II processo a Riva si è appena iniziato e la difesa ha già chiesto di annullarlo di Giampaolo Pansa

II processo a Riva si è appena iniziato e la difesa ha già chiesto di annullarlo In Tribunale a Milano uno dei più grandi crack del dopoguerra 1 f II processo a Riva si è appena iniziato e la difesa ha già chiesto di annullarlo L'avv. Lener, patrono dell'industriale fuggito in Libano, sostiene la nullità dell'istruttoria condotta con rito sommàrio invece che formale - Oggi la Corte (pres. Luigi Bianchi d'Espinosa) deciderà - Tra gli imputati, oltre al contumace Felice Riva, accusato di bancarotta fraudolenta, figurano i sedici ex componenti del consiglio d'amministrazione del «Valle Susa» - Devono rispondere di bancarotta semplice - Respinta la costituzione di parte civile della Rhodiatoce, dell'Imi e di quattro banche che vantano crediti per 18 miliardi (Dal nostro inviato speciale) Milano, 26 maggio. « Riva Felice... » ha chiamato con voce piana il presidente del Tribunale, Luigi Bianchi d'Espinosa. Nella grande.aula è sceso il silenzio, e anche un senso quasi fisico di gelo. In quel momento, davanti agli occhi di tutti, è passato come un film rapidissimo, non più di qualche secondo ma pieno di personaggi e di luoghi: la Valle di Susa ferita e piena di rancore, le dolci spiagge di Beirut, le follie di Felicino, i duemila operai licenziati, 1 cinquemila in crisi, i dodici stabilimenti messi all'asta a Susa, Chianooco, Borgone, Collegno, Lanzo, Rivarolo, Mathi... Poi si è udita la voce del difensore, l'avvocato Michele Lener, che ha risposto: « Assente ». « Già, è contumace» ha replicato Bianchi d'Espinosa, ma senza nessuna intonazione particolare, né di ironia né di rammarico, quasi parlasse tra sé e di una cosa ormai scontata. Così, alle 9,10, nell'aula grande della Corte d'Assise resa celebre dal processo Cavalle ro (poco pubblico, molti avvocati a curiosare, qualcuno dice di aver visto un altro « libanese », Gaetano Saldataci), è cominciato in tono dimesso il giudizio per il più colossale «crack» del dopoguerra. E' cominciato ma non si sa né quando né come finirà. La difesa di Riva, infatti — dopo aver vinto una prima battaglia per l'esclusione della parte civile dal dibattimento — ne ha impostata una seconda per far dichiarare nulla l'istruttoria e far ricominciare tutto daccapo. E' questa la spada che pende sul processo a Felice il bancarottiere. E soltanto domattina sapremo se questa spada riuscirà ad interrompere il dibattimento e a far rinviare ogni cosa di mesi (e magari di anni). Sono problemi, questi, che forse non turbano Felice Riva, al sicuro nel tranquillo ritiro dell'arcivescovado maronita di Beirut. Lui ha già abbandonato tutto: non solo le rovine del suo impero ma anche gli uomini che, secondo l'accusa, l'hanno aiutato a demolirlo. Costoro sono sedici, e 'questa mattina si sono presentati all'appuntamento con la giustizia non più in veste di « bosses », di dirigenti, ma di imputati: l'intero consiglio di aniministrazione e il collegio sindacale del «Cotonificio Valle di Susa S.p.A. », un tremebondo stato maggiore tradito dal suo capo nel momento della sconfitta, o un gruppo di comprimari che il mattatore ha mollato proprio all'inizio dell'ultimo atto del dramma. Gli imputali In apertura di processo, Bianchi d'Espinosa li chiama ad uno ad uno, per l'appello di rito. Chi sono? Cominciamo dai parenti di Felice. Il fratello: Vittorio Riva, non ancorn. 