Skf, nuova offensiva nella terra delle Tigri
Skf, nuova offensiva nella terra delle Tigri CARLSSON: ITALIA CENTRALE PER IL NOSTRO SVILUPPO Skf, nuova offensiva nella terra delle Tigri Marco Zatterin inviato a GOTEBORG Skf rilancia la scommessa asiatica e rinnova la sfida che a metà del Settecento fece ricchi gli armatori di Goteborg e la loro Compagnia delle Indie Orientali. «Se il mercato ci aiuta, avremo presto una crescita a due cifre» promette Sune Carlsson, numero imo del gruppo svedese, leader nel settore dei cuscinetti a sfera con un fatturato da circa 5 miliardi di euro. La sua strategia si propone come modello di globalizzazione dal volto umano in cui l'offerta insegue la domanda, la produziófleè calibrata per servire direttamente l'area di vendita, il management è in genere scelto sul posto. La filosofia è dichiaratamente anticichca è l'efficacia è confermata dai conti del primo trimestre: minore crescita in Europa e Usa, ma sostanzioso rialzo dalle parti delle Tigri. «Tutti gli imprenditori sanno che gli affari vanno un po' su e un po' giù - spiega il manager -: l'abilità sta nel trovare il modo per guadagnare in tempi di crisi. Noi, sinora, ci siamo riusciti». Il simbolo delle «nuove direzioni» che ispirano il modello di sviluppo Skf è la copia del «Goteboi^» - veliero della vecchia Compagnia delle Indie attualmente in fase m ricostruzione nei quartieri del porto. Il gruppo svedese partecipa all'impresa come sponsor e la tabella di marcia prevede che il mercantile riprenda la rotta per la Cina nel 2004. A quel punto assicura Giuseppe Donato, presidente della Riv-Skf Spa - l'economia asiatica dovrebbe essere a cavallo di una ripresa che «già adesso c'è ed è forte». «Fra vent'anni il Far Fast varrà tre volte gli Stati Uniti», stima il manager italiano. La popolazione è giovane, la domanda di consumi deve ancora esprimersi in pieno. «Il cambiamento sarà straordinario» insiste Donato, pronto a ricordare che oggi il Sud-Est asiatico sforna 1' 1 l0Xo del fatturato Skf (5 mila i dipendenti sui 38 mila totali), che laggiù gli impianti lavorano al limite della capacità e che, dunque, le prospettive di reddito appaiono più che interessanti. L'ingresso a tutto tondo sul mercato cinese viene ritenuto cruciale: gli stabilimenti sono quattro e un quinto è in costruzione a Shanghai. Ribilanciamento territoriale in vista? Neanche per sogno, ribatte Carlsson, soprattutto se si parla di Italia, terzo mercato in termini di vendite e 150Zo del fatturato, punto di riferimento per la sperimentazione tecnologica della multinazionale. Ad Airasca si fanno «i cuscinetti a sfera più precisi del mondo» giura il numero Uno della Skf. Certo 'Italia «ha bisogno di maggiore flessibilità del mercato del lavoro per essere veramente competitiva», ma già così «offre capacità e talenti (in particolare dal punto di vista ingegneristico) straordinari». Oltretutto, in Piemonte avanza il jrogetto «Auto del futuro», la «drive )y wire», vettura «filoguidata» in cui sterzo, freni, cambio e frizione rispondono ad un controllo elettromeccanico anziché a leve e pedali. «Fra dieci anni queste tecnologie saranno di uso corrente» calcola Filippo Zingariello, direttore dell'unità che sta sviluppando queste nuove tecnologie. E la crisi dell'auto? «Nessun problema», garantisce Donato. «La produzione ad Airasca è aumentata, abbiamo preso nuove quote di mercato: la nastra tecnologia si va imponendo». L'effetto della cattiva congiuntura mondiale trapela anche dai conti della Skf. Nei primi tre mesi le vendite sono calate del 2,20Zo (a circa 1,1 miliardi di euro), l'utile netto è sceso del 607o (57 milioni di euro). Flettono il settore industriale e quello dei servizi, crescono l'Automotive, l'Elettrico e l'Aviazione. La strategia anticiclica consente tuttavia a Carlsson di sottolineare la stabilità dei risultati e prevedere un 2002 in linea col precedente: «Ci aspettiamo ancora una domanda debole nel secondo trimestre; in Asia continuerà la crescita; in America vediamo più segna- li di ripresa». «Dopo dodici mesi, l'industria elettronica ricomincia finalmente a marciare» rileva Mario Nepote, responsabile Skf per le Tecnologie di precisione. Peccato che lo stato di salute dell'Europa non conforti, tanto che Donato ipotizza un Vecchio Continente tagliato fuori dalla partita dell'economia globale. Gli altri corrono, dice, noi siamo «troppo occupati a parlare di quote latte e art. 18». La cauta fiducia di Carlsson scaturisce da quello che a tutti gli effetti è il doppio teorema della Skf: «Per vivere bene bisogna avere intorno a sé almeno 150 cuscinetti a sfera; se non sono buoni e si rompono, si vive male». Constatato che in molti paesi del globo si è lontani dalla soglia dei 150 buoni cuscinetti, ecco confermato l'auspicio di continuare a guadagnare. Gli svedesi andranno verso Est, in Europa e in Oriente. Il resto sarà rafforzato. «Bisogna essere rapidi - teorizza il presidente del gruppo svedese -, si deve fare un discorso di qualità e non di prezzo». Innovazione nella tradizione del buon prodotto, recita, così tutto diventa meno difficile. Vale per le imprese e no. Carlsson pensa anche alla sua Svezia, fuori per scelta dall'euroclub. «E' stato un errore - confessa - l'ho detto ancora nei giorni scorsi al primo ministro». E lui? «Ha annuito». Sune Carlsson, numero uno di Skf
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