Con la diga di Assuan il padre Nilo darà qualche anno di tregua alla fame degli egiziani di Francesco Rosso

Con la diga di Assuan il padre Nilo darà qualche anno di tregua alla fame degli egiziani LA GRANDE BATTAGLIA DEL CONTINENTE AFRICANO PER L'ACQUA Con la diga di Assuan il padre Nilo darà qualche anno di tregua alla fame degli egiziani Il 9 gennaio Nasser porrà la prima pietra; subito i tecnici russi incominceranno a lavorare sotto il mausoleo dell'Aga Khan, alto sul fiume e brillante di marmi L'intera costruzione formerà un lago lungo 500 km., costerà 600 miliardi di lire; darà 400.000 ettari di buona terra e più energia elettrica di quanta ne consumi il paese Saranno inghiottiti i templi millenari di Abu Simbel, miracolo di armonia nel regno dell'informe, e centinaia di villaggi nubiani: un prezzo non troppo alto,' per vincere almeno in parte il pietrificato orrore del deserto - Ma gli egiziani, quando l'opera verrà ultimata, saranno già 5 milioni di più... (Dal nostro inviato speciale) Assuan, 24 dicembre. Sono arrivato fino ad Assuan per vedere il luogo dove sorgerà la diga che più ha fatto scrivere e parlare di sé, che rappresenta la lotta disperata dell'umanità contro la fame, l'orgoglio di un capo che ha giocato l'avvenire suo e l'esistenza del suo popolo per realizzarla, e la conclusione vittoriosa della drammatica battaglia africana per l'acqua. Sull'altra sponda del Nilo, siouro dalla inondazione in cima ad una altura, il mausoleo dell'Aga Khan splende di marmi preziosi nel sole, lontano dalla tragedia- che milioni di uomini vivono ogni giorno nell'ansia di trovare il poco alimento indispensabile alla vita. Da Cartum ad Alessandria d'Egitto ho seguito in treno ed in battello il dramma di questi uomini che chiedono al Nilo un po' di pane in più per blandire la loro fame e nell'epicentro della lotta, il luogo dove sorgerà la diga di Assuan, ho sentito alitare come un vento di disperazione l'affanno di tanta umanità incerta dell'avvenire. Il lungo viaggio sul Nilo incominciò a Cartum con l'espresso del deserto, uh giocattolo di treno con le carrozze in legno verniciato di bianco che due volte la settimana collega la capitale del Sudan con il battello per l'Egitto. Dai finestrini azzurrati contro la follia luminosa che dilagava suKa sconfinata vastità delle sabbie, ho vdslmgtovsdbtctsconctfiaztanamfgfisla1111111 t ■ 11111 ri 11 ■ t ! 111 ■ illumini iimimiiiii veduto sfilare l'intero Sudan, due strisce verdi sulle sponde del fiume, sovente larghe meno di cento metri, miracolosamente vive e rigogliose nell'aggressiva aridità del deserto, popolate da otto milioni di sudanesi. I villaggi, capanne di fango secco, sono tutti ai margini della lunga oasi, per non rubare nemmeno un centimetro di terra coltivabile. Anche il treno corre nel deserto, in una scia di sabbia che si accende al sole e contro cui non c'è difesa. Dopo una ora di viaggio, guardandomi nello specchio, mi vidi bianco di polvere, grottesco negativo della mia immagine. Durò così per ventotto ore, fino a Wadi Balfa, ma il disagio non i attenuò le emozioni del viaggio. Talvolta il treno rasentava paesaggi apocalittici, tumuli di pietra nera erompevano dal giallo allucinante della sabbia come se la terra-, ribollendo, si fosse liberata da giganteschi grumi di magma. Nell'altro finestrino, come su uno schermo, si inquadravano lunghe sequenze di palmizi, agrumeti, melograni, papaie dai frutti dolci e gonfi; mai inferno e paradiso furono così vicini. Nelle stazioncine gremite di folla irrequieta, cenciose e svelte ragazze sudanesi con l'anello d'argento al naso vendevano pompelmi grossi come meloni, polli starnazzanti, uova sode e oggetti del loro artigianato. Desideravo comperare una piccola coppa dipinta iti bianco, giallo e nero per di- iiimiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiir iiiimiiiiiiiiiiiii mostrare ai miei amici che le ceramiche di Picasso sono nate qualche millennio addietro fra le mani delle beduine sudanesi. Costava una piastra, diciotto lire, e non avendo spiccioli, la ragazza mi diede altre quattro coppe come resto, creandomi il problema di portarle intatte a casa, poiché non trovai il coraggio di buttarle dal