«Se quei compagni sono violenti nessuno si schiererà con loro»
«Se quei compagni sono violenti nessuno si schiererà con loro» «Se quei compagni sono violenti nessuno si schiererà con loro» Alle ore 14, davanti al cancello 2 di corso Tazzoli, due attivisti del pdup attendono l'uscita del primo turno della Carrozzeria carichi di volantini che annunciano: «La Fiat ha torto, il pretore ha imposto il rientro dei licenziati in fabbrica*. Accanto a loro Ines, operaia al montaggio della 131, già tra i 61 colpiti dal provvedimento ed ora nel gruppo che il pretore Converso ha reintegrato nel posto di lavoro. Appena udita la notizia alla tv è corsa davanti ai cancelli per incontrarsi con i compagni che adesso, uno alla volta, si avvicinano tendendo la mano: •Brava, complimenti*. 'Abbiamo vinto*, •Sono proprio contento*. Allora, Ines, una decisione scontata, almeno al primo round? •Non tanto scontata direi. Ci speravo, ma avevo anche dei dubbi. Fuori di qui una campagna di stampa ci ha presentati come dei mostri, e la gente non conosceva il nostro vero comportamento all'interno della fabbrica, né il nostro modo di applicare forme di lotta che comunque abbiamo imparato dai vecchi*. Quali reazioni credi che susciterà questa notizia all'interno? • Tra quelli che mi conoscono,' quelli del mio reparto, direi certamente soddisfazione. Tra gli altri non so, perché il guaio in una fabbrica cosi grande è che la maggior parte dei compagni di lavoro non sa neppure chi sei. Quindi può credere a tutto ciò che dicono sul tuo conto, anche che sei un terrorista*. Adesso torni al tuo posto. Pensi che sia finita? • Già, mercoledì posso tornare. E proprio al mio posto devono reintegrarmi, non in un altro. Ma non mi illudo che sia finita qui*. La Fiat dovrebbe, a questo punto, presentare le prove. Sei tranquilla? •Per le prove vado proprio sul sicuro, e se vogliono dimostrare anche soltanto la nostra "disaffezione" al lavoro sono in una botte di ferro: ero sempre presen te, mai un giorno di mutua*. In uno scambio di battute, tra l'amaro e l'arrabbiato, c'è la conferma di ampie spaccature nella fabbrica: «Sai — dicono a Ines — che parecchi al montaggio non si sono fermati durante lo sciopero in appoggio dei licenziati? Vedendo la catena che tirava anche il delegato incitava tutti quanti a lavorare. Sono questioni da chiarire subito*. Quasi nessuno si dimostra stupito per la decisione del pretore: •Perlomeno era molto probabile !— sostengono—viste le violazioni chiare al¬ lo Statuto dei lavoratori. Ma in questo Paese degli insabbiamenti non si può mai dire*. Ravviandosi i capelli ricci con un sorriso molto eloquente e carico di sottintesi, uno del gruppo aggiunge: «Se avessero affidato la decisione ad uno come Sossi i 61 erano fottuti, anche senza prove, e dopo toccava a me e a tanti altri. Se invece, pensavamo, assegnano il caso ad uno di Magistratura democratica, siamo a posto; se infine il giudice è comunista, le speranze si attenuano unpochino*. Ma adesso dovrebbero venir presentate le prove. «Afa Quali prove? Che nella Fiat ci sono i brigatisti? Se avessero quelle non si sarebbe atteso tanto, stai sicuro*. Nessuno parla di terrorismo, ma di violenze all'Interno della fabbrica. Qualcosa avrà pure in mano, l'azienda. «Afa, non lo so. Forse si riferiscono a qualche vetro rotto durante scioperi o cortei. Dicono che per provare queste violenze si porteranno testimonianze filmate e fotografie. Ma sono cose illegittime e prive di valore, perché contrarie allo Statuto dei lavoratori*. L'appuntamento del 16 novembre non presenta dunque altri rischi per 161? • Questo non si può dire*. Ore 22, cancelli di corso Tazzoli, all'uscita del secondo turno. S'è già sparsa la voce del nuovo, •licenziamento motivato» che da stamane 1 licenziati riceveranno; ma è difficile, a quest'ora di sera, stimolare nuovi commenti. L'incertezza e anche la curiosità sugli addebiti mossi ai 61 è al centro di ogni dialogo. «Chiaro — dice un vecchio operaio — che se la motivazione sarà di violenza, o di sabotaggio, non c'è difesa che tenga né tra noi né fuori*. Dalle uscite di corso Agnelli altri gruppi di operai escono veloci, diretti verso autobus e treni. Nessuno degli interpellati conosce personalmente qualcuno dei 61, molti si schermiscono: •Non so che dire, basta con questa storia, aspettiamo la fine e discuteremo*. Soltanto tre o quattro accettano un rapido botta e risposta: «Qui c'è molta indifferenza — ammette un giovane delle Presse — che deriva proprio dall'incertezza. Se la Fiat proverà, con motivazioni e testimonianze precise, che quei compagni sono violenti, picchiatori o autori di sabotaggi, nessuno si schiererà con loro, perché di violenza abbiamo la nausea*. Roberto Reale
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