"I racconti dello zio Tom" di Walt Disney, al Doria

"I racconti dello zio Tom" di Walt Disney, al Doria —— SULLO SCHERMO —— "I racconti dello zio Tom" di Walt Disney, al Doria Se Walt Disney lo potesse, con quale respiro di sollievo si riposerebbe un poco dopo aver finito un film, e con quale serenità comincerebbe poi a vagheggiarne un altro. Ma Disney non può, tra l'uno e l'altro dei suol film, lasciare che studi e attori, che l'hanno servito, servano nel frattempo altri registi. Non può abbandonare, nemmeno per una settimana, tecnici e operatori, < ideatori » e < disegnatori > che ormai si è creato; deve farli lavorare a ritmo continuo. Ceco quindi chi aveva avuto in dono un eccezionale talento poetlco-cinematograflco stretto entro le maglie d'una corazza industriale da lui stesso creata, e che certo non pesa sulle spalle di nessun altro autore di film. Ed eccolo allora organizzare (è la parola) cicli di produzione collaterale, dove la tecnica sicura e la lunga esperienza dei suoi collaboratori possano servire a sfornare altri e altri c prodotti > Disney. Ogni tanto, ma purtroppo sempre più raramente, può permettersi quasi un a solo, può darci un film che ci ricorda 11 Disney migliore; altrimenti Bono le esigenze del « ciclo > di produzione. Fra le recenti formule sue è anche quella del documentario. La valle dei oastori e L'isola delle foche ne sono i due primi pregevolissimi saggi. Più estroso e fantasioso 11 primo, più concreto e drammatico il secondo. Narra l'annuale estiva migrazione di branchi e branchi di foche che misteriosamente e puntualmente si radunano, per procreare, in isolotti sperduti oltre le Aleutine. L'ampio documentarlo è esemplare; ed è soprattutto un esempio di efficacissimo montaggio. Un vero e proprio racconto vi si snoda, con una evidenza invidiabile; ed è il frutto di una sagacissima scelta di brevi frammenti fra migliaia di metri di pellicola impressionata, ciascun frammento posto a dare il suo accento alla trama di un predisposto discorso. Insomma, la pazlen-| za dei «disegnatore di Disney, d'inquadratura in inquadratura, trasferita a sfruttare le più diverse riprese lungo scogliere di gelidi mari, fra dirupi marmorizzati di licheni. E il risultato è avvincente. Con L'isola delle foche si proiettano / racconti dello zio Tom, altra recente formula delle officine Disney. Riprese di attori alternate a quelle di disegni animati; con ogni tanto, civetteria tecnica, 1 disegni sovrapposti a un libero cielo o a un volto umano. Il traliccio della novelluccia è semplice, lineare: come il vecchio zio Tom, un negro da copertina, giunga a raccontare al signorino e ad altri ragazzi le sue favole del signor Coniglio; e come il signorino ne abbia ogni consolazione, fino a più rapidamente guarire dopo essere stato atterrato da un toro Infuriato. Lo zio Tom poteva essere soltanto il pretesto a incorniciare e ad avviare le singole favolette; invece ha molta parte per sè; e in questa sua parte trapelano parecchie intenzioni. Tra l'altro quella, assai felice, di voler indagare la vita di tutti i giorni di alcuni ragazzini che ancora credono alle favole; e come le favole a quella vita diano respiro, trasfondendosi in essa. Ma queste intenzioni, degne di un artista, si sono sciolte in un facile giulebbe un po' froebeliano. Forse la trovata Disney l'ha sentita, ma poi ha dovuto affidarla ai < reparti > del ?uo « stabilimento >: e ne è venuto un film garbato, dolciastro e vuotino. m. g. MAMMA MIA, CHE IM PRESSIONE!, di R. Bavarese (Ambrosio). — Un nuovo comico si affaccia con questo film al nostro cinema: Alberto Sordi, che sia come « doppiatore > del grasso Ollio, sia come autore di una brillante rubrica radiofonica, gode già di una vasta popolarità. < Mamma mia, che impressio¬ ne! > lo vede interprete, lo vede co-produttore a fianco di De Sica (da cui certo il filmetto ripete una sua graziosa compostezza) e lo vede autore del soggetto in collaborazione di Zavattini, di cui l'esperta mano anohe si sente. L'eroe, Alberto, dirazza dai soliti comici, impasto di scemenza e di scaltrezza, di stampo char lottiano e ridoliniano: ha 11 coraggio dell'idiozia integrale, impronta, asfissiante, del barnbinone. Offende e si lascia offendere, insiste, esaspera, smonta; è abbietto e petulante, candido e tremendo. La piccola vicenda è quella dei suoi armeggii per strappare una bella ragazza al fidanzato, un atletico giovanotto col quale egli si batte ad armi sportive, in una confusionaria < maratona) che è il vertice della farsa. Farsa bianca, da oratorio, senz'ombra di volgarità, senza neppure sfoggio di grandi trovate, ma graduata, serrata e piacevole. E la comicità del Sordi, sebbene chiusa in un breve giro di effetti, sui quali fatalmente ritorna, ha del nuovo. Con lui è Giovanna Pala, una bella ragazza. SIGNORINE, NON GUARDATE I MARINAI, di G. Marshall (Lux). — E" il solito film-insalatina che le grandi case produttrici di Hollywood regalano di tanto in tanto alla loro affezionata clientela. Qui è la Paramount che fa la civettona chiamando a raccolta i divi e le dive della sua giurisdizione, per una rapida mostra: da Paulette Goddard a Bing Crosby, da Veronica Lake a Bob Hope, da Dorothy Lamour a Ray Milland, a Franchot Tone, a Fred Mac Murray e a tanti altri. Come tutti 1 film-campionario, anche questo procede ad alti e bassi; e gli alti sono al cunl scketches veramente esilaranti. Qui è Betty Hutton, « l'incendiaria >, che dice la sua parola. vice

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