Stenmark, lappone sbagliato

Stenmark, lappone sbagliato Come gli svedesi hanno scoperto di avere un campione Stenmark, lappone sbagliato Il 99 per cento degli scandinavi pratica il fondo ed odia salite e discese - E' stato il padre a dare l'esempio a Ingemar - La sua carriera sportiva finanziata da una fabbrica di sci - Carattere simile a quello di Thoeni (Dal nostro corrispondente) Stoccolma, 21 marzo. «In realtà non è che un lappone sbagliato. Un lappone, cioè, che corre più in fretta in discesa che in pianura. Però, lo fa in maniera perfetta, ragion per cui forse da lui potremo un giorno o l'altro aspettarci grandi cose». Questo è il primo ritratto giornalistico importante di Ingemar Stenmark. Lo fece tre anni orsono un reporter sportivo che va per la maggiore e che oggi si vanta di avere già allora intravisto le capacità di Ingemar. Solo negli ultimissimi tempi, in ogni caso, Stenmark è divenu¬ to familiare al pubblico sportivo o meno. Un anno fa, ad esempio, nonostante le sue affermazioni, Ingemar era poco più di uno sconosciuto. La gente di casa l'ha ignorato a lungo e, in un certo senso, non ha creduto in lui. Oggi, però, è l'idolo incontrastato degli svedesi e tutti qui credono ciecamente sulla sua vittoria finale nella Coppa del Mondo. Stenmark ha compiuto mercoledì scorso 19 anni. Non ha titoli speciali di studio e meriti particolari nel campo del lavoro. Il padre ha latto il taglialegna in un villaggio, che oggi conta 67 abitanti, sperduto nelle montagne della Lapponia, a 25 chilometri dal confine con la Norvegia. Quando Ingemar aveva quattro anni la famiglia si trasferi a Tarnaby, località turistica poco sotto al Circolo Polare Artico. A Tarnaby il padre di Ingemar faceva il panettiere e nel tempo libero prese ad allenarsi nelle discese assai ripide delle montagne circostanti. Divenne tanto bravo da mettersi in mostra e venire incluso nella nazionale svedese. Non vi è dubbio che è stato accanto al padre che Ingemar ha imparato ad andare forte in discesa. A otto anni, in rappresen¬ tanza della Svezia, parte per Trento, ove si disputa il Trofeo Topolino. Arriva quattordicesimo e i giornali di casa gli dedicano quattro righe definendo ottima la sua prestazione, senza dubbio la migliore di un bambino svedese in tutti i tempi. Passa qualche anno e il ragazzotto che continua ad andare forte in discesa interessa addirittura la Federazione, reparto specialità alpine, che gli mette accanto un allenatore apposito. Questo accade nel 1971, quando Ingemar ha da poco compiuto I 15 anni. Alla Federazione dello sci oggi dicono: «Le delusioni so- no sempre state tante che anche per Ingemar non ci siamo montati la testa. In pratica, il 99 per cento degli svedesi che vanno sugli sci si indirizzano al fondismo il restante 1 per cento non è mai stato capace di uscire dalla mediocrità. In ogni modo, il ragazzo è stato seguito e consigliato. A un bel momento abbiamo intravisto il campione e abbiamo subito cercato di procurargli un allenatore straniero specializzato. Le difficoltà sono state però enormi, soprattutto perché il reparto delle specialità alpine non dispone che di pochissimi soldi. Ingemar è stato salvato da una fabbrica straniera di sci che si è accollata le spese di un allenatore e di una serie di trasferte per fargli acquistare esperienza». L'anno scorso Ingemar fu sul punto di lasciare lo sport. Il suo sponsor gli aveva si procurato un biglietto aereo per una trasferta in Giappone, ma la Federazione non aveva nemmeno i soldi per pagargli il soggiorno. Solo all'ultimo minuto, quand'era ormai deciso ad abbandonare ogni attività agonistica, un paio di industriali svedesi appassionati di sci misero mano al portatogli assicurandogli il viaggio. E' in questo clima di incertezza e di disinteresse generale che è maturato il campione. Stenmark si mantiene un enigma, un riccio, un ragazzone scontroso che parla il meno possibile e quasi sempre solo a monosillabi. Una copia svedese di Gustavo Thoeni. Ha anche un accento lappone marcatissimo che mette tutti e lui stesso in imbarazzo. E i lapponi, poi, sono di natura timidi e taciturni, abituati alla solitudine e al grande silenzio del Nord. E forse proprio questa abitudine che porta Stenmark a isolarsi tutte le volte che può: lunghe passeggiate nei pressi di casa, al limite tra il bosco perenne e la tundra nordica. Lo fa anche per allenamento e per rilassarsi. Per abituare la mente alla concentrazione e il corpo all'equilibrio passa ore e ore ballando su di una lune tesa a 15 metri da terra. L'ha latto anche diverse volte in pubblico, quando nessuno ancora lo conosceva, e due circhi gli avevano offerto un ingaggio. Stenmark è anche torte in bicicletta: tre anni fa divenne campione della Lapponia a una media di 40.400 l'ora. Poco si sa di Ingemar Stenmark come uomo. Non risulta che abbia amicizie femminili, anche se deve essere una ragazza quella che lo fornisce di quei berrettini di lana un po' curiosi, l'uno diverso dall'altro, che indossa lorse come portafortuna in ogni gara. Berretti con riprodotti gli animali del Nord, l'orso, il lupo, la lince, il gallo. Per comprendere bene il personaggio occorre anche dire che i suoi silenzi sono in londo una parte del perfetto dominio dei nervi. Un giornalista svedese ha definito Stenmark il ragazzone dai nervi d'acciaio e questa definizione trova conferma ogni giorno. All'insensibilità per ogni momento di stress o di nervosismo, si accomuna una specie d'indifferenza per quanto potrà accadere domani o dopo. Domenica scorsa a chi gli chiedeva cosa provasse ad essere a pari punti con Thoeni, ha risposto: -Niente»; e a chi gli domandava se gli piacerebbe vincere il campionato del mondo ha spiegato: « Adesso o un altr'anno fa lo stesso». Walter Rosboch

Luoghi citati: Giappone, Norvegia, Stoccolma, Svezia, Trento