Il suo nome "gira per il mondo"

Il suo nome "gira per il mondo" STORIA DI IMPRENDITORI CHE SI SONO FATTI DA SE Il suo nome "gira per il mondo" E' Giovanni Pippione, l'industriale dello spumante di Castagnole Lanze - Da ragazzo aveva fatto il contadino Castagnola Lame, novembre. •Ho 77 anni, sono un ragazzo del 99- ci dice Giovanni. Pippione. E poi passa al dialetto e con le mani stringe le parole della sua vita, passata tutta hi queste zone "Iddi AtluN*»* el-coni ina efin le Langhe. Oggi .dal sito stabjjimenlai escono mediamente 25 mila bottiglie al giorno, vini e spumanti. Fabbrica e casa si confondono, non ha mai voluto chiamare le ruspe e lare qualcosa di più moderno perché l'affezione ai muri è fortissima. Dove ci sono certe macchine per l'imbottigliamento anni fa c'era qualcosa che non \ può essere cancellato. •Vede, là siamo nati» dice puntando il dito verso una casa gialla a due piani, «sono il settimo di ! dodici fratelli». Tutti attaccati alla terra. Pippione dice con orgoglio di essere un contadino. Il paj dre faceva il cantoniere provinciale, i soldi erano pochi, erano tem| pi in cui un uovo risolveva tante cose, assieme all'eterna polenta. Ha fatto le elementari, soltanto, ma ha imparato tante cose perché ha sempre voluto imparare. -Mi alzavo prestissimo, dovevo andare | al pascolo con la mucca» racconI ta. «leggevo tutto quello che capitava in mano, soprattutto giornali. Leggevo la "Gazzetta" a mio padre, cercavo di non dimenticare mai nulla». Un chiodo fisso l'ha sempre ! avuto: essere qualcuno, possibilmente nel commercio. Un suo fratello s'era impiegato alla ditta Cora, lui lo invidiava. E l'invidia, i l'ammirazione, è diventata una i promessa con se stesso. ', Scoppia la guerra, la grande a l r e , oo. e aaa iaor a. guerra. Giovanni Pippione dice una bugia: si qualifica commerciante, non contadino. «C'era di fronte a me. al distretto, uno che conoscevo — racconta —. e non potevo certo barare con luì. Ho approfittato dalla sua. disLrazkxva, ho messo la mano'sopra la scritta 'commerciante mentre lui firmava». L'avventura della guerra dura quarantasette mesi, negli alpini. Si fa male ad un piede, viene dichiarato inabile e dopo essere stato nel terzo genio telegrafisti torna a casa. E' congedato nel '21. Comincia un'altra avventura, quella di Giovanni Pippione con la promessa di diventare commerciante. C'è la morte del padre: si trova di fronte al letto assieme al fratello e giura che il nome della sua famiglia dovrà -girare nel mondo». // fratello fa una smorfia, non ci crede, esce dalla stanza. Lui invece giura su suo padre. Fa il mediatore, compra e rivende un po' di tutto: fieno, concime, granaglie, mucche, vino. «Ricordo che nel '25 ho venduto trecento vagoni di fieno — dice —. una settimana ebbi davvero fortuna: me ne comprarono quaranta». Ma è il vino che lo interessa. Lo vende alla gente della zona, una stretta di mano basta anche per parecchie damigiane. Il fatto è che l'appezzamento è troppo piccolo. Compra allora l'uva da altri contadini e vende vino, anche a Torino «3 Milano. Lavora diciotto ore al giorno. «Non mi sono mai scappati i calli dalle mani». Della marcia su Roma (i fascisti affollano i treni, si va nella capitale per quel giorno di Mussolini) ha un ricordo molto vivo. Poi si sposa, chiede i soldi alla Banca di Novara. «Mio suocero — racconta —, ci regalò cinquanta lire che tenevamo nascoste in mezzo alla biancheria. Ogni tanto le prendevo, dopo qualche settimana le rimettevo a posto, e poi di nuovo». Alla