Trentamila della Fiat in un imponente corteo «La libertà di lavoro è diritto costituzionale» di Francesco Bullo

Trentamila della Fiat in un imponente corteo «La libertà di lavoro è diritto costituzionale» Dal Valentino a Porta Nuova, per via Roma fino alla sede della Prefettura, della Regione e del Comune Trentamila della Fiat in un imponente corteo «La libertà di lavoro è diritto costituzionale» La manifestazione al Nuovo, dove capi e quadri intermedi hanno espresso la loro volontà di ritornare in fabbrica, è stata seguita da una sfilata come Torino non aveva mai visto, che è andata via via ingrossandosi - La Firn convoca per stamane assemblee davanti alle «porte» e fa rinforzare i presidi La magistratura ordina alla polizia: «Garantire l'accesso agli stabilimenti» Quella di ieri è stata una manifestazione senza precedenti. Fin dalla prima mattina, migliaia di capi, impiegati, operai sono confluiti al Teatro Nuovo dove era convocata l'assemblea del «Coordinamento quadri*, paralizzando il traffico da via Sacchi a corso Massimo d'Azeglio, dalle Moline tte a corso Vittorio. In un attimo, la sala si riempie, mentre continuano a giungere lavoratori dagli stabilimenti di Miraiiori, Rivaita, Lingotto, Teksld, Lancia mescolati a delegazioni della OM di Milano, di Firenze, di Vado Ligure. Una marea che cresce di minuto in minuto. Alle 9,30 i microfoni esterni diffondono l'intervento di Luigi Arisio responsabile del Coordinamento a nome «di una categoria di solito restia ad esprimersi, allergica alla piazza, ai suoi clamori, ai reboanti slogatisi. Al caloroso battimani in sala fa eco l'applauso di oltre 15 mila persone che assiepano il piazzale antistante, i controviali, il centro di corso Massimo d'Azeglio. A tutti il servizio d'ordine (li si distingue dal bracciale verde con la sigla Cqif — Coordinamento quadri intermedi Fiat) distribuisce un volantino «Scioperi, picchetti, violenza: la grande maggioranza dei lavoratori Fiat non è d'accordo. I quadri intermedi si fanno interpreti della volontà di operai, impiegati e dirigenti che pretendono libertà di lavoro: Anche un gruppo di sindacalisti diffonde un «appello» di capi solidali con la Firn. Il documento tra l'altro afferma: «Sarebbe grave se questa riunione venisse usata unicamente per promuovere iniziative destinate a determinare scontri tra i lavoratori'. L'assemblea dura poco più di un'ora. Arisio sottolinea che mai i quadri intermedi hanno delegato ai sindacati confederali alcun genere di rappresentanza e che perciò, oggi, non possono essere chiamati a condividere posizioni decise unilateralmente. .In questa battaglia di parole siamo diventati da aggrediti, aggressori, da vittime, persecutori. Oggi siamo qui perché vogliamo dire che mentre noi, continuamente colpevolizzati dal sindacato, siamo stati capaci di adeguarci al mutare delle relazioni di fabbrica, questi, dal '69 ad oggi ha sempre più aumentato il proprio potere rimanendo insensibile ai ripetuti segnali che gli venivano sia dalla sua parte migliore, sia dal sempre più traballante sistema economico. Avete usato male questo potere, giocando sempre più pericolosamente a paralizzare l'azienda*. Lamenta poi che a una cassa integrazione che garantisce oltre il 90 per cento del salario, si preferisca «un lungo dissanguante braccio di ferro che, sotto gli occhi soddisfatti dell'agguerrita concorrenza internazionale, brucia un patrimonio ben difficilmente ricostruibile-. .A meno che — aggiunge — ci si illuda di sostituire questo patrimonio con le scocche e la produttività importata dal Giappone, a spese dei contribuenti. Se il sindacato vuole garanzie sociali, ed è giusto che le pretenda, non ha che da riconoscere l'istituto della mobilità da