Crisi di rigetto del capo

Crisi di rigetto del capo Dibattito sulla violenza in fabbrica Crisi di rigetto del capo Un operaio risponde al delegato Mirafìorì: «Non credi che le minacce siano una forma di rifiuto della vecchia gerarchia?» Il sindacato «tollerante» - «Non mi sono sentita sfruttata» Stemperata la passione nello sforzo del dialogo, si va approfondendo il dibattito sulla violenza in fabbrica, che era nato con uno spontaneo intreccio di lettere all'indomani dei 61 licenziamenti Fiat. Operai, capi intermedi e sindacalisti prendono in mano la penna e tentano di spiegare le rispettive posizioni. Dal confronto delle idee alcune opinioni potranno ivnire modificate, altre usciranno rafforzate. Ma è già positivo il riallacciarsi di rapporti che pareva7io deteriorati e. in qualche caso, irrimediabilmente compromessi, perché soltanto con il dialogo si può ricostruire la convivenza sul posto di lavoro e nella società. «Mi sia consentito di intervenire nel dibattito sulla realtà all'interno della fabbrica, rispondendo al delegato della Mirafiori Meccanica. Epifanio Guarcello. ..Caro Epifanio, io sono Graziano. Tu ed io abbiamo fatto il servizio militare assieme e anch'io, come te. sono alla Fiat dal '68. Ma non sono impegnato sindacalmente e in seguito vedremo perché. «In merito alla crisi di identità dei capi, tu la colleghi al fatto che i lavoratori non intendono più accettarli come struttura gerarchica. Questo potrebbe stare bene solo se non si sostituisse il capo con un'altra struttura gerarchica che ha acquisito prestigio e ))otenza in questi anni, tanto da poterla paragonare a quella dei capi negli anni '50-'60. ■ Mi riferisco ai delegati sindacali la cui designazione non e assolutamente democratica, in quanto vengono eletti per alzata di mano (talvolta senza la maggioranza presente degli addetti al reparto), e non a scrutinio segreto. Per cui chi vota è sottomesso a pesanti condizionamenti. In quanto al fatto che il solo modo per fare "carriera" tra i capi sia quello di dividere e punire i lavoratori, è concetto molto restrittivo, e questo è evidente agli occhi di tutti, perché le scelte tecniche nonché le tecnologie della Fiat si devono in gran parte a gente preparata tecnicamente. -E' molto facile criticare le scelte produttive di un'azienda, ma è ben altra cosa presentare delle soluzioni tecnologiche avanzate. Questo non lo fa certamente 11 sindacato, il quale denuncia i ritardi e gli errori della gestione aziendale, ma non partecipa assolutamente alle innovazioni tecnologiche proprio in virtù della linea politica che si è dato. «Il nodo da sciogliere è quindi questo: bisogna evitare che nel pensiero comune si instauri l'idea che il capo sia dalla parte del "padrone", e in ossequio al tanto sbandierato pluralismo lasciargli scegliere una propria posizione senza porgli l'ultimatum "o con noi o contro di noi". Nelle dichiarazioni di principio il sindacato considera il capo un lavoratore come gli altri, ma questo non si verifica nella realtà, dove anche operai e impiegati non iscritti al sindacato, solo I>erché dissentono dalla linea che questi si è dato (e non per qualunquismo, come si vuole molte volte fare credere), vivono una loro emarginazione. •Caro Epifanio, oggi si reclama l'intervento della magistratura quando si verificano certi episodi, ma ci si dimentica trop^ po in fretta che. fino a dieci anni fa. durante gli scioperi erano presenti polizia e carabinieri. Ora non ci sono più. perché si è detto che la loro presenza significava provocazione. Allora come si può pensare che tutto avvenga nella legalità, quando non c'è chi può verificarla? •Non è forse totalitarismo pretendere che i capi, dopo essere stati colpiti, vengano ad ingrossare le file del sindacato? •Inoltre non è mai stata resa chiara l'idea di questa "diversa organizzazione del lavoro", tanto decantala ma mai approfondita nelle forme e nei modi di applicarla. E' forse facendo il tecnico, senza preoccuparsi del migliore impiego delle risorse