Trentin: attacco della Fiat al sindacato

Trentin: attacco della Fiat al sindacato Trentin: attacco della Fiat al sindacato «Esiste, e non è giusto negarla, una crisi di governabilità della grande impresa. Tocca anche noi che non siamo interessati né allo sfascio né ad un maggiore sfruttamento. La risposta della classe operaia non deve essere la rivolta passiva (sabotaggio minore, assenteismo cronico) o il corporativismo violento ma l'impegno di lotta per mutare questa organizzazione del lavoro». Partendo da questa considerazione, e ammettendo errori e ritardi del passato, Bruno Trentin, segretario confederale Cgil, ha concluso l'altra sera nel salone Iacp il dibattito organizzato dall'Istituto Gramsci su «Lotte operaie, violenza e governabilità della fabbrica». Il «caso Fiat» dei 61 licenziati è stato solo sfiorato. «L'obiettivo era questo sindacato e il suo potere contrattuale, ridimensiona re il suo ruolo, modificare i rap porti di forza in fabbrica. Deli beratamente la Fiat non ha ri spettato le norme contrattuali e di legge: è il tentativo della più grande fabbrica italiana di recuperare il pieno controllo nell'uso della forza lavoro, liberandosi dall'impaccio del controllo sindacale, nel momento in cui le esigenze di ristrutturazione rendono più importante avere mano libera in fabbrica». Reagire con la violenza individuale non serve: «E' un atteggiamento subalterno, perdente, è rabbia della sconfitta. Il nodo della violenza nasce dalle contraddizioni inteme al movimento di classe». E' un grave pericolo anche la violenza collettiva, che accentua le divisioni e va sempre contro i lavoratori. «Ma violenza è anche quella contro il crumiro, o quella morale (che può essere anche peggiore) contro il capo che non sciopera, o quella contro le cose. Il sindacato difende il diritto di sciopero anclie contro se stesso e rifiuta di essere sindacato unico. La condanna non basta. Dobbiamo combattere ogni forma di neutralità nei confronti del terrorismo o verso la violenza, soprattutto organizzata». Trentin si è soffermato anche sul rapporto con i capi affermando: «Anche in quest'area non tutto funziona come trenfannì fa. C'è crisi nella struttu¬ ra gerarchica, di direzione, che Ita risto profondamente sconvolta la sua organizzazione del lavoro. Come non abbiamo regalato ieri al padrone gli operai die non scioperavano, ma li abbiamo strappati uno per uno alla nostra causa, cosi oggi non vogliamo regalare al padronato impiegati, tecnici, capi Sono lavoratori come noi». Un operaio dal pubblico ha in-, terrotto il leader sindacale: «Non saranno mai dalla nostra parte». Trentin ha replicato seccamente: «Allora tu saresti sempre sconfitto». Ha concluso indicando una strada per battere il disegno della restaurazione: «/• lawratori organizzati nel sindacato possono avere un ruolo nuovo e rappresentare un'alternativa se puntano le loro forze per conquistare nuove forme di organizzazione del lavoro. I consigli di fabbrica non devono limitarsi ad essere cinghia di trasmissione dei vertici, ma diventare sindacato in fabbrica». Un discorso chiaro rivolto al futuro del movimento sindacale, ma che ha lasciato alcune frange insoddisfatte.

Persone citate: Bruno Trentin, Deli, Trentin