Rispondono i 61 licenziati

Rispondono i 61 licenziati Rispondono i 61 licenziati «I capisquadra sono dei poveri diavoli, bastardi se vogliamo, serpi, spie, ma non contano nulla» - «Altro che 61, gli operai allontanati per assenteismo in questi ultimi tempi sono già oltre duemila» Le 21,30 di giovedì, sede di Lotta continua in corso S. Maurizio 27. Due salette disadorne, fredde, 150 militanti o simpatizzanti. Sono venuti a sentire alcuni dei 61 «licenziati». Primo a prendere la parola è Andrea, la raccomandata iat ancora in mano. «Sono uno dei 61. Come tutti loro, in fabbrica ho fatto politica. Siamo delegati o ex delegati. La' Fiat non ci ha scelti a caso, ci ha selezionati. Il suo disegno è preciso, vuole ridare un ruolo ai capi. L'attacco non si riduce ai licenziamenti, ma continua col blocco delle assunzioni, con la modifica della legge sul collocamento. E' il padro-' nato che vuol farsi Stato. Come reagire? Non certo con l'atteggiamento difensivo del, sindacato che ormai ha perso credibilità. «La Firn lo deve capire, non deve strumentalizzare la nostra vertenza per concedere altre cose alla Fiat. E ai delegati in fabbrica diciamo che non siamo disposti a delegare nessuno, le lotte ce le gestiamo noi senza attendere il loro consenso. Comunque, ora, dobbiamo pensare ai 61 licenziamenti; perdere questa battaglia significa perdere il controllo sulla fabbrica. «Queste le nostre proposte: 1) per respingere i licenziamenti, vogliamo utilizzare, anche se a denti stretti, il sindacato e le istituzioni che si rendono disponibili: 2) mantenere l'autonomia sulle decisioni del sindacato: 3) massimo controllo sulle trattative con la continua presenza dei licenziati; 4)sciopero generale nazionale con manifestazione a Torino; 5) blocco degli straordinari'. Un altro. «Compagni, io so-, no un licenziato per assenteismo, non faccio parte dei 61. Sono uno di quelli che durante i cortei ho picchiato i capi. Ma è ora di finirla con i licenziati buoni e cattivi, non ci sono licenziati di serie A e di serie B, lo vogliamo capire? «Io non sono un terrorista, bombe non ne ho messe, ho sputato in faccia ai capirepar- to. si. ma i capisquadra sono spie, sono terribili perché vogliono far passare tempi e ritmi insopportabili Ora piagnucolano perché non sono rispettati Ma quando mai lo sono stati? E cambino mestiere, se non vogliono fare i capisquadra. «La gente crede che siano vere le cose scritte sui giornali borghesi. Compagni, dobbiamo fare controinformazione, far capire che cos'è una fabbrica, in quali condizioni si è costretti a lavorare. Sapete cosa fa la Fiat quando non vuole assumere un compagno? Gli trova un soffio al cuore. Ma quale soffio al cuore... Il suo male è distribuire volantini. «Controinformare significa far capire che cos'è la Fiat, è quella degli Anni Cinquanta. Una volta c'era l'officina Stella Rossa, ora ti bollano come terrorista. Io sono sicuro di perdere la mia causa, non credo nei giudici. E non ho fiducia neppure nel sindacato che ha molte anime, può diventare una gabbia. Compagni, bisogna fare una "carta dei 61": Parla Enzo, uno dei 61. «Sapete cosa dicevano stamane i capi ad alcuni operai? Ora è toccato a loro, poi tocca a voi, state attenti. Ci hanno licenziato perché eravamo rompicoglioni. S'è fatto tanto casino per noi 61 ma quanti sanno die la Fiat ne ha licenziati 2 mila negli ultimi tempi per assenteismo? Licenziati uno alla volta. Il sindacato stia attento, non creda di servirsi dei 61 per concedere alla Fiat altre cose. In questo caso io non rientro in fabbrica. «Io, per 4 giorni ho fermato una pressa perii troppo rumore. Il caposquadra è andato dal delegato e gli ha detto "E' questa la collaborazione?...". C'erano 110-120 decibel alle presse, non è violenza questa? «La realtà è che siamo schiacciati da una parte dai terroristi dall'altra dalle istituzioni, sindacato, azienda, partiti della sinistra storica. I duemila comunisti licenziati negli anni duri avevano il partito a difenderli, noi non abbiamo nessuno. Il sindacato è una mediazione fra gli operai e la borghesia». Un altro dei 61. della Fiat Rivalta. «Lavoro da 4 anni, mai avuto un ammonimento. La Fiat ha scelto il momento opportuno per stangarci. Io posso aver sbagliato, ma nessuno mi ha detto che sbagliavo, per 4 anni mi hanno lasciato fare. Per poi incastrarmi Ma la mia concezione della fabbrica è diversa da quella della Fiat. Ecco perché dobbiamo fare un processo alla Fiat, un processo pubblico. Il sindacato è incapace di gestire i licenziamenti. Dice o state con noi o contro di noi. Ma io dico che non ci sto con un sindacato pieno di contraddizioni, sempre pronto alla mediazione. I capisquadra sono dei poveri diavoli, bastardi se vogliamo, ma non contano nulla... Tra poco scompariranno, sostituiti dai robot, dai computer. Il vero bersaglio è la multinazionale Fiat, o ci rendiamo conto di questo oppure ciarliamo a vuoto». Marco: «Annibaldi parla col linguaggio di un generale, del capo militare. Dobbiamo renderci conto della portata dell'attacco. Di fronte a un attacco di questo genere non possiamo lasciar perdere il sindacato. Mi spiego, compagni, il sindacato ha dei limiti, le contraddizioni le conosciamo ma se ci isoliamo è finita*. Un altro: -Macché sindacato, i 61 li dobbiamo difendere al di fuori del sindacato. In fabbrica dobbiamo rimettere in moto i collettivi. I capisquadra sono serpi e come tali vanno trattati. E poi dobbiamo batterci per il rifiuto del lavoro salariato. Loro ci uccidono col lavoro e noi dobbiamo obbedire a tutto?*. Enzo: «Io non so se si vuole giocare a fare i più duri. Io vengo da Salerno, mi sono beccato le mazzate dei fascisti per avere un posto, laggiù si pagano 700 mila lire per avere un posto in fabbrica e qui mi si dice di spaccare tutto... Compagno, vuoi togliere padroni, capi, capetti, sindacato? Ma che cosa vuoi fare? Vuoi prendere il mitra? Io non lo accetto. Io il capo lo combatto mettendogli contro gli operai». Guido J. Paglia

Persone citate: Annibaldi, Compagno

Luoghi citati: Rivalta, Salerno, Torino