Gea della Garisenda e il pubblico di innamorati di Clara Grifoni

Gea della Garisenda e il pubblico di innamorati Una soubr Gea della Garisenda e il pubblico di innamorati Voce troppo calda per un convento - Come divenne un'adorabile mascotte "Tripoli bel suol d'amore,, - A settantanni è uno splendore: sangue romagnolo... (Dal nostro inviato speciale) Villa Verucchio, giugno. Gea della Garisenda amava le rose albicocca e i figli di papà rubaxtano in casa, per offrirgliene grandi corbellles alle sue aerate d'onore. Lei stessa aveva la freschezza, l'incarnato e il leggero duvet di una rosa, com'era detto in certi ispirati versi òhe i goliardi torinesi scarabocchiavano sulle dispense e trascrivevan poi, in tondi caratteri a svolazzi, recapitandoli di persona al teatro "Balbo", dove la tumida Gea furoreggiava nel Monopoleone, vaudeville di un giovine scrittore chiamato Gioacchino Forzano. Una canzone a vapore A quell'epoca — si era nel 1911 — la romantica Torino sfungava poeti come se piovesse. Circolava per le strade l'esile coso con due gambe detto Guido Gozzano e il suo florido antipodo, Francesco Pastonchì; costruttori di rime si annidavano un po' dappertutto, alle Poste, in Municipio, nei caffè, nei salotti e fu proprio tra essi che l'abbagliante soubrette reclutò i suoi maggiori "tifosi" (come sì sarebbe detto oggi e detto bene, trattandosi di un'arte in cui le gambe avevano la loro importanza). Cosi quando ai primi di settembre, nell'imminenza del conflitto italo-turcri, la Garisenda cercò un menestrello che le improvvisasse una canzone patriottica, lo trovò immediatamente nella persona di Giovanni Corvetto, giornalista e poeta. L'indomani, giovedì, su un tavolo di redazione de La Stampa, nacquero in volata fra una "Stefani" • l'altra i versi di Tripoli, bel suol d'amore, per 4 quali il maestro Colombini trovò a musica di getto. Il giorno dopo, venerdì, quella canzote a vapore fu ceduta alla casa editrice Gori, dopo istenuanti contrattazioni che fecero salire il prezzo base li 25 lire a 150, di cui la metà versata subito ai due squnttinettissimi autori. Un rapid* accordo con Forzano e l'inni trovò posto in un quadro tei Monopoleone. Quella sra stessa, 8 settembre 1911, li Garisenda comparve sullascena del Balbo in divisa bianca da marinaio, un granfi tricolore che la fasciava clfne un'onda. Era proprio quii che ci voleva per un'epocain cui tutti cominciavano à isser còlti da "...l'envie - de tailler en drapeaux l'étof fe de la vie » ; infatti, dopo la primi strofa, gli spettatori balzarono in piedi e cantarono l'inni con un gran mantice di poi ioni, leggendo i versi stamp ti su foglietti volanti. Canttvano le donne sopra la frut iera colma del seno, con i I oa guizzanti lungo i fianch e in testa cappelli fragili some meritile o, Dio le , perdoni, aspri; cantavano, iti barcaccia, gli attillati uficialetti e i signori dal gilet 'iortto, calvi, pomposi, falsi ndés; cantavano, nel loggiine, i poeti con la cravatta all i lavalllère, ch'era l'insegna eterna della poesia. Sulla rihai la la Garisenda avvampava, un po' per V entusiasmo e n alto per" i riflessi dell'incendi > scoppiato nell'interno dei su li ammiratori. Con essi, le note facili della canzone uscivano dal teatro, dilagando per Torino, presto catturate dagli organetti che le macinarono in ogni strada. Dalle città alle sottoprefetture, in breve l'intera penisola si et Ilo in una amaca di suoni ore tchiabili e dolcificanti. "Sai dive si annida, più florido il uol", cantavano tre settimane più tardi i nostri soldati, barcando a Tripoli; e il medesimo verso nostalgico ma, diciamolo, assntrdo, echeggiò insieme agli altri, un anno (iopoj sotto le vòlte fresche del Politeama, in Suk el Turk.. consacrando l'inno ufficiale iella Colonia. Poi, naturalmente, quella voga inaudita decadde e l'inno tramontò, neppure oggi, for**, mrfl^be tùpito d<i7 I<*nbo in cui giact (accanto ai sogni coloniali .egli italiani) se la signora G a della Garisenda in person i non lo avesse riesumato pe me, con una | voce ancora limpida e che basta un niente a raffigurarsi cristallina. Canta in piedi