Un sensazionale documento sull'italianità di Cristoforo Colombo

Un sensazionale documento sull'italianità di Cristoforo Colombo Importante scoperta negli Archivi Vaticani Un sensazionale documento sull'italianità di Cristoforo Colombo Come è stato rinvenuto - Il fortunato caso di uno studioso - Il Codice lasciato dalla Regina Cristina di Svezia al cardinale Decio Azzolini - I tesori degli Archivi Vaticani - Un prezioso contributo alla soluzione di una secolare controversia li 12 ottobre tutte le nazioni celebrano una data che in Italia, per inerito di Mussolini, è stata riconosciuta ufficialmente tra le solennità civili: la ricorrenza della acoperta dell'America, il Columbus day come lo chiamano i maggiori beneficiari del lontano splendido evento. Caduti nel vuoto tutti i tentativi idi sminuire la gigantesca figura di questo navigatore, che rivelò l'una all'altTa due parti della umana famiglia, aprì un continente sterminato alla azione feconda della civiltà e della scienza, rinnovò il vecchio mondo con la scoperta, del nuovo, oggi tutta la società civile si inchina a Cristoforo Colombo, nel cui nome una epoca si chiude ed un'altra si inizia, e non c'è nazione che non ambisca appropriarsi una parte di questa purissima gloria. Assisteremo ancora una volta, nei giornali e nelle riviste straniere, alla riesumazione delle antiche questioni sulla nazionalità dello scopritore dell'America; vedremo di nuovo affacciarsi dubbii e riserve su ciò che costituisce ormai la certezza di tutti gli studiosi e i dotti degni di questo nome; saranno rimessi in discussione risultati di ricerche che si protrassero per secoli; verranno, indomabili, i varii comitati colombiani dell'universo a bandire 'gare e concorsi allettando con premi vistosi chi riuscirà a dimostrare errato quello che, per chi non abbia la visione offuscata da gelosia nazionalistica, appare ormai chiaro e limpido come l'aria. Certe manifestazioni di sciovinismo non sono, in realtà, curabili: non c'è evidenza di fatti, rigore di logica, prova provata, che ne vinca l'ostinazione febbrile. Le narrazioni dei biografi contemporanei sono state accusate di mendacio. Ma perchè, e a quale scopo il mendacio? Risposta nessuna, o almeno nessuna plausibile. I documenti che una schiera di studiosi, rovistando nelle biblioteche e negli archivi di tutte il mondo, e soprattutto d'Italia, di Spagna e del Portogallo, è riuscita a disseppellire, sono stati proclamati, spesso senza l'ombra di indizio in tal senso, apocrifi; il libro del figlio di Colombo, Fernando, è stato, oltre ogni ragióne, svuotato d'ogni attendibilità. Lo stesso testamento del grande navigatore ò stato gabellato come una falsificazione, e dalle innegabili oscurità che regnano sulla sua vita anteriore alla scoperta dell'America — sull'epoca cioè di cui Colombo, raggiunta la celebrità e la gloria, non amava parlare — si è tratte partito per fabbricare al lignre ammiraglio di Spagna, le più inverosimili nazionalità. Crediamo sia di viva attualità annunciare, proprio alla vigilia della celebrazione della scoperta dell'America, che nei giorni scorsi è stato rinvenuto da uno studioso, tra i manoscritti di tutte le epoche custoditi dal Vaticano, una antica scrittura su Cristoforo Colombo la quale, non risultando menzionata in alcuna delle opere sul più grande marinaio del mondo, deve ritenersi sia sfuggita all'attenzione dei ricercatori. Com'è avvenuta la scoperta Il documento, che riproduciamo in fa/jsimilc, è stato rinvenute da uno studioso, ricercatore assiduo di antiche ccritture e di stemmi di vecchie famiglie italiane, per una di •juelle fortuite combinazioni cui si deve la scoperta delle più preziose testimonianze del passato. Nessuna particolare intenzione muoveva lo studioso alla ricerca di carte colombiane, che egli era ed è, anzi, assai lontano da tale ordine di studi. Egli si proponeva semplicemente di rintracciare alcuni stemmi e alcune notizie genealogiche relative ad una famiglia iigure di cui s'agitava testé una controversia circa la legittimità del possesso di titoli nobiliari. Seduto ad uno dei lunghi tavoli della Biblioteca Vaticana, nella sala luminosa dove sono raccolti i manoscritti, egli sfogliava pagina per pagina un grosso volume di parte secentesche, adagiato sul leggìo. Ad un tratto, il suo occhio cadde su uno' stemma singolare nel primo quarto, il turrito castello del Regno di Castiglia; nel secondo quarto, il leone del Regno di Leon; nel terzo quarto, un gruppo di isole, nel mare; infine, le cinque àncore, contrassegno, nella Spagna cinquecentesca, della dignità di ammiraglio. Ce n'era abbastanza per fermare senz'altro l'attenzione dello studioso. Non era questo lo stemma famoso dello scopritore dell'America, qual'è descritto nel non meno famoso decreto di Don Ferdinando e di Donna Isabella di Castiglia, Leon, ecc., che a lui e ai Buoi eredi, il 20 magsio 1493, conferivano la dignità nobiliare? Incuriosito, lo studioso, cui la decifrazione di documenti paleografici è famigliarti, cominciò a leggere. Come tutti gli altri fogli del volume, la carta recava in cima il nome della famiglia di cui si riportavano lo stemma e le notizie. Questa volta il nome era chiaro, ben leggibile: Colombi. Non ugualmente facile appariva la lettura del motto sottostante, a non fu senza qualche sforzo che si a a a a i ò i i i i o e i a i e e a i e e l , a , . a — n o o a o i u n l a i e a o i i a d o' e ; , a l n i i i , a l , i arrivò a darne una interpretazione plausibile, data la oscurità di molte abbreviature, aggravata dall'essere il motto in spagnuolo. Alla fine, la interpretazione più attendibile del motto parve essere allo studioso la seguente: « l'or reyno C attilla y por reyno Leonrw, Mundo nuevo hai io Colon». Era questo, forse, il motto della famiglia Colombo? La cultura dello studioso in materia colombiana non era, ripetiamo, tale da poter dare un'immediata risposta al quesito. Egli proseguì pertanto la lettura, più che mai incuriosito: «Tranno origine da Cogoreto, Quinto e Savona, e vivono in Spagna le descendenti del Cristofaro, quali sono Prencipi e Signori di qualità*. E più sotto: «1387. Domenico quondam de Joanne de Quinto et filii qui sunt Cristofaro-Bartolomeo-Giacomo come in Atti di Giovanni Gallo de Savona». E più sotto ancora : « 1492. Cristofaro di Cogoreto fu valoroso in Mare et trovò Terre nuove domandate le Indie per il Ite di Spagna*. Difficile interpretazione Nessun dubbio che questo singolare documento — il 319 della collezione — riguardasse la famiglia di Cristoforo Colombo, giustamente annoverata, benché trasferita in Spagna, tra le grandi famiglie liguri. Tuttavia il senso di alcune espressioni poteva apparire poco chiaro, almeno a prima vista. Perchè l'autore della antica scrittura attribuiva l'origine dei Colombo a tre località, nominandole successivamente, Cogoreto, Quinto e Savona? Una spiegazione plausibile sembrò essere allo studioso la seguente, giustificata dalle ulteriori precisazioni contenute nello stesso documento: in Cogoreto è nato Cristoforo Colombo, in Quinto il suo avo, in Savona nac quero i loro antenati. E come spiegare la data 1333, posta all'inizio della terza riga, accanto al nome di Domenico, padre di