finestrino. Di questo viaggio tra Cartum ed Alessandria d'Egitto mi resterà nella memoria la folla di egiziani e sudanesi intasati sulle sponde del Nilo, inquieti eserciti di formiche affamate, ansiosi per il boccone di cibo che gli consente di stare al mondo un giorno di più, con le radici più sensibili della loro esistenza immerse nel fiume che gli dà lina vita così incerta. A Wadi Halfa, dove il bianco espresso del deserto conclude ,la sua lunga corsa, vi sono altri problemi. La città, irta di minareti, sarà tra le vittime illustri del Nilo. La vedevo per la prima volta, e forse sarebbe stata l'ultima; fra dieci anni sarà totalmente sommersa dal fiume sbarrato dalla diga che gli egiziani stanno costruendo ad Assuan. Mi aggiravo tra i palmizi, spiavo tra le fessure dei portoncini, nelle moschee invase dal sole. Un'aria di abbandono, simile ad una lunga agonia, gravava sulla città stordita dalla luce meridiana, la gente era silenziosa, come se la morte fosse già nelle vie. Per costruire la diga di Assuan, che chiuderà ermeticamente il Nilo e creerà un lago lungo quasi 500 chilometri, gli egiziani verseranno ai sudanesi 15 milioni di sterline per indennizzarli delle terre e dei villaggi, comprerà Wadi Halfa, che sa-, ranno sommersi dall'acqua; ma i 26 miliardi di lire non sembrano sufficienti ai sudanesi che perderanno le casupole di fango, i piccoli campi coltivati con amore feroce 'é'nòn si consolano a sentir parlare di ecologia, astruso vocabolo con cui gli esperti tentano di spiegargli che avranno capanne e campi identici in altro luogo, sempre sulle sponde del Nilo. Da Wadi Halfa ad Assuan, e sono 24 ore di battello sulla corrente molle e limacciosa, i compagni di viaggio mi parlavano con acceso linguaggio della morte di quanto già esiste e della vita che eromperà più sicura dopo la costruzione della diga di Assuan. Per lungo tratto, le sponde del fiume sono ancora verdi, gli alberi traboccano verso l'acqua con rigoglio incontenibile, ma improvviso e divorante, il tremendo deserto della Nubia avanza fino al limite delle acque, orrenda lebbra gialla che soffoca ogni parvenza di vita. Per 400 chilometri, fino ad Assuan, ovunque guardassi avevo negli occhi uno spettacolo di orrore pietrificato. Un compagno di viaggio mi indicò un punto vago oltre le creste di roccia nera emergenti come relitti di età preistoriche dall'infinito oceano di sabbia, il luogo dove sono morti di sete, due mesi fa, i quattro americani e francesi che giravano l'Africa in automobile. Eppure, anche in quell'orrore che parlava solo di morte, la vita s'era organizzata secondo leggi rimaste immutate nei millenni. Villaggetti nubiani, poche capanne di fango senza il refrigerio di un filo verde, specchiavano la loro desolazione nell'onda opaca in attesa della grande inondazione che li seppellirà per sempre. Centomila persone dovranno andarsene da questi luoghi dove non è mai piòvuto, dove la gente non sa che sia una nuvola, una goccia d'acqua che cade ristoratrice dal cielo; ogni giorno della loro vita 6 trascorso sotto questa vqlta perennemente azzurra, nel sole mai offuscato. 1 motori del ^battello cessarono di ronzare e l'imbarcazione si accostò alla riva. Rivelandosi a poco a poco da dietro lo sperone che lo nascondeva, il tempio di Abu Simbel ci apparve come un miracolo di armonia nel regno dell'informe. Uno dei giganteschi faraoni posti a guardia della stretta porta era mezzo distrutto, e gli altri ci spiavano con fessure di sguardi misteriosi, le immense labbra atteggiate a sorrisi ironici. Stavano eretti come li avevano scolpiti alcuni millenni addietro nella roccia viva, le mani abbandonate in grembo ed i piedi quasi immersi nell'acqua del gran fiume ch'essi avevano adorato come una divinità. Non passerà gran tempo che la diga di Assuan li farà inghiottire totalmente i.al loro dio Nilo, come già ha inghiottito il tempio di Philae di cui vedemmo i giganteschi architravi e le statue di pietra rosata emergere vive e roride dal lungo bagno nell'onda limacciosa. Da Wadi Halfa ad Assuan, le conversazioni ebbero un solo argomento, la costruzione della grande diga, le distruzioni che provocherà, i benefici che arrecherà. Commissioni di