A Torino Tommaso Fiore lo scrittore amico di Gobetti

A Torino Tommaso Fiore lo scrittore amico di Gobetti A Torino Tommaso Fiore lo scrittore amico di Gobetti Ha tenuto una conferenza per l'Unione Meridionali in Piemonte - A 80 anni, rimane uno dei più autentici esponenti delP«Italia civile» E' stato ieri sera a Torino, a tenere una conferenza, per invito dell'* Unione Meridionali in Piemonte », Tommaso Fiore pugliese di Altamura, scrittore e già insegnante di letteratura latina all'Università di Bari. Una « conferenza »? Abbiamo per questa parola la repugnanza che le dichiarava il Carducci. Ma T. Fiore non « fa » o, peggio, non « tiene conferenze »; parla, come si parla tra persone civili, parla di ciò che gli è sempre stato a cuore, a lui ottantenne, sin dal tempo che tornò dalla guerra a casa sua, nel '19, e si mise a guardare e studiare e capire la vita della sua regione, la faticosa, amara, disperata vita dei « cafoni ». Gli è stato a cuore di non fare il professorino, l'intellettuale orgoglioso e riservato, ma di dare una mano ai suoi conterranei e aiutarli a diventare da « popolo di formiche » (la insostituibile immagine è sua) un popolo di uomini: antica storia ancora in cammino. Da questa ispirazione è nato tutto il suo lavoro. Prima scrisse due fra memorie e meditazioni della sua esperienza dl guerra (Uccidi e Eroe svegliato asceta per/etto), poi quelle « Lettere meridionali » che mandava a « Rivoluzione liberale » del nostro Gobetti e che messe insieme, ristampate dopo quest'altra guerra dal Laterza ebbero il famoso titolo Un popolo di formiche e vinsero il Viareggio nel '52. Poi se ne dovè stare appartato (spenta duramente «Rivoluzione liberale » e il suo capo Gobetti, ch'egli aveva coraggiosamente difeso al tempo delle più gravi offese; spenta anche la rivista « Quarto Stato » dove militava con Rosselli e Nenni e Basso) e, come già Croce, disse scherzosamente grazie al fascismo di avergli procurato il tempo necessario per raccogliersi e lavorare in profondo. Pubblicò nel '30 La poesia di Virgilio, che è il suo capolavoro e su cui tutta la generazione alla quale appartengo ha sollecitata da Augusto Monti, scoperto un classico, cioè un maestro di verità. C'era nel libro quel che sempre si troverà in Fiore, scrittore di fantasia, di erudizione, di eticità, di polemica civile. Scrisse quel libro non per « curiosità di filologo », com'egli stesso ha detto, ma per ritrovare in Virgilio «i bisogni di giustizia e l'anelito di pietà » che egli Fiore sentiva dentro e attorno a sé. Ha continuato a scrivere (ricordo almeno Un cafone all'inferno e Formiconi di Puglia che è la testimonianza viva di mezzo secolo di lotta culturale nella sua terra), a tradurre (SainteBeuve, Erasmo da Rotterdam, Baumgarten, eccetera), a combattere politicamente anche su problemi concreti. Egli appartiene all'* Italia civile » di cui l'ultima radice si va troncando (non sono un pessimista: dico che se ne buttano altre nuove). Ma più che la sua visione ideologica conta il suo vigore di letterato al servizio degli uomini, per la loro liberazione e la loro umanità. fr. ant.

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