Martusciello, due gol per il nome

Martusciello, due gol per il nome Martusciello, due gol per il nome «Finalmente imparerete a scriverlo giusto, con la i» QUASI PER CASO OUESTO campionato racconta storie particolari, che hanno per comun denominatore la riscossa degli uomini normali, che emergono senza pelate, chiome ossigenate e dialetti incomprensibili. Birindelli, Hubner o Giovanni Martusciello da Ischia, soprannominato «l'ammazzagrandi». Ha 26 anni, da 3 all'Empoli dopo un oscuro passato nella squadra dell'isola, ora è in A. Fino a domenica scorsa, lui centrocampista di fascia più grintoso che fantasioso, aveva segnato solamente 15 reti in 10 anni di calcio. «Praticamente una e mezza a campionato», e sorride. Si è rifatto con gli interessi: un gol 8 giorni fa alla Lazio di Mancini, un altro domenica alla Fiorentina di Batistuta. Morale: 2 gol, 6 punti. Neppure Batigol ha segnato così pesantemente. E domenica c'è il Milan. «Ci riproverò, chiuderò gli occhi e... Scherzi a parte, sento chiamarmi eroe, ammazzagrandi. Che esagerazioni! Per me era già il massimo giocare in B. Ora mi basta che non sbaglino a scrivere il nome. Dimenticano sempre la 7». E' uno che non si fa abbagliare, un concreto che si batte e non s'abbatte, che si accontenta. «Prendo 250 milioni l'anno, a molti sembreranno pochi, per me son molti. Mio padre lavora sulle navi da carico e prende meno di un quarto del mio stipendio mensile. Perché dovrei lamentarmi?». Ed eccolo il giorno dopo l'impresa di Firenze passeggiare per le vie di Empoli con la moglie, portare la carrozzina con il piccolo Alfonso. «Mia moglie mi ha detto: vorrai mica diventare capocannoniere? L'ho tranquillizzata. Resto con i piedi per terra». Intanto racconta come è stato scoperto e portato in Toscana: «Di me s'interessò il padre di Taglialatela, a quei tempi lavorava per il Napoli. Non se ne fece nulla. Chi mi ha voluto è stato il presidente Corsi, veniva in vacanza ad Ischia, un giorno gli hanno parlato bene di me e si è fidato». Pare che con qualche decina di milioni l'affare sia andato in porto, alla faccia di chi spreca miliardi all'estero: «Bisogna saper cercare bene - dice - Gli stranieri chiudono la porta a noi che pure non siamo inferiori». Poi confessa di quando ammirava Maradona, ma il suo idolo era Impagliazzo, «giocava libero nella squadra di casa, era il simbolo dell'Ischia, un mito. Ho sempre ammirato le bandiere, spero di diventarlo nell'Empoli e lasciare un bel ricordo». E lui sta contribuendo a lasciarlo, nessuno lo dubita, né i tifosi che sulle note di Carosone gli hanno preparato un coro che si è fatto incidere per farlo sentire agli amici isolani ancora scettici. Né tantomeno Spalletti che, dopo averlo preso in giro quando la scorsa stagione volle la maglia n. 10 («Lo sai che la indossano quelli coi piedi buoni?»), oggi lo chiama solo e sempre «numero dieci». Mica male per chi si sarebbe accontentato di restare in serie B. Brunella Ciullini «Guadagno 250 milioni l'anno e sono tanti. Il mio idolo? Impaglialo, bandiera a Ischia» ?v*i.li Giovanni Martusciello