32 anni, ragioniere, anche lui, consigliere di amministrazione e oggi «dirigente d'azienda», vestito di grigio scuro, silenzioso, paffuto, non rosso di pelo ma nero e con un sorriso meno sfottente dell'esule di Beirut. Poi lo zio materno: Raffaele Lampugnani, 57 anni, baffi e capellli candidi, distinto abito grigio, già consigliere di amministrazione. Poi il cugino anziano: Donato Giulio Riva, 59 anni, un piccolotto con aria impiegatizia. Fatto consigliere d'amministrazione nel 1961 da Felice, il cugino Donato lo ripagò durante la « seduta della verità » (quella del 16 giù gno 1965) facendo scrivere a verbale « che era la prima volta che veniva messo al corrente della situazione e che quindi declinava ogni responsabilità ». Dopo i parenti, ecco i coetanei e gli amici di Riva, i giovanissimi ragionieri dalle carriere folgoranti, porfati di colpo nella stanza dei I ottoni a decidere della ojrte di ottomila operai. Come il milanese Roberto Bossi, aria da ragazzino, sempre con la gomma da masticare in bocca, prima procuratore, poi segretario centrale e direttore degli acquisti, quindi, nel novembre 1964, a 30 anni appena compiuti, vice-direttore generale del complesso. O come Pier Enzo Tu- ruanl, anche lui milanese e ragioniere, che In pochissimi anni percorre quest'orbita: procuratore speciale dotato di ampi poteri, poi vice-direttore commerciale, poi direttore centrale e direttore commerciale filati, poi consigliere di amministrazione (a 27 anni) e infine vice-direttore generale del «Valle Susa» nel 1964, a 29 anni! Quindi i collaboratori più anziani, seduti anche loro con aria dimessa e sospettosa sul banco degli Imputati: il professor Carlo Casale, 67 anni, milanese, vice-presidente del Consiglio di amministrazione; il dottqr Silio Tamaro, 33 anni, di Milano, consigliere di amministrazione; il dottor Enrico Tetaz, 58 anni, consigliere e condirettore centra le finanziario del «C.V.S.»; il dottor Mino Spadacini, 62 anni, consigliere di amministrazione, notissimo a Mila no perché ex-presidente del « Milan »; quindi i tre sindaci effettivi del collegio sindacale: il dottor Giuseppe Lanfranconi, 72 anni, comasco, presidente del Collegio; l'avvocato Gaetano Fatti, 75 anni, abitante a Torino in via Santa Maria 12 (sempre inquieto e pieno di proteste perché gli avvocati curiosi « lo soffocano »), e un altro torinese, il dottor Ferdinando Sismondi, 57 anni, residente in corso Galileo Ferraris 122. I contornaci A conti fatti, risultano assenti con Riva il presidente del consiglio d'amministrazione del «Valle Susa», Roberto Meier, un industriale di Zurigo quasi novantenne (« è ammalato » dicono i suoi avvocati); Alois Bucher, 69 anni, svizzero anche'lui e consigliere di amministrazione; un altro uomo d'affari elvetico, Peter Marxer, 35 anni, residente a Vaduz, sede di alcune delle società inventate da Riva; e infine l'ex direttore del complesso, l'ingegner Giovanni Mosca, 46 anni: «sta a Buenos Ayres, ma verrà... » garantiscono i legali. Per tutti i sedici, l'accusa è di bancarotta semplice, in altre parole di aver lasciato mano libera a Felice Riva. Per colpa o per dolo? In altre parole, sono stati degli sciocchi, permettendo — come ha scritto il curatore del fallimento, il. dottor Alberto Gambigliani Zoccoli — che « il consiglio di amministrazione del " Valle Susa. " cessasse di essere un organo volitivo e si limitasse ad approvare tutto ciò di cui veniva informato, quasi sempre a posteriori »? O non sono stati piuttosto dei complici ben consapevoli di commettere e di lasciar commettere gravissimi reati? E' una delle domande del processo, una domanda che vedrà, nei prossimi giorni, lo scatenarsi di una dozzina di avvocati. Stamane sono state combattute solo due battaglie preliminari, impostate entrambe dal difensore di Felice Riva, l'avvocato Lener. La prima riguardava