Gli operai all'uscita dai cancelli: «L'importante è la chiarezza, non vogliamo più aver paura»

Gli operai all'uscita dai cancelli: «L'importante è la chiarezza, non vogliamo più aver paura» Gli operai all'uscita dai cancelli: «L'importante è la chiarezza, non vogliamo più aver paura» Qualcuno 11 ha tecnicamente definiti «le punte avanzate della contestazione operaia allinterno della fabbrica*; altri, con linguaggio più pratico e colorito, li ha chiamati «rompiscatole». Ma non è mancato chi, fuori di metafora (e fuori dai denti), ha parlato di violenza e di terrorismo: •Non tutti, ma qualcuno c'è dentro fino al collo. Lo dice il sindacato, lo dicono i partiti. E anche noi dobbiamo essere chiari una volta per tutte: guardiamoci negli occhi e comportiamoci con correttezza: o con gli operai o contro gli operai. Il terrorismo e la violenza sono contro le nostre lotte*. Si respirava questo clima ieri ai cancelli di Mlraf lori mentre si vivevano le prime reazioni alla decisione del pretore che ordina alla Fiat di reintegrare al loro posto 47 dei 61 operai licenziati il 9 ottobre. C'è la confusione di ogni giorno a cavallo delle 14. mentre avviene 11 cambio di turno. Chi entra conosce già la notizia. Ne ha parlato la radio, c'è scritto su Stampa Sera, che molti comprano all'edicola per conoscere particolari. Chi esce dalla fabbrica è colto di sorpresa dalle domande dei cronisti e dai microfoni delle tv private: «Non sappiamo niente. In fonderia e in carrozzeria non se n'è parlato. C'è stata una riunione dei delegati sindacali, ma non sappiamo di cosa abbiano discusso*. Qualcuno ha visto circolare un volantino intorno alle 13, ma vuole saperne di più. Si formano capannelli, la notizia si diffonde, c'è un clima di contenuta soddisfazione: «£' una vittoria per gli operai*. Non c'è l'atmosfera d'un mese fa. quando era Impossibile strappare un commento, una battuta. Molti si fermano, discutono, scambiano pareri e giudizi: «La lettera della Fiat era troppo generica, non conteneva accuse precise: credo che la riassunzione dei licenziati sia la conseguenzapiù logica*. Un uòmo, nero di capelli, scuote la testa: •Ragazzi, forse l'accusa era generica, ma non nascondiamoci dietro un dito. Diciamo, tutti dobbiamo vivere, tutti abbiamo famiglia, ma non neghiamo l'evidenza. In fabbrica abbiamo paura, gli incidenti accadono*. Nel gruppo grava incertezza; si scontrano sentimenti di soddisfazione per la •sconfitta» del padrone e il timore che non si possa mettere un freno all'ondata di terrore che ha investito la città, ma anche l'ambiente di lavoro. Qualcuno cerca di portare equilibrio: •C'è spesso tensione — ammette —. Ma un vetro rotto, un calcio, uno sputo, uno spintone non si possono confondere con il terrorismo. Se io do un pugno non sono terrorista. O no?*. •No, non lo sei, ma tu non dai nemmeno i pugni. E non hai ricevuto a casa nessuna lettera*. •Hanno pescato nel mucchio*. • Non credo, secondo me non sono scelte fatte a caso*. Un uomo sui 50 anni, maglione bianco, gli occhi chiari, parla con pacatezza: «/ terroristi non trovano spazio in mezzo agli operai. Forse qualcuno si insinua fuori dei reparti ma se fossero dentro saremmo i primi a individuarli e a denunciarli. Con fatti precisi, con prove, non con giudizi generici*. Qualcuno obietta: .Possibile che la Fiat abbia mandato le lettere a caso? Evidentemente aveva in mano elementi seri: non si può cacciare uno sema prove*. •E' possibile, io ho pagato nel '69, sono stato licenziato perché dicevano che avevo sequestrato una persona. Non era vero. Il padrone ha interesse a seminare la paura, a terrorizzare gli operai "La Stampa" lo appoggia e lui fa quello che vuole*. Da alcune parti si sostiene questa tesi. Ma c'è anche chi sostiene l'esatto contrario: «Li hai letti i nomi? Li conosci anche tu? E allora non farmi dire quello che sai: in fabbrica non ci sono solo i santi*. Alza le spalle e si allontana: *Ho tre figli, non voglio trovarmi con un braccio rotto*. •Falli 'stt nomi — lo inseguono —. Di' chiaramente: ma ci sono leprove?*. •Ecco che ci scontriamo, come in fabbrica*. •Non è vivere da uomini, si fatica in modo inumano, non si può parlare, l'ambiente ti schiaccia, manca l'aria e qualche volta non sei più tu*. Incalza un suo compagno di lavoro: •Dipende dal trattamento che ricevi. I capi, per esempio: qualcuno è pronto a parlare, a sentirti, ad accogliere le tue richieste. Altri, invece, ti trattano a pesci in faccia, rifiutano il colloquio*. Cos'è cambiato dal 9 ottobre? •Niente*, rispondono alcuni subito. Altri, invece, ritengono che certi capi abbiano •rialzato la cresta*. Ma «non tutti, coloro che da sempre mancano di tatto e di particolare sensibilità*. Negli scioperi interni non c'è più la compattezza di un tempo. E' vero? «Si, molti falliscono. Anche l'altro giorno dovevamo fermarci per due ore, invece abbiamo continuato a lavorare quasi tutti. A baiamo famiglia, ci sono i figli da mandare a scuola: ogni fermata ci costa tanti sacrifici. Vogliamo sapere perché dobbiamo fermarci*. Il dibattito si anima su questo concetto: capire. «£' vero, vogliamo sapere, renderci conto. Tante volte si decide al di sopra della nostra testa. Alcuni si fermano e l'azienda ne manda a casa 4-5 mila alla volta. Siamo manovrati e non sappiamo da chi. Ecco perché qualche volta non scioperiamo*. La stessa incertezza riguardava quelle 61 lettere. Si ha la sensazione che gli operai abbia¬ no vissuto giorni difficili; qualcuno accenna a •momenti caldi*, a «scontri» e a .pericoli generici*, ma sistematicamente dissocia da questi fantasmi la figura dei 61, la loro azione sindacale, il loro comportamento. •Forse avranno "rotto", ma, senza qualcuno come loro, molti di noi non saprebbero far sentire la propria voce, far valere i propri diritti. Insomma, il piantagrane qualche volta ci vuole*. Si respira questo clima di soddisfazione incerta: .Qualche volta c'è un po' di cattiveria nei cortei, ma non si può accusare genericamente*. E' per questo che si approva l'operato del pretore, si accettano le tesi dei volantini che 11 pdup sta distribuendo ai cancelli. •Potessimo non avere più paura*. D! chi? .Mah, di tutto. Vogliamo vivere serenamente. Renato Romanelli

Persone citate: Ragazzi, Renato Romanelli