È morto Moranino di Alberto Papuzzi

È morto Moranino Aveva 51 anni, era da mesi sofferente di cuore È morto Moranino La fine a Grugliasco, presso Torino - Partigiano col nome di Gemisto aveva comandato una divisione garibaldina ed era stato ferito in combattimento - Dopo la guerra fu condannato in assise per aver fatto uccidere cinque partigiani di altre formazioni e le mogli di due di loro - Più tardi fu graziato ed eletto senatore per il partito comunista Il senatore comunista Francesco Moranino è morto ieri notte alle 1,30 nella sua casa di viale Gramsci 46 a Grugliasco, presso Torino. Era nato a Tollegno, nel Biellese, il 2 febbraio del 1920. Soffriva da tempo di un vizio cardiaco e un mese fa era stato colpito da infarto a Roma. Da circa una settimana si trovava a Grugliasco in convalescenza. Ieri notte, verso i'una, ha chiamato là figlia Katia chiedendole di avvertire il medico. Poco dopo è deceduto, per attacco cardiaco. Ex partigiani e personalità politiche ieri hanno reso omaggio alla salma. Alle 8,30 di stamane il feretro sarà portato a Vercelli, nella cui circoscrizione Moranino era stato eletto. Presso la federazione del pei sarà allestita una camera ardente. I funerali si svolgeranno alle 14. Alle 10 di domani mattina, la salma sarà tumulata nel cimitero di Tollegno. Il sen. Moranino si era sposato nel 1947, nella parrocchia di Sostegno, vicino a Vercelli, con Franca ZanazioVinay, figlia di un industriale di Crevalcore. Il matrimonio era stato annullato dal tribunale ecclesiastico nel 1965 per « vizio di consenso ». i La vicenda pubblica di Fran cesco Moranino fa capo a due teSta noriloraapvipsilutiCdnnillecstasitodcaFcesrbtcdrèpdate: 22 aprile 1956, condanna j11all'ergastolo per omicidio di sette persone; 27 aprile 1965, decreto di grazia di Saragat nel ventennale della Liberazione. Due avvenimenti in cui si riassunse e si fissò un lungo travaglio della storia politica del nostro paese, mettendo a prova la nuova coscienza civile degli italiani. C'è anche una storia privata di Francesco Moranino, la cui trama si è però sfilacciata negli ingranaggi degli atti giudiziari o delle polemiche tra partiti Una cosa sola si può dire con qualche certezza: come spesso può accadere, l'uomo Moranino aveva una statura decisamente inferiore al personaggio Moranino. I fatti cioè furono più grandi di lui Era nato, in una famiglia di operai, era cresciuto nell'ambiente operaio, a vent'anni faceva già antifascismo militante. Con alcuni compagni, organizza attività comuniste nel Biellese. Nel 1941 è arrestato; il tribunale speciale lo condanna a dodici anni di carcere. Ma esce il 25 luglio del '43 torna nel Biellese e con l'8 settembre '43 si dà alla macchia e alla lotta clandestina. Non è il coraggio che gli manca. Ma a rileggere gli aweni menti della sua vita, si ha l'impressione soprattutto di un carattere impulsivo, portato spesso all'azione per l'azione « Gemisto » è il suo nome di battaglia, quando diventa comandante partigiano nella Valsessera. Ai suoi ordini ha la cinquantesima brigata « Nedo », divenuta poi la 12 divisione « Garibaldi ». L'8 maggio del '44 cade in un'imboscata con i suoi uomini: ferito alle gambe, in sette punti, si trascinò fino a un casolare e chiese aiuto a un contadino. Questi lo cacciò sputandogli addosso. Pare accertato che considerò il fatto un caso personale e non voi le vendicarsi: « Le vendette personali sono un delitto », avrebbe detto. Eppure è certo che fu lui, Francesco Moranino, a fax uccidere a colpi di mitra cinque partigiani, che dovevano espatriare (Emanuele Strasserra, Giovanni Sermone, Mario Francesconi, Gennaro Santucci, Ezio Campasso), la sera del 26 novembre 1944 a Castagnea di Portula; e che fu lui a ordinare la