Un «capo» e un sindacalista raccontano le due verità sulla violenza alla Fiat di Francesco Bullo

Un «capo» e un sindacalista raccontano le due verità sulla violenza alla Fiat Ottava udienza del processo in pretura per i 60 licenziamenti Un «capo» e un sindacalista raccontano le due verità sulla violenza alla Fiat Il primo ha rifatto la storia di due anni di minacce subite e provocazioni - Il secondo ha detto: «A parte un paio di ferimenti alle gambe, la fabbrica è stata sempre governabile» L'ottava udienza del processo Fiat ha ricalcato il binario consueto, senza colpi di scena, con domande e risposte scontate che saranno opportunamente valutate dal pretore Denaro. Mentre nell'aula del «61» il dibattimento seguiva 11 suo corso, gli avvocati della Firn che difendono 50 del 60 licenziati, hanno presentato il primo «ricorso Individuale». Altri dovrebbero essere depositati nei prossimi giorni. Alle 9, subito dopo l'arrivo del giudice, gli avvocati della Fiat Bonamico e Borsotti hanno presentato una memoria nella quale, dopo aver riferito i fatti del 19 dicembre (il divieto ad estranei, poliziotti e magistrati di entrare in fabbrica per un'assemblea sul terrorismo), spiegano le ragioni di questa scelta. Avv. Ventura (Firn): «Prendiamo atto del documento e ci riserviamo di valutarlo in sede di discussione. Resta il fatto che ci troviamo di fronte a un episodio di estrema gravità politica. La Fiat è tutt'altro che impegnata nella lotta al terrorismo e teme di perdere qualche briciola di potere in fabbrica». Segue uno scambio di battute fra 1 legali, concluso dall'avv. Scognamiglio (Fiat): » Ventura parla a un giudice o ci fa un comizio? L'episodio è comunque estraneo alla causa». Viene quindi chiamato a testimoniare un responsabile della V lega Firn (quella che ha giurisdizione sugli stabilimenti di Mirafiori). Pretore: «Lo stabilimento era ingovernabile: ha notizia di episodi di violenza, di autoriduzione della produzione, di minacce ai capi, di rifiuto della gerarchia?». Le risposte si susseguono con monotonia: »Non mi risulta, non so, non credo». Ma violenze ce ne sono state? Intimidazione ai capi? «Non mi risulta — ha risposto 11 sindacalista — le uniche notizie erano quelle anche un po' fantasiose che si leggevano sui giornali». Sembra quasi che i blocchi stradali, l'aggressione con incendio della sede Fiat in via Berthollet. le dichiarazioni del capi intermedi fatte in una conferenza stampa, le «confessioni» in privato («non mi metta il nome — dicevano — se no non parlo») siano 11 frutto d'invenzioni, spunti per «pezzi di colore». Pretore: «Afa i capi erano o no intimiditi, avevano paura?». Teste: -No, due o tre hanno subito attentali, ma non era un clima generalizzato». Pretore: .Qualiattentati?'. Teste: «Che mi ricordi, a uno hanno sparato alle gambe, e a un altro anche». Pretore: 'Allora tenevano nel terrore di rappresaglie». Teste: «Certi capi si sentivano esposti, temevano il terrorismo esterno, fuori della fabbrica. Non all'interno, tant'è vero che anche durante la fase contrattuale ci furono licenziamenti per assenteismo o per ragioni ideologiche». A precisa domanda conferma che 1 rapporti azienda-sindacato non si sono mai interrotti. Fabbrica «governabile», dunque, dove i capi potevano tranquillamente comunicare anche 1 «licenziamenti morali». Cita un esempio: .Alla Meccanica Mirafiori la direzione personale convocò alcuni delegati e fece veder loro la lettera di licenziamento già firmata. Non ve la diamo, dissero, per ragioni di opportunità, ma ritenetevi moralmente licenziati». Oli avvocati della Fiat incalzano il testimone con una sfilza di domande e gli presentano alcuni documenti. «Li riconosce?», dice l'avv. Fabbrlni. Su uno ci sono 1 nomi di capi «indesiderati». Il teste è in difficoltà, si contraddice. Lo salva l'avvocato Scalvinl (Firn) che ancora una volta, con poche battute, capovolge la situazione. Il problema viene accantonato, ma non è escluso che se ne torni a parlare nelle prossime udienze anche con un confronto diretto tra sindacalisti, responsabili della- zienda e rappresentanti dell'Unione Industriale. Un breve intervallo per cambiare il nastro della macchina per scrivere con sorrisi e allusioni ai «larghi mezzi di cui dispone la giustizia». Poi l'udienza riprende. Il pretore accoglie la richiesta dell'avv. Ventura (Firn) e ordina alla Fiat di esibire 1 dati, mese per mese e stabilimento per stabilimento, sulla produttività negli ultimi due anni impegnandosi a ricercare 1 «rapportini» della questura su due gravi episodi di violenza denunciati dall'azienda. Si presenta quindi a deporre il capo del personale di Rivalta Carrozzeria (13 mila dipendenti. 10 licenziati uno dei quali è la donna che ha rinunciato a far causa avendo trovato un altro lavoro). L'Immagine di vita in fabbrica che ne emerge è l'esatto opposto di quella tratteggiata dal sindacalista. Capi minacciati, ingovernabilità crescente negli ultimi due anni, lettere anonime, tazebao e volantini Intimidatori. Racconta fatti ed episodi, documentandoli con fotocopie di documenti. Si ferma su due casi. Il primo: •Nel periodo giugno-luglio di quest'anno una squadra non raggiungeva l livelli previsti di produzione. Agli Interessati fu inviata una lettera di diffida. Poco dopo venne affisso in stabilimento un manifesto che Invitava l dipendenti a segnalare nome e cognome dei capi che si "distinguevano" nella repressione. Era firmato "collettivo operalo Fiat Rivalta"». Il secondo: »Il 6 giugno 79 un caposquadra rimprovera un operaio per scarso rendimento, costui reagisce tentando di assalirlo. Il capo avverte la direzione citando testimoni presenti all'episodio. Due giorni dopo, quando Il fatto viene contestato al lavoratore, un gruppo del reparto scende In sciopero, alcuni circondano Il capo e lo "processano". Costui viene dame e ritira le sue accuse dicendo che anche quelli che avevano assistito non ne sapevano né volevano saperne nulla». , Francesco Bullo

Persone citate: Borsotti, Scognamiglio, Ventura

Luoghi citati: Rivalta