«Ma in fabbrica non ci sono terroristi» reagiscono gli operai della Mirafiori

«Ma in fabbrica non ci sono terroristi» reagiscono gli operai della Mirafiori «Ma in fabbrica non ci sono terroristi» reagiscono gli operai della Mirafiori All'uscita dai cancelli, preoccupazione e timore. «Siamo confusi cerchiamo di capire» Mirafiori, il giorno dopo. Al cambio di turno, gli operai escono a folti gruppi. Il passo è svelto, quasi frettoloso. Fuori dei cancelli, la fiumana si sfrangia in cento rivoli verso i parcheggi e le fermate dei tram. Rapidi saluti, un cenno con la mano, il giornale piegato in tasca e via, a casa. Il traffico ha un improvviso sussulto. S'innervosisce in piazzale Caio Mario perché 1 semafori sono spenti. Colpi di clacson, brusche accelerazioni. Sui marciapiedi, rari capannelli di persone, parlottare fitto a mezza voce. Il cronista cerca di interpretare il clima, di raccogliere reazioni alle 61 lettere di sospensione arrivate 24 ore prima a Mirafiori, Rivalta e Chivasso. -Sono 63, altre due sono state consegnate questa mattina in carrozzeria-, interviene un operaio senza fare altri commenti. C'è incertezza. All'arrivo dell' « intruso» i discorsi per un momento cadono. -Non è giornata questa-, si lamenta tra sé e sé un ambulante che ha messo in mostra, dietro un camion, pere, mele e cachi lucidi come biglie. Nessuno si ferma, tutti danno un'occhiata rapida e si allontanano. Il taccuino resta vuoto a lungo. Passano 1 minuti. «Siamo confusi, cerchiamo di capire-, dice una giovane donna, stringendosi nella giacca, mentre cadono poche gocce di pioggia. Un'amica la tira per una manica, attraversano la strada e saltano sull'autobus. -Siamo preoccupati — aggiunge rapido un operaio —. Cosa devo dire? C'è stata un'assemblea, si è discusso. Non tutto è chiaro. La fabbrica, di questi tempi, non è un paradiso. Ma siamo sicuri che la colpa è dei licenziati ?-. Non è facile trovare interlO' cutori: -Io non parlo, lavoro e basta-. Qualcuno ha voglia di sfogarsi: -Abbiamo bisogno di stare tranquilli. C'è qualcosa che non va-, ma lascia cadere il discorso. Altri mostrano diffidenza: «La Stampa, eh? Non siete nostri amici, mancate di obiettività-. L'accusa è pesante, innesca un dibattito. Le voci si moltiplicano, incalzanti: -Perché non avete pubblicato per intero il testo delle lettere di licenziamento? La gente avrebbe capito che sono generiche, die non contengono dati concreti. L'azienda ha volu to colpire nel mucchio, facendo di tutta l'erba un fascio-. Il ghiaccio è rotto, il gruppo s'allarga, il discorso si amplia a dieci, venti persone. Salta fuori l'orgoglio operaio: «Tra noi non ci sono terroristi. Siamo stati noi i primi a schierarci contro la violenza, contro coloro che gettano discredito sui lavoratori-. Tornano i fantasmi degli attentati a Mirafiori, le notti di paura: -C'eravamo noi, in mezzo alle fiamme; abbiamo combattuto per spegnere l'incendio alla selleria per poter tornare a lavorare-. Il clima di intimidazione, le rappresaglie, gli agguati, i pestaggi. -Ci sono, ma fuori, non dentro la fabbrica. Se l'azienda ha prove, le tiri fuori. Non può lanciare accuse generiche. Prenda i veri responsabili degli attentati, non colpisca padri di famiglia, non scelga a caso-. Ma i capi reparto vivono in un clima di terrore. -E chi li tocca? Sono lavoratori come noi, si guadagnano il pane come noi. Dagli operai non devono temere niente: chi è quell'operaio che se la prende con chi ha i nostri stessi problemi?.. Una preoccupazione emer¬ ge sulle altre: -Perché la Fiat ha agito all Improvviso, sema informare la magistratura? Denunci, esibisca le prove: se individua un delinquente, saremo noi i primi a isolarlo-, sostiene una ragazza. Incalza un compagno di lavoro: -Non siamo burattini, siamo uomini responsabili, vogliamo sapere e capire. Non si può accettare tutto a scatola chiusa». Un altro, In fondo al gruppo: -Motivazioni, motivazioni. Bisogna spiegare, non si può cacciare uno perché è antipatico. Facciamo i cortei, spesso anche duri. Ma duro non significa che spacchiamo tutto, che bruciamo le auto, che picchiamo le persone. Significa che siamo tutti, compatti, dietro le nostre bandiere». In molti reparti ci sono state fermate per assemblee e scioperi. I delegati hanno riassunto la situazione. Molti lavoratori non hanno aderito allo sciopero. «Dateci una ragione meno generica», ha detto qualcuno. Altri hanno sostenuto: «La Fiat non può decidere ii licenziamento di 61 persone dall'oggi al domani: se lo ha fatto avrà le sue buone ragioni. Un provvedimento simile non si prende con leggerezza». « Vogliono farci paura» dice uno: «Ma io ho già paura. Di essere strumentalizzato, di restare sema lavoro». L'uomo si allontana. Il gruppo si scioglie. Un'ultima affermazione: ■GII operai non sono terroristi. Siamo l'unica difesa al terrorismo., La nostra classe ha pagato di persona, con Guido Rossa, ucciso a Genova». Renato Romanelli In mattinata lo sciopero è durato dalle 8,20 alle 11,20

Persone citate: Guido Rossa, Renato Romanelli

Luoghi citati: Chivasso, Genova, Rivalta