fucilazione di Maria Martinelli, moglie del Francesconi, e di Maria Dau, moglie del Santucci, due mesi più tardi, a Flecchia di Pray. Erano innocenti, gli uomini e le don ne. Lo confermano tre sentenze (corte d'assise, corte d'assise d'appello, corte dì cassazione) che condannarono Moranino all'ergastolo, ridotto a 10 anni con i condoni. Lo conferma anche la versione del pei sui fatti: si parla non di reati, ma di « errori dolorosi provocati dallo stato di guerra: la fucilazione di sospette spie dei fascisti e dei tedeschi, che solo dopo la Liberazione risultarono innocenti ». A Genova c'è una via che porta il nome di Emanuele Strasserra, martire della Re sistenza: comandava una missione partigiana che teneva i contatti con gli alleati. E Giovanni Scimone era un brigadiere dei carabinieri che gli faceva da aiutante. Davvero ci poterono essere motivi per sospettarli di spionaggio? E perché questa tesi non uscì subito nitida, all'epoca dei primi interrogatori di Moranino, all'epoca delle prime inchieste giudiziarie? Invece ci furono dinieghi, confusione, una fosca atmosfera da intrigo o tradimento. Perché l'inchiesta muovesse qualcosa, c'era voluta l'angosciata pazienza del fra-Lc tello d'una vittima (Egidio Strasserra), che era andato a cercare e cercare, finché non aveva trovato i cadaveri, lui personalmente, nella località del massacro. « Il vero movente del Moranino. in mancanza di altri apprezzabili, appare da individuare nel proposito di impedire il sorgere e l'affermarsi nella zona del Biellese. da lui controllata, di unità partigiane di diverso colore ». Così stava scritto negli atti di rinvio a giudizio. Moranino era un comandante comunista, Strasserra lavorava per il comando alleato; e c'erano le formazioni autonomiste, c'era la rivalità con i giellisti, c'erano i rapporti con gli anglo-americani. Molte ipotesi si sono fatte sul significato politico che il massacro dei cinque partigiani e la fucilazione delle due donne avrebbero potuto avere. A Firenze, al processo, furono citati altri episodi; vennero ex partigiani a testimoniare su vicende dense di rancori: gruppi non comunisti abbandonati nel vivo d'una battaglia; mentre è anche vero che si operava nelle maglie d'una rete di sospetti, di paure, di ansie. Francesco Moranino, come è noto, non ebbe la statura per misurarsi con questi in¬ quietanti interrogativi. Eletto deputato a Biella, sottosegretario alla Difesa con De Gasperi, si ripara dietro la :mmunità parlamentare, c'è l'autorizzazione al processo, e lui fugge a Praga. Nel 1952 è rieletto deputato, nuova autorizzazione a procedere, laboriosa istruttoria, piena di intralci (tra l'altro il processo è trasferito da Novara a Firenze per legittima suspicione), si profila un nuovo mandato di cattura e c'è un'altra incriminazione per una strage di fascisti. Moranino ripara ancora a Praga. Non è presente al processo: e quel vuoto sul banco degli imputati sembra una specie di prova d'accusa in più. Un processo, una condanna, le conseguenti polemiche politiche e civili non fanno ancora analisi storica. Dietro la vicenda privata di Francesco Moranino c'è una storia (a soli 24 anni) da «tempi difficili ». E c'è chi assicura che l'uomo si è sempre trascinato dietro il rimorso di quell'eccidio. Ma dietro la vicenda pubblica, ecco il problema, irto di scogli, dei rapporti di forza, di collaborazione, di convivenza che si crearono all'interno della Resistenza e del peso che ebbero l'appoggio e i rifornimenti alleati. Quando Saragat nel 1965 concesse la grazia a Moranino, vincendo l'accavallarsi di contrapposti rancori, non diede il classico colpo di spugna: piuttosto affidò alla storia (e non alle polemiche) un giudizio sulle vicende della Resistenza. Alberto Papuzzi