Cristoforo Colombo? Non poteva certamente trattarsi della data di nascita, essendo evidentemente troppo remota. Questa volta la spiegazione fu offerta dal raffronto con le altre pagine del vo lume, che lo studioso aveva sott'occhìo: in ognuna di esse, accanto al nome della famiglia, figurava infatti l'indicazione dell'epoca a cui risalivano le prime notizie che il diligente e preciso raccoglitore era riuscito a procurarsi. Dei discendenti di Cristoforo si diceva, dunque, che all'epoca del compilatore essi vivevano in Spagna, quali Principi, nel senso evidente di uomini tra i primi, e signori di qualità. Di Cristoforo si specificava, accanto alla storica data deJla scoperta dell'America, che fu proprio colui che trovò nuove terre, a domandate le Indie s, per il Re di Spagna. Nel documento, a lato dei nomi di Cristoforo e dei suoi fratelli Bartolomeo e Giacomo (questo è il vero nome di quel Diego che collaborò così attivamente col fratello nelle imprese di Spagna ed America), appare citato il nome del notaio da cui l'annotatore sembra derivare le notizie. Si tratta del Giovanni Gallo di Savona, non ignoto agli studiosi e biografi dello scopritore dell'America, che lo menzionano in parecchi scritti, riferendosi a sue registrazioni di fatti relativi ai Colombo Savonesi, alla cui discendenza si ere. già preteso di attribuire, con varia fortuna, l'onore di aver dato i natali al grande ammiraglio del Re di Spagna. Il notaio Giovanni Galli di Savona rogò effettivamente atti notarili all'epoca di Cristoforo Colombo ed una pubblicazione di Bruno Agostino, dal titolo «Gli archivi del Comune di Savona * precisa che essi risalgono fino al 1467. Una parte degli atti del Galli si trova oggi nell'archivio degli antichi notari di Savona; un'altra parte, la più cospicua, è andata dispersa. Ciò non deve recare meraviglia. Gli atti notarili del quattrocento hanno subito, come è noto, attraverso i secoli, tali e tante peripezie (sottrazioni, incendi, distruzioni, ecc.), che oggidì è difficilissimo rinvenirne alcuni. La cosa diventa poi particolarmente difficile per gli atti notarili del Galli riguardanti la famiglia di Cristoforo Colombo, data l'arroventata polemica che si è dibattuta sulle origini del grande italiano tra le città liguri. /I codice della Regina Cristina Ce n'era, come si vede, a sufficienza per indurre lo studioso ad approfondire le sue indagini sulla singolare scrittura, allo scopo di vagliare l'attendibilità delle notizie in essa contenute. Trattandosi di Colombo, l'impresa valeva bene la fatica di una ricerca più attenta e minuziosa. Ecco quindi lo scopritore abbandonare per il momento le ricerche araldiche e nobiliari e dedicarsi alla ricostruzione della storia del documento, alla ricerca delle origini del volume di cui osar è parte, alla identificazione dei suoi autori. Si è ria detto che la scrittura fa parte di un grosso codice, ospitato da 300 anni nella sezione manoscritti della Biblioteca Vaticana, dovizioso scrigno dove i secoli hanno accuI mutato immensi tesori bibliografici. Ili codice contiene notizie e stemmi di'antiche famiglie liguri. Il catalogo ufficiale dei codici vaticani riguardanti la storia nobiliare, redatto daAugusto Bertini, così lo presenta avisitatori e agli studiosi: «Famiglie di Genova e loro origine — Fondo Regina di Svezia — Secolo XVI — Codice di 1610 carte ben scritte ed ottimamente conservate, con lo stemma, senza indicazione di colori e cenni genealogici, di 800 famiglieE' importante per l'esattezza delle notizie. Le famiglie sono poste per ordine alfabetico ed infine vi è un indice molto completo. Gli