umane, che il capo acquista una sua identità? -Sugli avvertimenti, infine, e sulle minacce rivolte sia ai capi sia ai delegati, non ti sorge il minimo dubbio che non siano altro che una manifestazione di rigetto verso la "vecchia" e "nuova" gerarchia, teorizzata e applicata dai gruppi più intransigenti che nella fabbrica fanno la loro base di cultura? Riguardo alla "nuova filosofia del lavoro", credo poi che sarebbe bene sapere di che si tratta. La governabilità di un'azienda e la disciplina devono dipendere dalla coscienza civica dei lavoratori, che prima di tutto sono dei cittadini, e come tali devono adoperarsi per il quieto vivere civile-. P.S.: Vi prego di omettere la firma perché, anche se non sono un -capo., le opinioni espresse in questa lettera lo rendono necessario, e di questo mi rammarico. «In questi giorni sulla stampa quotidiana, intorno alla vicenda dei 61 licenziati (che. alla luce dei fatti, appare più che un'iniziativa Fiat un modello d'azione e segnale per tutto il padronato) si assiste, fra le altre, alla presa di posizione di dirigenti e capi intermedi. • Nelle loro testimonianze, espresse con lettere ed interviste, si possono cogliere gravi accuse al Sindacato, specie a quello di labbrica: di esser tollerante verso il terrorismo e non solo, di essere sotto sotto il principale responsabile della loro perdita di professionalità ali interno delle aziende. Questa strana ca¬ tegoria di persone, che vive profonde contraddizioni al suo interno, sembra quasi estranea ai processi di ristrutturazione che sta vivendo la fabbrica e l'industria più in generale. -La Fiat cerca di far accettare il suo modello per gli Anni 80 tutto incentrato sul primato dell'impresa e della produttività. I mezzi di cui intende servirsi stanno entrando in fabbrica, investendo officine e uffici. I nomi di tali mezzi iniziano ad entrare nella testa di operai ed impiegati: meccanizzazione, robotizzazione, controllo numerico, calcolatori, terminali, visualizzatori, plotterz di disegno, ecc. Tutti parte di un grosso piano di informatica che sembra, in prospettiva, significare qualificazione per pochi addetti, e per gli altri alienazione, dequalifìcazione e licenziamenti. • Che parte dovrebbero giocare le strutture della gerarchia aziendale nella Fiat degli Anni 80? Mentre dai dirigenti dovrebbe venire fuori l'elite per gestire l'era dell'informatica e del calcolatore (naturalmente con le maestranze rapporti umani zero), il discorso si fa più complesso per i capi intermedi. Si può affermare che la ristrutturazione li colpirà in maniera analoga ad operai ed impiegati: l'azienda pagherà il loro ruolo, la loro funzione, ma professionalità niente. «Per questa parte di lavoratori è credibile l'aggettivo "sfruttati", usato da Luciano Lama . Solo che loro non lo riconoscono, e piuttosto che aprire un dialogo con il Sindacato preferiscono sguazzare nell'ambiguità di un "coordinamento capi intermedi" che. patrocinato dalla stessa Fiat, non offre loro alcuna prospettiva di contrattazione, se non quella di qualche inonetizzazione per le prestazioni svolte. •Tale discorso è valido per la stragrande maggioranza dei capi intermedi (10% di iscritti alla Firn). Negli Anni 50 il padrone ha fatto svolgere loro il ruolo di aguzzini o (nella migliore delle ipotesi) di paternalistici controllori degli operai. Negli Anni 80 il loro destino sembra avviato ad essere quello di "porta ordini" della ristretta élite alla direzione della fabbrica".. Un delegato Fini Mirafiori * * • Ho sempre avuto una certa simpatia "come sindacalista" per il signor Lama, uomo colto, intelligente, pacato. Da lui desidererei sapere cosa intende quando dice: "Anche i capi sono dei lavoratori sfruttati". • Ho lavorato per molti anni in una società e non mi sono mai sentita sfruttata, neanche ci pensavo, perché io "davo" e loro "mi davano". Se per caso mi fossi sentita una sfruttata me ne sarei andata, nessuno me lo impediva. Le pare?..

Persone citate: Epifanio Guarcello, Lama, Luciano Lama