fine decide di lasciar stare gli altri prodotti agricoli e dedicarsi esclusivamente al vino. L'ha vista giusta. Nel '33 inizia col moscato, si iscrisse al consorzio dei vini tipici di Asti. «Era una rarità il mio vino — racconta Pippione —, già a quei tempi faceva sedici gradi». Compra terreni, insiste a vendere il vino in Italia, anche perché il dazio costava motto. «Non ho mai avuto c Ipi di fortuna — confessa Pippione —, ho sempre lavorato, ho tirato la vita con i denti, tutto quello che ho guadagnato è andato a finire nell'azienda. Oggi, certo, non ci sono le soddisfazioni di allora: non c'erano I supermercati, mi battevo per la qualità, a Milano mi chiamavano il re dei vini l'ealtemmsiborehanee nadeafdgito/ escsumboaldeFrBc• EvedpcEmnrisnlaGrlomNlamsdrPritAa. \ pDei lom- i gbardi parla volentieri. «Erano gli J tunici a comprare un camion con j drimorchio di vino senza fare tante | storie come a Torino». ; h1939. la seconda guerra mondia- ( Lle. Pippione è richiamato, va nella i nmilizia, in Liguria. «Eravamo in ; tanti a non credere a quella mes- j sinscena: non poteva essere una | guerra seria, si figuri che aveva- i mo i fucili senza la cinghia». Ce la | rà a restare solo due mesi: grazie ad un amico medico lo riformano. I «Poi eravamo quasi tutti contro il I fascismo», racconta, «una sera un ] mio conoscente portò dello spii- ! mante da Canelli e allora, dopo ', parecchi bicchieri, afs'eme agli ufficiali, si cominciò a parlare li- | beramente. Pensavamo al lavoro e , aìla famiglia, la guerra, quella guerra assurda, era soltanto una distrazione da cose più serie». Pippione aveva sei operai e le cose, malgrado la guerra. marciaVano bsne. Malgrado la quèiió perché i contadini dovevano con- segnare molto vino alla 'Sepra-. j l'ente che provvedeva a destinarlo alle forze armate. Finisce la guerra e per un certo tempo regna l'euforia. Pippione mette il vino nelle bottiglie: il mercato ormai voleva cosi. E lui si nttrezzd. eer svitare che nelle bottìglie rimanga il fondo. Ricorre a due metodi naturali'che mai ha abbandonato: la pastorizzazione e la refrigerazione, ossia caldo e freddo. Poi c'è la fermentazione naturale nelle autoclavi. «Ero uno dei primi a usare questo sistema*. afferma Pippione. Compra aziende agricole e vigneti fino a raggiungere le dimensioni imprenditoriali di oggi. ,, »■ „■ ■ ,1 // marchio Pippione e noto al- / esfero. Giovanni ha vinto la scommessa con ss stesso. Nella i | , ' i sua azienda lavora tutta la sua famiglia. E' Il genero, Nanni Zamboni, che si occupa delle vendite all'estero, dove va 'il 60 per cento della produzione: Germania. Usa. Francia, Svizzera, Gran Bretagna. Belgio, Olanda, Danimarca. Africa. Zamboni ha un suo metodo. • E' Inutile voler imporre a chi beve birra .un vino come il barolodice, «bisogna cominciare con vini più frizzanti, altrimenti dicono che è buono ma fanno le smorfie. E' il consiglio che crea il consumo. Il vino vecchio piacerà, ma non adesso, quindi per gli stranieri dobbiamo lasciare giovani I nostri vini, ingentilirli. Non per niente all'estero piace molto il lambnisco». Se II genero va per il mondo. Giovanni Pippione sta con gli operai: «Sono un operaio in mezzo a loro, magari sporco come un maiale, ma devo stare con loro». Non è da molto che ha comprato la televisione, ha voluto che prima la avessero i suoi operai: «Mi sembrava di fare uno sgarbo, io davanti al televisore, loro a lavorare. Non è giusto». Pier Mario Fasanotti L'industriale dello spumante Giovanni Pippione