stemmhanno l'indicazione dei sepolcri e di altri luoghi dove si trovano ■. Questo grosso volume manoscrittoora di proprietà del Vaticano, faceva dunque parte della biblioteca di Cristina Alessandra di Svezia, l'ultima dei Wasa, proclamata regina a poco più che sei anni di età, dopo la uccisione a Lutzen del genitore, iRe Gustavo II Adolfo. Questa bizzarra signora e Regina, il cui ingresso a Roma, dove lasciò tanta traccia del suo soggiorno, è ricordato con ampollose, parole augurali sull'arco della più bella porta della Capitale, la porta del Popolo, fucom'è noto, donna di forte culturaamantissima dell'arte e della scienza. Essa raccolse una imponente quantità di libri e di manoscritti chemorendo nel 1689, lasciò al cardinale Decio Azzolini. Questi però di poco sopravvisse alla eletta amica, e due mesi dopo, egli morto, le sue carte passarono in blocco al nipote Pompeo Azzolini. Il Papa Alessandro Vili Ottoboni si affrettò a fare acquisto delle raccolte della Regina di Svezia dall'Azzolini, e così nello stesso anno 1689 lo raccolte passarono nel Vaticano, dove attualmente si trovano. Dono della Repubblica di Genova Ciò stabilito, occorreva ricostruire come il voluminoso manoscritto fosse venuto in possesso di Cristina dSvezia. Qui le ricerche dello studioso hanno portato a risultati che è interessante riferire, pur ammettendo ch'esse debbano essere accolte con le necessarie riserve, fino a tanto che non risultino fondate su elementi più solidi che non delle semplicipotesi. Ricorda dunque lo studioso che la Regina Cristina, venuta a conoscenza di un segreto atto a dare maggiore veemenza alle artiglierielo comunicò alla Repubblica di Genova. Il Doge e i Governatori, in data 23 giugno 1634, ringraziarono con lettera la Regina della preziosa comunicazione, e promisero ddare una prova concreta della loro riconoscenza: < malora in diem obsequentissimae nostrae devotionis argomenta exhibiturii. Poiché sembra nulla risultare circa i doni inviatdalla Repubblica di Genova alla Re-gina per sciogliere il debito cui sriferisce la lettera, non si può escludere che tra essi fosse anche il famoso manoscritto sulle famiglie li- guri, che è difficile altrimenti spie-'cgare come fosse finito in mano sua Si potrebbe obiettare che non si trattava di una amena lettura per una Regina, nu Cristina di Svezia era notoriamente una così appassionata raccoglitrice di documenti, da abbandonarsi una volta a scortesi molestie verso la Duchessa di Savoja per il possesso di un manoscritto. Fra i doni della Repubblica di Genova la voluminosa raccolta dovè quindi giungere particolarmente gradita al suo cuore. A parte la verità o meno di questa versione, più del modo con cui la raccolta pervenne nelle mani della Regina interesserebbe conoscere la data e l'autore del documento. Nè l'una nè l'altro sono indicati nel manoscritto. Bisogna quindi procedere per via di ipotesi e di induzioni. Innanzi tutto, benché il catalogo della Biblioteca Vaticana attribuisca il volume al secolo XVI, il che vai quanto dire al cinquecento, occorre collocarne la compilazione in una epoca meno remota. Nessun dubbio, infatti, che il codice, che appare scritto da una stessa mano, costituisca un esemplare bellissimo di paleografia secentesca. Su questo punto difficile sarebbe affacciare dei dubbi giustificabili. E' a tutti noto, infatti, che la scienza paleografica, se così può chiamarsi, è assolutamente sicura nell'individuare l'età delle antiche scritture. E' assai più difficile distinguere un documento autentico da uno apocrifo, che ingannarsi sui caratteri essenziali della scrittura a