la' costituzione di parte civile presentata dal professor Gian Domenico Pisapia a nome della « Rhodiatoce », dell'« Istituto mobiliare italiano » e di quattro grandi banche (« Credito Italiano », « Banca Commerciale », « Banca Nazionale del Lavoro » e « Banco di Roma »), per un totale di crediti insinuati di circa 18 miliardi. Appena Pisapia ha consegnato il documento alla graziosa cancelliera, Vittoria Ga sparoli, il difensore di Riva è partito all'attacco, opponendosi con argomenti ricchissimi di dottrina alla costituzione di parte civile. Il Tribunale deve dire no — ha sostenuto Lener — o altrimenti deve consentire che si possano costituire parte civile anche tutti gli altri creditori di Riva, di quel povero Riva, ha detto Lener, «maltrattato e fatto oggetto al ludibrio che viene dai giornali, dai salotti e dai marciapiedi ». Pisapia ha replicato con altrettanto sapere; il giovane e bravissimo pubblico ministero, dott. Guido Galli, ha dichiarato che per lui la parte civile per ora poteva rimanere, quindi il Tribunale si è ritirato. Un'ora e dieci di camera di consiglio (dalle 10,45 alle 11,55); poi la decisione: la costituzione di parte civile della « Rhodiatoce » dell'« Imi » e delle quattro banche è inammissibile: essi verranno uditi soltanto come testimoni. Mentre Pisapia, raccolte le sue carte, si allontanava scon¬ fitto, Lener si è alzato per scatenare la sua seconda offensiva. L'obiettivo questa volta è più ambizioso: la nullità dell'istruttoria, condotta secondo il rito sommario in- itvmvece che formale (cosi come t prescrive la notissima senten-1 za della Corte Costituzionale del novembre 1968), e quindi il rinvio del processo ad una data certo molto lontana. Passivo incerto Lener ha parlato con la solita competenza, e ha affermato che l'istruttoria somma ria ha gravemente ostacolato e talvolta compresso il diritto-dovere della difesa, lasciando sempre l'ultima parola al curatore del fallimento e all'accusa invece che al giudice, inoltre, le lacune dell'istruttoria sono «gravissime» e non rimediabili durante il processo. Infine, ci sono valutazioni finanziarie errate, discordanze di cifre, storie di firme di Riva che sono state falsificate, «accertamenti essenziali non fatti e che invece dovevano essere fatti per controllare le affermazioni del curatore ». Non è chiara nemmeno l'entità dell'attivo del «Valle Susa» 53 miliardi secondo l'amministrazione controllata; 43 secondo una perizia dell'ing. Valerio; 27 secondo il bando di vendita all'asta, e infine 32 secondo il decreto di citazione a giudizio. Lener — Ho voluto solo indicare alcuni elementi a conferma della pericolosità (per noi difensori, s'intende) di affrontare il processo sulla base di questa istruttoria, nonostante l'evidente, palese, nota e ammirata obiettività di questo Tribunale... Presidente — Bene, sentiremo domani mattina il Pubblico Ministero perché credo che il suo intervento sarà piuttosto lungo. Gli altri difensori si associano alla richiesta dell'avvocato Lener di nullità dell'istruttoria? Un attimo di incertezza. Poi i difensori dello stato maggiore di Riva hanno precisato che no, che non si associa vano alla, richiesta di Lener, ma si limitavano a rimettersi E, u che piQ approfondita peggiori la situazione di qualcuno dei sedici comprimari? Forse. Lo vedremo durante l'interrogatorio degli imputati che — se Lener perderà.la sua battaglia— potrà anche comincia re domattina. Giampaolo Pansa Imputati a piede libero: sullo sfondo da sinistra, P. E. Turuani, Giacomo Spadacini, Raffaele Lampugnani, Donato Riva e Tetaz Vittorio Riva, fratello di Felice, prende appunti in aula (Moisio)