actis di Francesco, di anni 20, nata a Verolengo e abitante in via Modena 31; Margherita Tealdi di Gioachino, d'anni 21, abitante in via Alessandria n. 11, e Carolina Falcherò, abitante in corso Begio Parco 24. A questo giudizio presero parte altri « arditi rossi » sopraggiunti assieme col Boggio, che dopo aver consegnato lo Scimula allo stabilimento Bevilacqua si era allontanato per breve tempo. Essi furono identificati per Bertero Ferdinando di Giuseppe, di anni 20, abitante in via.Buniva-26, meccanico; Enrico Vincenzo Binelio di Luigi, di anni 17, abitante in via Messina 13, falegname; il Tealdi Antonio, d'anni 16, abitante in corso negio Parco 24, tornitore, colui che doveva poi essere arrestato por il primo; e per ultimo il Jorietti Giuseppe di Carlo, di anni 19, abitante in via Porta Palatina 29, e cioè quello che alla fine del suo interrogatorio fece la sua., uscita dalla finestra e venne raccolto tra 1 cavoli dell'orto della Questura. Durante questo giudizio (secondo quanto ci viene comunicato dall'Autorità di Pottizia Giudiziaria che lo ha rilevato dal complesso degli interrogatori) due Individui, il Boggio e il Rossi, sostennero la necessità di uccidere lo Scimula Dinanzi ai componenti il tribunale terroristico il Boggio, freddamente e cinicamente, sostenne la necessità di uccidere lo Scimula, per sbarazzarsi di un testimone pericoloso che, una volta in libertà, avrebbe denunciato tutti quanti. Egli soggiunse che, insieme ad altri « arditi rossi » aveva già arrestato e consegnato al Consiglio di fabbrica dalla ditta Nebiolo il Mario Sonzini, che lo conosceva personalmente avendo lavorato con lui alle Officine Beccaria alla Barriera.di Milano. La morte del Sonzini era stata decisa per la sicurezza di tutta la banda e bisognava quindi fax subire uguale sorte allo Scimula, uccidendolo dopo un giudizio sommario. Non"« possibile descrivere tutta l'atrocità di questa orribile scena, alla quale assisteva livido e tremante, tenuto per i polsi, il disgraziatissimo Scimula. Gli « arditi rossi » parlavano tutti in dialetto, ma il giovane, quantunnue sardo d'origine comprendeva abbastanza esattamente ogni discorso. In sua presenza si discuteva della sua morte! Quando cornnrese che volevano ucciderlo proruppe in «rida disperate- Pianse tutte lo sue lacrime, I tentò di gettarsi in ginocchio dinanzi at suoi ' carnefici. Implorò, spasimando, in nome, di sua madre, in nome di Dio che gii lasciassero la vita: promise di subire tacendo qualunque tortura, pur- di vivere ancora! A vent'anni non si può morire così! — «Non ho mai fatto male a nessuno! — diceva sinRhiozzando u disgraziato. — Ho trattato sempre con bontà i prigionieri delle ear- gggtonnaItaarCVnmvrlabtcdtoudinlaimTaInlscornehsnbSdsLsqcznt'cccvddIl Jorietti si fece avanti e dichiarò che nel tempo in cui. egli era stato detenuto alla carceri giudiziarie aveva constatato che lo Scimula si mostrava mite e buono. Ma anche questa denoiizione non valse a salvare la vita alla euardla carceraria. 11 Boggio insistette per la condanna a morte. Lo Scimula si sentì perduto. Ed il grido gettato quando lo trassero in arresto sgorgò ancora dalle sue labbra, ma acuto e straziante come un urlo: — Mamma mia! pietà. Di fronte a tanto dolore i cuori di quei giovani, che si credevano in facoltà di sentenziare e d'uccidere, restaronodi pietra. La disperazione dello Scimula che si seniliva all'orlo della pazzia non toccò, non sfiorò neppure l'anima deorlJ" assassini! Gli « arditi rossi -> volevano uccidere lo Scimula come avrebbero ucciso il Sonzini, perchè bisognava che" quelle bocche tacessero per sempre, conservassero il silenzio della tomba! Questa In tutta la sua terribile crudeltà la scena rievocata poco a poco attraverso alle deposizioni di alcuni degli arrestati. Si stenta a credere che ciò sia potuto accadere, tanto la realtà sembra romanzesca; la mente si ribella al pensiero che tanta nequizie possa sconvolgere cuori umani! Il Sonzini — nel corso dell'indagine — risultò fermato dal Boggio, dal Binelio, dal Bertero, dal Jorietti e da altri ancora che non fu possibile identificare. La procedura per il Sonzini fu uguale a quella usata per la sruardia carceraria, colla differenza che questo ultimo comparve dinnanzi alla Cornmi-sione ! Interna delia Ditta Nebiolo, presieduta quel Igiorno da Giacomo Biava di Giovanni, d'anni 4L abitante in Corso Novara 25. Non fu possibile stabilire con prove irrefutabili quanto venne deciso in quella seduta, certo è che in luogo di