lui sottoscritto nel contratto'. Ribadendo che i «capi» non vogliono provocare nessuno, conclude dicendo che da oggi saranno verificate le «aperture della Firn, anche se dell'ultima ora, nei nostri confronti* e l'atteggiamento delle autorità. «Ci aspettiamo che proprio per favorire la conclusione delle trattative, da troppo tempo ridotte a uno squallido minuetto a Roma, e a tristi carnevalate a Torino, vi sia un segnale concreto di comportamento diverso da parte di chi dice di rappresentare le forze del progresso civile e sociale nel nostro paese*. Scrosciano gli applausi. Altri fragorosi battimani all'esterno. Va al microfono Marchisio dell'Unionquadri: «Vi chiamo colleghi perché tra di noi c'è un legame professionale e morale. Non è corporativismo difenderci da arbitrio, prevaricazione, sopraffazione coperte da connivenze che sono la vergogna dello Stato*. Una polemica che investe, oltre al sindacato, politici e amministratori locali, e raccoglie l'adesione di chi si sente «tradito». A fare le spese di questo clima è il vicesindaco Enzo Biffi Gentili accolto da una bordata di fischi. Prima di lui, altri si erano espressi in favore della ripresa del lavoro, contro il blocco della produzione e i picchetti, per un recupero .dell'attaccamento professionale che dieci anni di conflittualità operaia hanno distrutto*. Quando Biffi Gentili sale sul palco e incomincia:- .Rappresento questa città...*, dal pubblico uno gli grida: .E'brutta*.. Lo so, ma la nostra presenza qui (c'era anche l'assessore al lavoro Dolino) sta a significare che consideriamo quest'assemblea legittima*.' Tra le contestazioni sempre più vivaci il vicesindaco cerca di continuare, spiegando che la .causa della crisi non è solo la conflittualità operaia o l'atteggiamento sindacale. Possibile che tutta la colpa sia dei lavoratori? Esiste anche un problema di direzione Viene nuovamente interrotto. • La colpa è anche vostra — gli gridano — di a Novelli di far aprirei cancelli*. Riprende ammettendo che c'è il problema delle forme di lotta, del picchettaggio: .In Russia non c'è, lo dico da socialista, ma in America sono più duri...*. Non riesce ad andare oltre: tutti in piedi lo fischiano. Sotto il palco l'assessore Dolino protesta: .Sono fascisti non ci lasciano parlare*. Un'unica voce contraria alla linea del coordinamento capi (un impiegato tecnico) si perde nella confusione, mentre la gente sfolla e va a ingrossare il corteo che si sta formando. Una marea compatta, silenziosa, che si snoda pei- alcuni chilometri. Ai margini, un gruppetto getta monetine urlando: .Venduti*. Nessuno raccoglie la provocazione, la fiumana raggiunge corso Marconi, svolta in via Nizza, passa davanti a Porta Nuova. In un angolo un delegato della 5" Lega impugna un manifesto: «No ai licenziamenti*. Il corteo, sempre in silenzio, imbocca via Roma. Sfilano i cartelli che indicano gli stabilimenti di provenienza, gli striscioni «iVoueHi, Novelli, fai aprire i cancelli*, .Non vogliamo lo scontro frontale, ma chiediamo di lavorare., .Sì alla trattativa, no alla morte della Fiat*. Un cordone di dieci lavoratori sostiene un lungo striscione con 11 tricolore. In testa al corteo, un'auto con megafono legge più volte il testo del documento che sarà consegnato al prefetto, in Regione e in Comune. Si chiede che «un patrimonio come quello Fiat non venga disperso per volontà di una minoranza prevaricatrice che blocca da quasi un mese ogni attività di lavoro* e si sollecita che il .diritto al lavoro venga garantito almeno quanto quello allo sciopero, con libertà di ciascuno di esprimere la propria opinione*. I «capi» sollecitano misure per evitare «te violenze di fronte agli ingressi degli stabilimenti ad opera di gruppi