mano dei diversi secoli, caratteri assai vari, da un secolo all'altro. Nel caso attuale, che il manoscritto appartenga al seicento è dimostrato dalla grazia già un po' barocca di certi svolazzi e ghirigori. Ma c'è un altro elemento, che ha un valore decisivo. Se la raccolta reca, per la maggior parte delle famiglie, notizie e dati che si arrestano intorno alla metà del cinquecento (e questo può spiegare come, tenendo conto dell'epoca cui si riferiscono le notizie, il catalogo abbia attribuito senz'altro la collezione a questo secolo), d'altro canto non mancano fogli relativi a famiglie, le cui notizie si spingono fino alla soglia del seicento. Questo basta perchè si possa su tale punto concludere che il compilatore viveva e attendeva al suo lavoro nel seicento. Chi è l'autore del Codice? Ma chi è il compilatore? Nel silenzio del volume, l'unico elemento che possa dare qualche luce, c l'esame delle fonti cui si dichiara di attingere. Ora, se per gli stemmi le fonti sono chiese, palazzi, • decreti di Sovrani, ecc., e per le notizie sono ddcsitvrCdlsfClIndcdaRctncrcnPrieuscda1censtsslQlldpgqldmstLcsCasdel nome e il cognome: « 1. Pasqua», itAnche quindi a non voler supporre Ivatti notarili, r.ssai frequente è !a 'pmenzione di una fonte diversa, nn :cpersonaggio indicato con V'iniziale jl che lo stesso Pasqua sia l'autore della raccolta, è molto probabile che dall'archivio o dalle carte di lui, che doveva essere evidentemente assai copioso, abbia largamente attinto il compilatore. Si sa che i Pasqua furono un'antica famiglia che, passata in Geno va, vi si distinse per le alte cariche ricoperte, come ricorda lo stesso Di Crollalanza nel dizionario storico delle famiglie nobili e notabili italiane; si sa ancora che uno dei personaggi più cospicui di tale famiglia fu il cardinale di Sacra Romana Chiesa Simon Pasqua. Il cardinal Pasqua, dottissimo e letterato, fu inviato da Genova in Inghilterra per portare le felicitazioni della Repubblica a Filippo II, Re di Spagna e Signore delle Indie, che sposava la Regina Maria Tudor di Inghilterra. (Ciaconius M. A. ed altri sVitae et res gestae Pontificura Romanorum et Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalium ab initio nascentis Ecclesiae usque ad Urbanum Vili », voi. II, col. 1675). Si narra che la famiglia Pasqua, cui apparteneva il cardinale, che morì nel 1566, avesse una grande raccolta di documenti sulle famiglie genovesi. Certo, si conosce un Giulio Pasqua di Genova che fu benemerito raccoglitore di patrie memorie e nella biblioteca civica Berio esiste un antico manoscritto del Giulio Pasqua dal titolo «Memorie e sepolcri che sono nelle chiese e nei suburbii della città i, menzionato nel giornale araldico-genealogico-diplomatico del 1897. Il Di Crollalanza, nell'opera citata, sostiene che Giulio Pasqua era della stessa famiglia del cardinale. Ora quel!'* I. Pasqua » del manoscritto della Regina di Svezia potrebbe essere appunto Julius Pasqua, cioè Giulio Pasqua. Chiunque sia il raccoglitore del volume, certo la fonte delle notizie era autorevole. Questo elemento, unito alla scrupolosa esattezza dimostrata dal compilatore, contribuisce ad avvalorare il documento colombiano che, sfuggito per quasi tre secoli all'attenzione degli studiosi, è stato disseppellito in questi giorni dai preziosi scaffali della Vaticana? Il valore del documento Che valore bisogna attribuire al documento! Ha esso una forza dimostrativa tale da riaprire la annosa e ormai sopita questione sulla città natale di Cristoforo Colombo? La risposta non potrà essere data che dai competenti, ma comunque suoni il loro