Accusò un sacerdote di aver plagiato gli aderenti d'una comunità: assolto
Accusò un sacerdote di aver plagiato gli aderenti d'una comunità: assolto Casale: la sentenza perché "l'imputato è malato,, Accusò un sacerdote di aver plagiato gli aderenti d'una comunità: assolto (Dal nostro corrispondente) Casale, 19 aprile, (m. v.) E' finito con una assoluzione il processo assai interessante per le imputazioni e per le persone coinvolte nel dibattimento. Sul banco degli imputati il casalese Federico Biestro di 34 anni, impiegato alla Fiat, con quattro capi di imputazione. La prima accusa è la più grave: riguardava il reato di calunnia ai danni di un sacerdote di Casale fondatore di una comunità laica. Secondo la sentenza di rinvio a giudizio il Biestro aveva accusato don Luigi Piccio «pur sapendolo innocente» di plagio continuato nelle persone di Mauro Francia, figlio di uno dei più noti industriali della città, della di lui moglie Maria Cappa, nonché di Maria Cecconi ed Edvige Bobba, tutti facenti parte della comunità laica del prete casalese. Seconda accusa: quella di aver turbato una funzione religiosa celebrata da don Piccio intervenendo «con aspre censure rivolte al sacerdote e al suo operato». Il fatto era avvenuto durante una discussione «consentita agli astanti dal celebrante per manifestare le loro opinioni in merito alle letture evangeliche ed al commento di esse». Terza imputazione: quella di aver recato a lungo molestia ad Edvige Bobba «pedinandola metodicamente, fer- mandola e infastidendola con ; assidui corteggiamenti ». Quarta ed ultima imputa- < zione: aver profferito minac- ! ce nei confronti di Elisabetta Corona di Ottiglio Monferra- I to (località in cui aveva sede \ la comunità) alzando i pugni e dicendo che si sarebbe «ar- ! mato di pistola e avrebbe fat-1 to fuori tutti gli appartenenti alla comunità». Durante il dibattimento la, posizione del Biestro è stata grandemente alleggerita dalle deposizioni di don Piccio e di altri testimoni. Lo stesso termine di «pistola» si è trasformato in quello innocuo di « scacciacani ». Il L7II. dottor Romano dopo avere illustrato la personalità dell'imputato e ricordato che il Biestro era stato ricoverato in passato in cliniche neurologiche ed esonerato anche dal servizio militare per turbe psichiche, ha chie¬ sto la condanna dell'accusato ad un anno e quattro mesi di reclusione per il reato di calunnia e l'assoluzione dagli altre tre capi di imputazione. Ancora più clementi i giudici del tribunale presieduto dal dottor Porta che hanno assolto il Biestro con formula piena dalle prime tre accuse dichiarando di non doversi procedere in ordine alla quarta per mancata presentazione di querela. Casale. Don Luigi Piccio, il capo della comunità laica, accusato dall'impiegato casalese
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