farsli firmare la solita dichiarazione Il povero giovane venne invece consegnato nelle mani del Boggio. i cut sentimenti a suo riguardo, espressj nella seduta dello stabilimento Bevilacqua non lasciavano a dubbia Interpretazione. Come furono condotti al supplizio Gli arresti Lo Scimula, attorniato dal Boggio, dal Rossi, oai Chicco e dal Iorietti, fu portato fuori dall'officina Bevilacqua verso le ore 21. Il Boggio fece attendere il drappello sul corso Palermo ed entrò dalla Nebiolo a prendere il Sonzini che era accompagnato dal Bertero, dal >BinelJo e da altri. Il gruppo cogli arrestati parti, lentamente. Fino ad ora non fu possibile sapere come effettivamente vennero giustiziati i due infelicissimi. Dalle narrazioni degli arrestali risultano grandissime contrari SadvataetmAipsdvCaId '«tfpyuA) ri*** ' ìVìit dil «teàu* (Izióiiii, Vi è ehi sostiene eh,e i due sarebbero; stati portati in un altro stabilimento, non a-, vendo trovato accesi i forni alle Fonderie Subalpine ed uccisi in altro stabilimento: vi è chi dice che furono uccisi là dove furono trovati, non avendo voluto gli « arditi rossi • — come alcuni propendevano — gettarli nei forni e bruciarli vivi! E' prucihiio tinta efferatezza? Verrà provato c ulto ora ci acenna l'Autorità di Pubblica sicurezza, che ; d.r disgraziati erano der.inatl ad essere bruciati \;vi? Ci si rifiuta di accogliere simile truce ipotesi, specialmente tési giovani ventenni; giovani in quell'età in cut più delicato è il sentimento e più sviluppato il senso della pietà. E' possibilo che questi giovani, ebbri di malsane idee, abbiano potuto pensare freddamente a cosi atroce supplizio? Questo l'Autorità, inquirente è chiamata a chiarire. Dopo che l'Ufficio di Polizia Giudiziaria ebbe compiuto gli accertamenti e stabilite le responsabilità, diede incarico agli agenti della Squadra Mobile Fragione, Nicolò, Voglino, Monopolo, Passanisi, Debellis ed altri alle dipendenze del Vice-Ispettore Di Pietro, di ricercare ed assicurare alla Giustizia 1 colpevoli. Degli autori materiali il solo Iorietti venne tratto in arresto. Una perquisizione eseguita nella sua abitazione portò al rinvenimento di un pugnale, acuminatissimo, foggiato da lui. ed al sequestro di un cumulo di giornali e pubblicazioni sovversive. Il Boggio e gli altri fuggirono appena ebbero sentore che l'Autorità non voleva lasciare impunito l'atroce delitto. Delle ligure minori, vennero tratti in arresto il Vincent, che cooperò alla cattura dello Scimula: due donne e cioè Ita Margherita Tealdi e la Maria Actis, per aver partecipato alla discussione da cui sarebbe uscito il fatale verdetto di morte. La Carolina Falcherò evitò l'arresto fuggendo. Venne invece arrestato il Tealdi, che è cugiyno della Margherita, il Biava Giacomo, commissario della Nebiolo e Luigi Varvello fu Severino, di anni 32, abitante in via Santa Teresa, 13. capo servizio assieme al Biava per la vigilanza delle « guardie rosse » degli stabilimenti Bevilacqua e Nebiolo. Anche un altro commissario di fabbrica della Nebiolo, e cioè i'operaio Agostino Colt-ino fu Domenico, d'anni Uì, abitante in via Galliari, 19, era stato tratto in arresto e trovato in possesso di un pugnale da ardito. La sua cattività fu però di breve durata, non essendo risultati dagli interrogatori concreti elementi a carico nè per la cattura del Sonzini nè per quella dello Solimela. Egli venne quindi posto in libertà. Tutti gli altri furono inviati alle Carceri in attesa di giudizio. Fra costoro figura anche il IoTietti, il quale è stato dimesso dall'ospedale, non avendogli i sanitari riscontrata alcuna lesione. Cosi si sono chiuse le indagini della Polizia su questo ignominioso e sanguinoso episodio, che funestò l'ultimo periodo della occupazione, operaia delle fabbriche metallurgiche di Torino. Gli elementi turbolenti e molto spesso non appartenenti alla classe operaia, che si erano infiltrati nelle file delle guardie rosse, hanno portato un contributo di violenza, che si è venuto delineando in fatti sporadici che nulla avevano a che vedere colla lotta'combattuta dai metallurgici. L'assassinio dello Scimula e del Sonzini è stato il più orribile delitto, ma non il solo. Altri ancora ve ne sono, che non devono rimanere impuniti L'Autorità di Polizia sta proseguendo nella sua opera. E' giusto, è logico ed umano che questi reati comuni non vengano sminuiti o coperti con false giustificazioni di rivendica zioni di classe.

Luoghi citati: Bevilacqua, Lusiglie, Milano, Mosca, Torino, Verolengo