Silicosi 7 medici a giudizio

Silicosi, 7 medici a giudizio Conclusa l'istruttoria del giudice Franciolini per le indennità «facili» Silicosi, 7 medici a giudizio Sono stati accusati di falso e truffa AOSTA. Sette medici rinviati a giudizio per falso in atto pubblico e truffa ai danni dell'Inail. E' la conclusione dell'istruttoria del giudice Gianni Franciolini sulle indennità «facili» per la silicosi. «E' possibile che non vengano processati per truffa spiega il magistrato -. Il reato dovrebbe rientrare nell'ultima amnistia». L'indagine si è svolta su un campione di 23 persone visitate negli ultimi venticinque anni in Valle. A tutti, Giuseppe Andronico, Guglielmo Pierantoni, Sergio Mancini, Piera Perona, Giuseppe Montesano, Epifanio Cusumano e Gustavo Cerrato avevano certificato silicosi: i periti incaricati dall'accusa hanno accertato che in 21 casi la malattia era inesistente, negli altri due era stata sovrastimata. La perizia della difesa non smentisce i risultati degli esperti chiamati dal giudice: «Concordo con le loro procedure e deduzioni» scrive il professor Pier Luigi Baima Bollone di Torino. La tesi della difesa è quella dell'involontarietà dell'errore: difficoltà di lettura delle lastre radiologiche, cartelle cliniche che hanno soltanto l'ultima visita e quindi non consentono di individuare con certezza l'evolversi della malattia, avrebbero potuto determinare un'errata interpretazione dei sintomi del paziente. «Il nostro cliente non può essere ritenuto colpevole di falso in atto pubblico - spiega l'avvocato Sergio Badellino, difensore di Pierantoni -. Le sue diagnosi sono l'interpretazione di un quadro clinico. L'errore è sempre possibile: ma chi lo accerta? Respingiamo l'ipotesi del falso. Ma se anche fosse, lo sarebbe "in certificato", non "in atto pubblico"». La differenza è sottile, ma importante. «Con il certificato, il medico esprime soltanto la conclusione di un ac¬ certamento, non lo svolgimento dell'attività di controllo. Quindi non sarebbe più un atto pubblico, come ipotizzato dall'accusa» spiega ancora Badellino. Lo scandalo è nato nell'84 da un processo civile. Un operaio «Cogne», che aveva l'indennità per silicosi, ha aperto una causa con l'Inail per ottenere un rimborso. I giudici hanno richiesto una perizia sulle sue condizioni fisiche al professor Baima Bollone. L'uomo è risultato sano, nessuna traccia di silicosi né di gravi malattie ai polmoni, al massimo un raffreddore. Il fascicolo è stato trasmesso alla procura della Repubblica per le indagini sulla certificazione medica «sospetta». Dal procuratore il caso è stato passato al giudice istruttore Gianni Franciolini che ha subito aperto un'inchiesta. Venuta a conoscenza del caso, la Corte dei Conti ha chiesto informazioni al giudice istruttore, che ha spedito copia di quanto raccolto fino a quel momento. Nel frattempo, anche l'Inail ha cominciato le indagini per accertare eventuali irregolarità amministrative. Alcuni funzionari sono partiti dall'ispettorato centrale di Roma: su un totale di quasi 9 mila pratiche, ne hanno scelte 52 (40 di silicosi, 10 di malattie polmonari, due di altre malattie). Neil'86 i risultati: trenta casi «dubbi» di silicosi su 40, 6 su dieci di malattie ai polmoni. Risultati analoghi sono stati ottenuti dalle perizie chieste dal giudice istruttore su 11 casi scelti «a campione». «La perizia su questi malati è stata impugnata dalla difesa - spiega il magistrato -. Così ne ho richiesta una seconda». Questa volta i casi erano 12, che sommati a quelli precedenti portano a un totale di 23. Ma ventun pazienti sono risultati invece sani. [r. s.] Silicosi «facili». A sinistra il giudice istruttore Gianni Franciolini e qui sopra la sede dell'Inail di Aosta