studiosi sono all'opera per salvare il tempio di Abu Simbel dall'inondazione eterna, e può darsi che non concludano nulla; ma anche in questo caso c'è da piangere sulla perdita di un capolavoro insostituibile se ciò vale la salvezza dalla fame di alcun', milioni di uomini? Oggi l'Egitto è al punto in cui non può più nutrire tutta la sua popolazione ed il solo mezzo per allontanare l'incubo della carestia è la diga di Assuan. Gli egiziani che mi accompagnano me ne parlano con un linguaggio gonfio di dati tecnici. La diga avrà un volume di 1)2 milioni di metri cubi di roccia e terra, sarà 17 voli: più grande della piramide di Cheope, bonificherà 400 mila ettari di deserto che daranno tre raccolti l'anno, la centrale elettrica produrrà dieci miliardi di Kw l'anno, il reddito nazionale aumenterà di 350 miliardi di lire. Discorrevamo di queste cose proprio nel punto in cui la diga sta per essere incominciata, poco lontano dal mausoleo di marmo, alto su un colle e luminoso nel sole, in cui l'Aga Khan dorme il suo sonno eterno. Intorno a noi c'era la febbre del cantiere in piena attività, le case nuovissime costruite per i tecnici russi che. eseguiranno la prima parte dei lavori, la piscina, t campi di tennis e tutte la altre comodità. Da quel punto, per mille e quattrocento chilometri, fino ad Alessandria, 23 milioni di egiziani vivevano la loro esistenza di ogni giorno su una striscia di terra larga non più di sei chilometri, una superficie di circa due milioni e mezzo di ettari .coltivabili. Dalla diga di Assuan essi attendono il miracolo della moltiplicazione dei pani ma, spogliata dagli effetti propagandistici, la diga si rivela per quello che è. un palliativo. Dei dieci miliardi dì Kw di elettricità, l'Egitto non sa che farsene, non avendo ancora industrie suf¬ ficienti per assorbirla. Rimane la terra strappata al deserto, che sì rivela inadegua-ta anche agli attuali 23 milioni di egiziani che crescono di circa mezzo milione l'anno con una proporzione geometrica che atterrisce. La diga di Assuan sarà un'opera ciclopica, più grande e benefica delle piramidi faraoniche e costerà circa 600 miliardi di lire. Se sarà terminata entro il 1970, come previsto, i 400 mila ettari strappati al deserto risulteranno insufficienti agli egiziani, che a quella data saranno già 28 mitioni. Nonostante ciò, la dioa di Assuan bisognava farla: talvolta è necessario ragionare in termini umani, non soltanto economici. Senza la diga di Assuan, gli egiziani sarebbero votati alla fame entro quindici anni, perciò bisogna costruirla, non fosse che per salvare milioni di uomini dalla morte per inedia. Se il presidente Nasser si è tanto sbilanciato con la Russia è per la diga di Assuan. La nazionalizzazione del canale di Suez, e tutte le complicazioni che l'hanno accompagnata, sono una conseguenza della diga di Assuan che l'Occidente si rifiutava di finanziare. Ora tutto è deciso, andranno sommersi il tempio di Abu Simbel, Wadi Halfa ed i villaggi nubiani, ma per quindici anni gli egiziani avranno la certezza di sopravvivere. Il presidente Nasser assisterà alla posa della prima pietra il 9 gennaio prossimo, I e immediatamente i russi incominceranno la prima fase dei lavori, che essi stessi finanziano e dovrebbero ultimare entro quattro anni. 1 lavori della seconda fase, più lunghi e complicati, Nasser vorrebbe affidarli a paesi occidentali disposti a finanziarli, e quasi certamente otterrà ciò che desidera. Da qualche tempo egli ha imposto un'energica, frenata all'invadenza russa che gli sovietizza l'Egitto, e si è riaccostato agli occidentali, soprattutto agli americani. Minacciando di capovolgere un eguiZibrio già instabile e di provocare un conflitto mondiale, il presidente egiziano è riuscito a ottenere la diga di Assuan, che tra¬ sformerà il Nilo in un mare interno, regolerà le r^que per una più razionale irrigazione, impedirà che una goccia del fiume giunga eincora al Mediterraneo dove, attualmente, ne sfociano 32 miliardi di metri cubi l'anno. Con questo mezzo egli garantisce agli egiziani almeno quindici anni di salvezza dalla fame. Frattanto qualcosa accadrà; il Nilo è un grande padre, che non ha mai deluso i suoi figli. Francesco Rosso