estranei agli interessi veri dei lavoratori* e chiedono che le espressioni di solidarietà «non si limitino a demagogiche elargizioni di denaro pubblico, ma si concretino in una opera di mediazione che non si riduca a fare proprie le tesi di una sola par te-. Sotto il monumento ai Dioscuri, all'ingresso di piazza reale, una trentina di operai, guidati da Caforlo (uno dei 61 licenziati), regge un cartello: «IVo ai licenziamenti, questo è il vero diritto al lavoro*. Quando il corteo sfila, gridano: .Siete pagati per protestare*, .Abbiamo diritto di scioperare, invece Agnelli ci vuole licenziare*. I manifestanti non reagiscono. Molte persone osservano ai lati della strada, altre si uniscono al corteo. La città segue la manifestazione con interesse, i negozi tengono le saracinesche alzate. Qualcuno accenna a tiepidi applausi. Via Pietro Micca, via Milano. La fiumana si attesta davanti a Palazzo civico. Al monumento del Conte Verde vengono appoggiati altri cartelli .Referendum, referendum, referendum*, .No al sindacato padrone*. Solo una piccola parte dei manifestanti trova posto in piazza. Davanti al portone del munici¬ pio, subito chiuso, si schiera un gruppo di lavoratori con i sindacalisti. Salutano a pugno chiuso la folla, gridano .buffoni, venduti*, volano altre monetine. E ancora: .Da Torino al Meridione un solo grido, occupazione*. I manifestanti rispondono: .Andate a lavorare che è meglio*, e chiamano a gran voce Novelli (il sindaco era a Roma con il presidente Enrietti). Sono momenti di tensione. Interviene l'assessore Dolino a calmare gli animi più accesi mentre lo speaker invita alla calma e a non «accettare provocazioni». Sono le 12,30: dopo un incontro in Comune l'assemblea si scioglie senza incidenti. Nel pomeriggio, alla consueta conferenza stampa il giudizio dei delegati è cauto; pochi sottovalutano la portata della manifestazione che ha visto schierati •capi», operai, tecnici, impiegati dietro una parola d'ordine: -Il lavoro oggi si.difende lavorando*. Solo in serata Cgil, Clsl, Uil, Firn provinciale e regionale hanno definito «molto pericolosa la manifestazione in quanto lacera all'interno della fabbrica i rapporti di lavoro*. .La vera responsabilità dell'esasperazione dell'attuale situazione è della Fiat che non ha accolto la proposta mediatrice del ministro Foschi. Premere sulla rottura tra i lavoratori in officina, uffici, reparti, è avventurismo. Nessuna azienda può recuperare e risolvere i propri problemi senza il consenso di tutti i lavoratori*. Sempre in serata si è avuta notizia (ne riferiamo in prima pagina) che la Procura della Repubblica ha ordinato alla polizia giudiziaria di .garantire l'accesso in fabbrica a quanti stamane si presenteranno ai cancelli*. Pronta la replica del sindacato che accusa il giudice di .inopportunità* perché interviene «in un conflitto aperto per la composizione del quale sono in corso trattative* e di fatto solle¬ cita .l'intervento della forza pubblica sui presidi operai*. .La Procura — dice la nota — ha sfoderato una solerzia sospetta, non priva di vizi formali che contrasta con il suo normale comportamento* ad esempio nel casi d'infortunio mortale sul lavoro quando .la registrazione avviene mediamente con oltre un mese di ritardo, e l'apertura del procedimento a distanza di anni*. Polizia e carabinieri, in ogni modo, si troveranno stamane di fronte a «picchetti rinforzati», il sindacato ha convocato inoltre assemblee straordinarie, all'inizio di ogni turno, dei lavoratori Fiat. Anche il coordinamento capi ha confermato per oggi e i prossimi giorni .la civile presenza di fronte agli stabilimenti, nella serena coscienza della validità per tutti del nostro diritto di lavorare*. Francesco Bullo