nel mezzo d'un va*to salotto, con le portiere "turche" d'un solo telo e "scene d'Africa" che corrono tutto intorno, sulle pareti affrescate da Dudovich; cantando, mcitre la figlia Piera l'accompagna al pianoforte, sollevo d'impeto le braccia, che leescon pienotte e abbronzate dalle maniche di una vesta7lia bianca. Alla fine, quandi l'applaudiamo, sorride e s'inchina felice, come alla ribalta. Poi osserva: "Peccato, mi manca la bandiera". Alla direzione d'una tenuta Settantanni, ma, uno splendore. I capelli di neve, la pelle liscia, gli occhi ffntnodorati, vivi, mobilissimi, jefte frugano dentro. E anche la sua casa è splendida: un'immensa villa settecentesca con dépendences e scuderie, la quale ti viene incontro da un paesag- gio ondulato che cano di tinte, rosso i papa I!IMMM!llli:ilM Mit(JIMiMI< IIIIIMIIIIMIIMIII .fiori cari- veri, wusurro { lupini. In fondo il luccichio del mare, verso Rimini. Ormai da tanto tempo, Gea della Garisenda vive qui, tra cani, gatti, scimmie e galline, dirigendo da sola quella che fu la tenuta dei conti Pai yami-Belluzzi, con ventinove /attorie e non so quanti contadini, che essa fa marciare come soldati. Nelle sue vene scorre sangue rosso di popolana romagnola, il che la dice lunga in fatto di temperamento. La signora ne ebbe parecchio fin da quando si chiamava Alessandrina Drudi ed era un'orfanella di Cotignola, allevata, dalle suore, che contavano di farla entrare negli ordini. Ma un giorno dopo l'altro la ragazzina sfoderò una voce incredibile, che faceva tremare i vetri della cappella, nonchi il cuore delle brave monache, le quali non mancarono di trovarla pericolosamente calda e troppo ansante di amorose speranze, per cantare le laudi della Vergine. La cosa venne all'orecchio di una parente agiata, che pagò gli studi dell'orfana al Liceo Musicale di Bologna, diretto da Martucci. Alessandrina aveva allora sedici anni ed era ingenua come usava per le ragazze fine secolo, quasi tutte fermamente persuase che i bambini nascessero sotto i cavoli. Più tardi le passò e il giorno del suo debutto a Lugo nella Bohème, verso i primi del '99, la sua voce incantevole ma soprattutto la bellezza del suo corpo rigoglioso, periato, fatto a mandolino, sembravano maturi per una carriera che si prospettava clamorosa. Lo divenne quando la bruna Alessandrina, sposatasi col bolognese Giovanni Dragoni, nobile, ma non ricco e messa al mondo la piccola Piera, fu spinta da una maggiore necessità di guadagno a lasciar l'opera per l'operetta. L'impresario Franco Fano le suggerì un nome di battaglia squisitamente ellenico, Gea della Garisenda (gea, terra); con questo, la nuòva soubrette scopri veramente se stessa fra i suoni rapidi e saltellanti del repertorio viennese e di quello italiano, fabbricato con identica ricetta. Per anni fu la protagonista adorabile e endlablée de La mascotte, La principessa dei dollari, La secchia rapita e il pubblico la amò con un entusiasmo "mai raggiunto da nessuna artista — dicono le cronache del tempo — e in nessun genere di spettacolo". A Bologna, un teatro estivo fuori porta d'Azeglio venne intitolato al suo nome; al Mercadante di Napoli un innamorato respinto si suicidò in platea, durante la rappresentazione de I moschettieri al convento. Infine, ad Alessandria, il milionario Teresio Borsalino offrì H suo cuore alla conturbante soubrette e non venne respinto. I due si sposarono nel '33, «topo la morte del nobile Dragoni e vissero molto felici. Di queste e- altre cose mi parla Gea della Garisenda, o meglio la vedova del senatore Borsalino, mentre prendiamo il tè in belle tazze di Saxe. Non ha rimpianti, dice, lei visse pienamente nel suo tempo e quando il suo tempo passò, scese dall'omnibus della fama per ritirarsi nell'ombra. "D'altronde, cosa crede t Canto ancora". Canta davvero, la ex-Duchessa del bai Tabarin, tutte le domeniche nella cappellina privata della villa, insegnando le laudi della Vergine alle figlie dei mezzadri. Clara Grifoni | La bella Garisenda, quando cantava l'« inno » a Tripoli lll LMIIIIMIMI!) Hlllllllllllllltlllll «■■Illllllllllllltllllllllll 1II1M11 ;ilMI!