Donat-Cattin fa la critica ma resterà con Fanfani
Donat-Cattin fa la critica ma resterà con FanfaniSi rafforza l'unità tra i democristiani Donat-Cattin fa la critica ma resterà con F Ha approvato "senza riserve" la soluzione della crisi governativa; non contesta il giudizio negativo sulla legge di divorzio, dice però che il compito della de "è quello di creare condizioni di governabilità" (Nostro servizio particolare) Roma, 29 marzo. Tutti i partiti sono impegnati a fondo nella campagna per il referendum e anche la de ha ritrovato oggi una maggiore unità dopo le critiche di Donat-Cattin alla scelta di Fanfani di fare la consultazione popolare e alla soluzione dell'ultima crisi di governo. In un convegno di « Forze nuove », a Roma, Donat-Cattin ha tenuto una lunga relazione che, alla fine, è stata approvata all'unanimità, e sarà tradotta in un documento per la direzione del partito in programma il 2 aprile. C'era il duplice rischio che la corrente si dividesse fra la posizione di DonatCattin e quella di Vittorino Colombo e che si ritirasse dalla giunta esecutiva della de, passando all'opposizione e denunciando contestualmente il cosiddetto «patto di palazzo Giustiniani. Questo patto fu propugnato da Fanfani nel giugno scorso, alla vigilia del congresso nazionale de, e portò all'unità fra le correnti interne e alla rinnovata alleanza di governo con i socialisti al posto dei liberali. Donat-Cattin ha confermato l'adesione, sia pur critica, della corrente alla linea Fanfani, ha approvato « senza riserve » la soluzione della crisi governativa, ha riaffermato la validità del « patto di Palazzo Giustiniani », precisando però che esso dev'essere « verificato » sui fatti. Per questa ragione « Forze nuove » non si ritirerà dagli organi direttivi de, nei quali quasi certamente (secondo la proposta di Bodrato) Donat-Cattin sostituirà Vittorino Colombo, dimessosi dopo la sua nomina a ministro della Sanità. Da giugno ad oggi — ha detto — la situazione del Paese è cambiata e non in meglio. All'estrema debolezza economica e a uno stanco assetto politico si sono aggiunte la spinta degli scandali e la decisione di andare al referendum. « Forze nuove » non contesta il giudizio negativo sulla legge di divorzio, sostiene però che compito della de « non può essere quello di portare avanti unicamente le proprie convinzioni, ma è soprattutto quello di creare condizioni di governabilità », attraverso la collaborazione con i partiti laici e senza scontri radicali con il pei. A suo giudizio Fanfani non fece tentativi sufficienti ad evitare il referendum e, in ogni caso, era indispensabile per la de non giungere ad una rottura con quei cattolici che, per ragioni di coscienza sancite dal Concilio, non intendano attenersi al voto per l'abrogazione della legge divorzista. Ma per Donat-Cattin sono preoccupanti « le motivazioni della decisione referendaria e soprattutto il modo con il quale essa viene gestita che sembrano legarsi alla spinta a riempire con richiami integralistici il vuoto di indirizzo politico e programmatico nel quale rischia di annegare la de. » Le apparenze, per DonatCattin, sembrano portare alla « chiamata di un uomo forte», a favore del quale «fanno ressa ragioni più attuali e pesanti, che potrebbero finire per prevalere »: «Ad un governo debole segue un altro governo cui continua a mancare la forza dì un impegno organico, d'indirizzo e di precise scelte del suo maggior componente, la democrazia cristiana. Il parlamento e in trance. L'amministrazione pubblica è ferma alla struttura fascista... I corpi separati risentono dei mali generali e del vuoto politico. Il fango della corruzione politica sale insieme con l'ondata dell'inflazione ». E' impossibile rinviare un chiarimento sulla situazione economica — ha concluso perché occorrono risposte politiche capaci di modificare « la durezza del rapporto » emergente con i sindacati prima dell'assemblea a Rimini di Cgil, Cisl e Uil, mentre « si è persa l'occasione unica di un diverso rapporto con l'opposizione comunista e con i sindacati operai». Anche Piccoli, parlando a Viterbo, ha ripetuto che la de non vuole trasformare il referendum in una battaglia. E a questa posizione fa riscontro l'intervento di Amendola al comitato centrale del pei, conclusosi a Roma con l'approvazione della relazione Pajetta. Amendola ha ribadito che uno scontro frontale con la de è inattuale, che occorre evitare « la trappola del muro contro muro » ricercando, invece, al di là del referendum, la sola alternativa possibile al pericolo del fascismo: l'intesa tra masse comuniste, socialiste e cattoliche. Secondo Amendola il pei può vincere « la battaglia del referendum e anche nel Mezzogiorno vi sono le condizioni per un successo ». Il consiglio nazionale del pri ha respinto le dimissioni di La Malfa segrerio del partito, accogliendo l'invito della direzione. A favore delle dimissioni hanno votato soltanto tre consiglieri della « sinistra repubblicana ». Lamberto Fumo
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