Incontro sindacato-Fiat: divergenze di Gian Carlo Fossi

Incontro sindacato-Fiat: divergenze (Segue dalla l'pagina) modalità e i criteri delle assunzioni, che come sono stati concepiti oggi non consentono più di potenziare l'andamento produttivo dell 'azienda ». Non era riuscito il tentativo di mantenere segreto il luogo dell'incontro, nonostante il rigoroso riserbo della Fiat e dei tre segretari generali. Dalle prime ore del mattino, gruppi di giornalisti si erano appostati dinanzi agli uffici di rappresentanza dell'azienda automobilistica in via Blssolati. davanti alla residenza romana di Agnelli e perfino nell'atrio di due alberghi del centro dove pure in passato, in occasioni diverse, c'erano stati dei colloqui riservati tra 1 massimi dirigenti della Fiat e i sindacati. Quando il vertice ha avuto Inizio. In via XXIV Maggio si erano raccolti più di trenta giornalisti di quotidiani e agenzie di stampa, oltre ad inviati del telegiornali e dei giornali radio. Nello studio di Agnelli erano presenti, con i tre dirigenti sindacali e il presidente della Fiat, l'amministratore delegato della Fiat-auto Vittorio Ghidella, il responsabile delle relazioni Industriali del gruppo Fiat Cesare Annibaldi e il direttore del personale della Fiatauto Carlo Callieri. E' stato Lama, a quanto si è appreso, ad avviare il discorso sui 61 licenziamenti. Il sindacato, ha ancora ribadito il leader della Cgil, non Intende coprire in nessun modo chi è colpevole e, per questo, contesta alla Fiat di aver seguito un metodo che non consente di rendersi conto di ciò che realmente c'è dietro i provvedimenti adottati dall'azienda; il sindacato, cioè, non chiede di vedere le prove (rimettendo ovviamente questo compito alla magistratura), ma che ai singoli lavoratori licenziati 'vengano mossi addebiti precisi e non •meramente generici». La discussione si è cosi sviluppata sul metodo e non sul merito delle misure aziendali. Camiti e Benvenuto si sono soffermati sulla inaccettabili tà del metodo, pur convenendo sulle gravi difficoltà di gestione riscontrate ormai da tempo negli stabilimenti torinesi e sulla necessità assoluta di combattere 11 terrorismo, ma anche qualsiasi forma di violenza e di sopraffazione. Alcune sfumature sembrano, peraltro, essere emerse nella posizione dei sindacati: accanto a chi si limita a dichiarare inaccettabile il metodo e a respingerlo, vi è chi ritiene che nell'attuale situazione possa essere stato seguito anche un metodo giusto, ma che avrebbe dovuto essere affrontato più a livello politico che non sul piano disciplinare, amministrativo e giuridico. La Fiat ha sostenuto, nel colloquio, la piena validità del metodo e la sua perfetta aderenza alle norme contrattuali e di legge. Un metodo, sembra sia stato sottolineato, che resta perfettamente nell'ambito di schemi garantisti: le contestazioni sono avvenute esattamente come il contratto prevede per casi del genere, le prove potranno essere valutate compiutamente nella fase del giudizio, il sindacato e i singoli interessati hanno il prescritto termine di tempo (otto giorni) per chiedere ulteriori elementi e l'azienda si è dichiarata a disposizione. La contestazione sul metodo è. quindi, ritenuta dalla Fiat assolutamente non giustificata e inaccettabile, mentre non vi è dubbio che l'esame del merito, nelle sedi competenti, darà una completa dimostrazione di quanto siano stati soppesati fatti, prove e testimonianze prima di concludere sulla assoluta necessità di procedere alle 61 sospensioni e, poi, ai licenziamenti. Le dichiarazioni dei tre segretari generali al termine dell'incontro sono state certamente dure, ma con un palese sottofondo di apprensione. Le reazioni si sono appuntate esclusivamente sul metodo, lasciando intendere l'esistenza di notevoli perplessità sugli aspetti più concreti. »Non è ammissibile — ha detto Benvenuto — che qualcuno possa farsi giustizia da sé. Non siamo nel Far West». Camiti: • Con il suo comportamento la Fiat rivela una sostanziale sfiducia nello Stato democratico. Se si accetta questo principio, siamo alla lotta di tutti contro tutti. Lo Stato non può delegare alle grandi imprese un suo diritto». Lama ha confermato che non si era fatta alcuna analisi dei singoli casi. •Non siamo venuti qui — ha precisato — per discutere nel merito, bensì del metodo». Proprio il segretario generale della Cgil è parso cauto e riflessivo, forse preoccupato per i contraccolpi politici e sindacali degli sviluppi di una vicenda nella quale il sindacato avverte di trovarsi in una posizione di equilibrio molto delicata ed estremamente esposta. Su questa linea (Carniti è, invece, parso il più intransigente) una considerazione significativa è stata fatta dal segretario generale aggiunto della Cgil, Agostino Marianetti. »Non si possono creare equivoci. Noi dalla Fiat — ha rilevato — vogliamo solo sapere se esistono lavoratori per i quali gli addebiti sono di ordine penale. In questo caso la Fiat deve assumersi la responsabilità di rivolgersi alla magistratura. L'atto meriterebbe rispetto. I morti e il sangue ci sono stati». Il risultato dell'Incontro è stato esaminato ieri sera in una riunione della segreteria unitaria fissata per valutare la relazione che il segretario confederale della Clsl Delplano farà domani al direttivo unitario sulla situazione politica, economica e sociale. Non si esclude che il direttivo possa pronunciarsi sulla vertenza dei licenziamenti «se dovesse permanere — ha osservato Lama — un atteggiamento di chiusura da parte della Fiat». Lama. Camiti e Benvenuto sono oggi a Torino per partecipare all'assemblea dei delegati convocata dalle segreterie della Federazione Cgil. Cisl. Uil e della Firn. Gian Carlo Fossi Incontro sindacato-Fiat: divergenze

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