responso, sia Genova, o Cogoleto o Savona la città che si aggiudicherà in via definitiva l'altissimo onore di aver dato i natali al tevolissiim. Essa costituisce una nuo-va prova della inconfutabile, indi-più grande navigatore del mondo, è certo che la nuova carta venuta alla luce ha un valore o un significato no- struttibile italianità di Cristoforo Colombo. Per quanto moltiplichino gli sforzi, le documentazioni apocrife, le ricostruzioni tendenziose, i premi vistosi delle loro gare e dei loro concorsi, gli stranieri non riescono ad appoggiare le loro tesi nazionalistiche su Cristoforo Colombo ad alcuna solida base. I loro castelli di carta non reggono al più lieve alitare della critica. In Italia, invece, più si approfondisce la ricerca delle antiche memorio della nostra vita passata, più copiosi balzano alla luce del giorno i documenti sulla schietta italianità dell'Eroe. E' un fatto, ripetiamo, che nessuna base storica accettabile ha sostenuta mai le pretese straniere, e queste sembrano essersi moltiplicate in ragione degli insuccessi. In un primo momento, fu tentato di togliere a Colombo tutto il merito dell'impresa, e attribuirlo allo spagnolo Alonzo Pinzon il quale avrebbe comunicato all'ammiraglio notizie da lui raccolte a Roma circa l'esistenza di nuove terre. Questa vecchia calunnia trovò naturalmente consenzienti parecchi scrittori stranieri, e un di essi, il francese Gaffarel, anche recentemente cercò di rimetterla a nuo, sostenendo che il continente ame- e e , o e i o a e n e , r d ra , o e e i i e l a a e o . l o n l ? a e o i l ricano era stato scoperto già molti anni prima del 1492 da un armatore niente di meno che francese, Giovanni Consin, di Dieppe, e che il Pinzon, che aveva fatto paTte della spedizione, venuto a contesa con il suo principale, aveva rivelato tutto a Colombo per vendicarsi. Al Pinzon vengono anche attribuiti molti altri meriti, a detrimento assoluto di Colombo, chb si è cercato invece di dipingere come incapace o ignorante. Secondo altri, Colombo avrebbe cono scinto l'esistenza dell'America dalla bocca di un marinaio biscaglino, scampato miracolosamente al naufragio di una nave sospinta dalla tempesta dalle coste dell'Inghilterra fino all'isola di Haiti. Si è detto inoltre che Colombo non sapeva nulla di nulla, che non aveva la più lontana idea della possibilità di raggiungere l'Asia navigando ad occidente, e che si proponeva soltanto di raggiungere alcune isole oceaniche di cui aveva conosciuto per mero caso la esistenza. Messe le cose su questa china, non è mancato neppure chi mostrasse la carta di cui Colombo si servi per convincere i Sovrani di Spagna. Di tutto questo complesso di ca lunnie, la critica storica ha ormai fatto giustizia, e le parole del grande biografo di Colombo, l'americano Harrisse, sono ormai riconosciute ispirate ad uno sdegno pieno di disinteressata onestà. * No — egli scriveva a proposito dei tentativi di riabilitare il Pinzon — l'ora di questa pretesa riabilitazione non è venuta, non suonerà mai. L'invocarla sarebbe mentire alla storia, calpestare la verità ». Parimenti, tutti riconoscono che Colombo era una tempra" eccezionale di navigatore, e, se non uomo di scienza, era nondimeno espertissimo nella sua arte; e tutti vedono, nella sua condotta nell'impresa d'America, nella intuizione che lo mosse, nella lotta eroica sostenuta per il trionfo del suo piano, nella difficoltosissima esecuzione, il segno possente del genio, genio insuperato e insuperabile di scopritore. Se, in realtà, la misura del genio dev'esser data dai risultati, e non dalle parole, quale scopritore