Indesit chiede cassa integrazione per 6000

Indesit chiede cassa integrazione per 6000 L'azienda (IO stabilimenti in Italia) ha 11.500 dipendenti Indesit chiede cassa integrazione per 6000 MILANO — Le nubi di una delle più gravi crisi di questi anni si stanno addensando su uno dei principali produttori italiani di elettrodomestici. La Indesit, che con circa 235 miliardi di fatturato copre quote di mercato oscillanti fra il 15 e il 17 per cento nei vari elettrodomestici (televisori esclusi), ha presentato ai sindacati la richiesta di Cassa integrazione per oltre 6000 degli 11.500 dipendenti distribuiti in dieci stabilimenti, di cui tre attorno a Torino, sei nel Casertano, e uno vicino a Bari. Le richieste sono di otto settimane di Cassa integrazione per lo stabilimento di Orbassano (cucine), tredici settimane per le produzioni di lavastoviglie e frigoriferi, da otto a tredici settimane per le linee che producono lavabiancheria. Un periodo di Cassa integrazione anche maggiore potrebbe infine venir applicato ai settori dell'elettronica civile e della componentistica. I sindacati, al termine di una riunione del coordinamento Firn tenuta ieri a Roma, hanno deciso di chiedere un incontro urgente con l'azienda per approfondire meglio le ragioni di queste drastiche richieste che fanno intravedere dietro le difficoltà congiunturali una crisi strutturale di uno dei principali produttori italiani di elettrodomestici. I dirigenti della Indesit, la cui proprietà è celata dietro un conto fiduciario depositato alla banca Rotschild di Zurigo (la quale ha il proprio direttore generale, Gilbert de Botton, nel consiglio di amministrazione della società), hanno riconosciuto con i sindacati di avere sbagliato strategia di mercato. Avendo puntato su prodotti della fascia bassa dei consumi, caratterizzati da scarso contenuto tecnologico, qualità mediocre e basso prezzo, hanno spinto sulla quantità in anni in cui sia il mercato interno che quello internazionale davano segni di crescente saturazione mentre si intensificava la concorrenza da parte di nuovi produttori. «Nel 1970 — si legge nella relazione di Mediobanca — l'Indesit diede inizio ad un programma di investimenti nella sona di Aversa destinato ad assicurarle un'aumentata capacità, produttiva, in un primo tempo di lavatrici e di frigoriferi, e, in un secondo tempo, di televisori»«L'iniziativa — prosegue Mediobanca — è stata finanziata in massima parte con mutui agevolati». Questa espansione, incoraggiata dal basso costo del capitale impiegato, si sta ritorcendo sull'azienda in seguito al drastico calo degli ordini soprattutto dall'estero, dove la Indesit ha fatturato nell'ultimo esercizio 125 miliardi. In Francia e in Gran Bretagna le vendite della Indesit sono da tempo sotto stretta sorveglianza per i prezzi che vengono praticati mentre si fa sempre più aggressiva la concorrenza di nuovi produttori come la Jugoslavia. Dal punto di vista finan¬ ziario l'azienda, dicono i sindacati, sembra soffrire di ricorrenti crisi di liquidità legate al gonfiarsi del magazzino nonostante la situazione dell'indebitamento sia tutt'altro che tragica. Dotata di considerevole liquidità negli anni in cui incassava i mutui a fronte degli stabilimenti da realizzare la società non ha praticamente fatto ricorso al credito a breve nella crisi del 1974. L'indebitamento a media-lunga scadenza è cresciuto, però, sull'onda dell'espansione della capacità produttiva da 22 miliardi del 1974 a 56 miliardi del 1976. L'ultimo bilancio, chiuso a luglio dell'anno scorso, prima che la domanda interna cedesse, prsenta una perdita netta di 1,3 miliardi (contro un miliardo di utile sommando i risultati del triennio precedente) dopo investimenti per 24 miliardi, di cui 15 nel Mezzogiorno e 9 al Nord. Marco Borsa