può essere paragonato a Colombo? Chi potrebbe oggi rifiutarsi di sottoscrivere quanto lasciò detto il contemporaneo Michele Da Cuneo, non esser mai nato « un uomo tanto magnanimo et acuto del facto di navicare come il ditto signor armirante •? La campagna spagnola Ma a mano a mano che questa figura giganteggiava, si intensificava la campagna internazionale per negarne la italianità. Eccoci, dunque, al secondo momento. Prima si tenta di svalutarne i meriti poi, quando essi rifulgono più splendenti che mai, si muove apertamente alla loro conquista. Sono in prima linea gli spagnoli che, fallito il tentativo di collocare sull'altare in luogo di Colombo il marinaio spagnolo Pinzon, a cui unico merito fu quello di aver capeggiato un odioso episodio di diserzione e di rivolta, affermano essere la famiglia Colombo originaria della Gallizia, anche se successivamente trasferitasi in Liguria. Altri sono arrivati a precisare che Colombo era nato a Pontevedra, e hanno fatto appello agli stessi studiosi italiani, invitandoli a rinunciare « in omaggio alja verità », alla « ormai assurda tesi della italianità di Colombo ». Contemporaneamente, mentre si tacciava di falsità tutti i documenti italiani su Colombo, si svolgeva un'attivissima propaganda, in opuscoli, libri, volumi ponderosi, articoli di giornali, a favore del Colombo Gallego. Come ricordava l'illustre prof. Manfroni, che ebbe il merito singolare di reagire a tanta violenza polemica, in uno degli Stati ispano-americani si è presentata da alcuni cittadini una petizione perchè fossero distrutti i libri scolastici in iiscMspacclegdi sunevele Ulo frastabepuvetoafnaunarmnoprlaqucinasigoè delodefrfotacoprdedanstApmlinzidaRgteqtgletl'nrirecgdddabrn'ddstfinpdsnDmlbnnlu«BbcrspfibACsslcbndptlcgpgcstnèpcnic-[capitale americana alla memoria del,d-1grande scopritore, si cancellasse la'lè a |cui si parici di Colombo italiano, -1perche dal monumento, eretto in una a taliano crizione che Io dichiara italiano. a non basta. Persino una rivista! agnola ufficiosa della Real Marinai coglieva la tesi del Colombo Gain go, a favore della quale, sulla base] alcuni documenti di evidente as* rdità, messi in circolazione dal bei merito Comitato Pro patria Colóri^ nivano intensamente catechizzata popolazioni dell'America latina* ltimamente, fu il giornale spagno l'A.B.C, che bandì un concorso] a gli studiosi di tutto il mondo, anziando 50.000 pesetas, che sareb* ro state assegnate a chi avesse sa* uto più efficacemente accertare la) ra località di origine dello scopri," re del Nuovo Mondo. Anche i francesi hanno preteso d| fermare che Colombo fu loro coni azionale. Diede adito al tentativo] n abate còrso, il quale, mettendo] tificiosamente a partito un docu* ento notarile in cui compariva H ome di Colombo, affermò ohe lo soot ritore era nato in Corsica. A parte} mancanza di prove in sostegno &J uesta ipotesi del Colombo còrso, ò non avrebbe nulla tolto alla sua] azionalità italiana, perchè la Cor* ca, terra italiana, nel secolo XV era) overnata dai genovesi. Ma il bello] che in questi ultimi tempi la tea| ella origine còrsa di Cristoforo Combo è stata ripresa e agitata pei) edurne che egli era, in sostanza) rancese, come se la Francia non a| osse impossessata della Corsica sol* anto dal 17691 Le fantasie e la realtà A tutte queste fantasie l'Italia] ontrappone una serie granitica di rove. Anche, ripetiamo, a prescìnere, dal testamento dettato nel 149S\ alle testimonianze del figlio Ferando, del La Casas e di altri, ba* ta ricordare ch.9 Pietro Martire dj Anghiera, vissuto in Spagna ai temi della scoperta, nomina ripetuta)* mente nelle sue epistole Colonus vifj yur; che un cronista spagnolo, Goi ara, dichiara essere Colombo di na>. one italiano, nativo di Cogoleto ci i Nervi, in quel di Genova; che gli mbasciatori spagnoli alla Corte del( Re d'Inghilterra parlano spesso de enovese Colombo; che i registri del esoriere di Siviglia annotano tre. uentemente le somme pagate a Cri* tobàl Colon extranjero; che lo $pa* nolo Duca di Medina Coeli, in una] ettera famosa, scrivendo allo scopriore dell'America, lo chiama con; italianissimo nome di Colombo tf on Colon; che in un documento, rinvenuto nel 1904 dal gen. Asseeto, Cristoforo Colombo dichiara di ssersi trovato a Lisbona commeriando e navigando. Ma non basta ancora. Non bisona dimenticare che Andrea Bernal* elz, curato di Los Palacios, amico] di Colombo, parlando di lui, e dando la notizia che egli prima del '92 aveva fatto anche il mercante di libri, lo definisce nativo • della ter* ra di Genova »; che il medico Her* nandez depose al famoso processo del 513 che egli, facendo la conoscenza] di Colombo al convento della Rabida, lo riconobbe all'accento come) traniero; che nell'ultimo testameno, da nessuno inficiato di falsità^ figurano esclusivamente nomi di genovesi quali creditori del grande scopritore; che egli stesso, Colombo, sj definì, in un documento di indi* struttibile autenticità, povero ttra* niero; che Giacomo Colombo, cioè Diego, com'era abitualmente chia* mato, fu naturalizzato spagnolo con] lettera dei Sovrani in data 8 febbraio 1504 per poter conseguire be* nefici ecclesiastici, chiusi agli atra* nieri; che un altro fratello di Co* ombo, Bartolomeo, scrisse di sè, in un documento che risale al 1488:} Genua cui patria est, nomen cui] Bartholomeus Columbus de terra ru* bea »; che esiste un documento, in: ui i parenti e i creditori dell'ammiaglio si quotano per sostener le spee di viaggio da Genova in Spagne per riscuotere i loro crediti; che, infine, il compagno di viaggio di Colombo, il savonese Michele da Cuneo, e Antonio Giraldino, sostenitore del' Colombo nelle sue questioni coi dotti spagnoli, lo dicono genovese. A questa copiosa documentazione] si aggiunge ora il documento rinvenuto nella biblioteca vaticana. Sé l'anonimo compilatore del codice, il cui scrupolo è tale da lasciare in' bianco gli stemmi della cui figura] non era più che certo, e da porrei dubitosamente le notizie che non gli pareano sicure, scrive con tanta certezza di Cristoforo Colombo e del* a sua famiglia, bisogna concluderne; che questa nuova testimonianza non! giungerà inefficace a sbaragliare le; pretese straniere. Non còrso, non spa* gnolo, non francese, non inglese, ome si è persino tentato di dimotrare, ma italianissimo fu lo scopri* ore dell'America. Nel cinquecento é nel seicento, tutto quanto di lui ci è rimasto, testimonianze di contemporanei, citazione di storici e di raooglitori, annotazioni documentarie, non parlano che della sua gemiÌBjj talianità. E poiché d'un italiano yj tratosL di sangue, d'ingegno, dj uor:- e d'istinti, italianissimo sia a- tutiil mondo, cupido] di glorie altrui, specie di glorie ita*, iane. au'l <*CM U - (7 t*-ó - <yW?_j, Colombi — Por reyno Castina y por reyno Leonno, mundo nuevo hallo Colon — Tranno origine da Cogoreto, Quinto e Savona, e vivono in Spagna le discendenti del Cristofaro, quali sono Prencipi e Signori di qualità — 1387. Domenico quondam de Joanne de Quinto et filii qui sunt Cristofaro - Bartolomeo - Giacomo come in Atti di Giovanni Callo de Savona — 1492. Cristofaro di Cogoreto fu valoroso in Mare et trovò Terre nuove domandate le Indie per II Re di Spagna.