Un "pellegrino" che per hobby ha collezionato stampe di Orta

Un "pellegrino" che per hobby ha collezionato stampe di Orta Il turismo di massa se ne va, restano i "patiti,, Un "pellegrino" che per hobby ha collezionato stampe di Orta Provveditore all'Istituzione nazionale per lo studio e la cura dei tumori, Enzo Pellegrino ha pubblicato una preziosa opera che raccoglie il frutto di trentanni di ricerche in tutta Europa (Dal nostro inviato speciale) Orta, 23 agosto. Passato Ferragosto il turismo chiassoso abbandona le sponde dell'Orto; rimangono gli amanti della pace, i sentimentali del «romantico lago», ma soprattutto i patiti dell'antico borgo. Sono assai di più di guanti si possa immaginare coloro che per una ragione o per l'altra si sentono legati a questa terra. Un discorso del tutto particolare merita il professor Enzo Pellegrino che dopo essere stato per trentanni funzionario dell'amministrazione provinciale di Milano, è adesso provveditore dell'Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori. Pellegrino è l'autore' di quello splendido volume stampato a cura dei Lyons intitolato eie stampe del lago d'Orto». Un'opera edita in un numero limitato di copie fuori commercio e perciò preziosa indipendentemente dal suo contenuto di per sé notevole. Nei giorni scorsi un libraio di Milano è riuscito a recuperarne una copia per duecentomila lire. Trecento pagine di grande formato, 44 tavole, il volume racchiude il lavoro certosino, uno studio approfondito per trentanni di un uomo che Orta ha veramente nel sangue. Pellegrino è nato qui; suo nonno, Leopoldo Anchisi, è stato sindaco e vicensindaco di Orta per quarantanni e «fabbricere» del Sacro Monte, un ente che sino al 1926, quando nell'amministrazione subentrarono i frati minori, ebbe cura del pio luogo. «Della storia di Orta, delle sue origini — dice Pellegrino — si può dire che mi occupi da sempre. Fu tuttavia negli Anni Quaranta quando frequentavo la "Boccini" che per la prima volta mi impegnai in maniera assidua e con serio impegno. Dovevo presentare l'esame di geografia economica e l'ottuagenario professor De Magistris, il fondatore del Touring Club, mi assegnò per tema la monografia d'un comune. Scelsi Oria, il mio paese e ne sorti un manoscritto di 200 pagine». Giudicata con trenta e lode fu quella la prima di tante pubblicazioni del Pellegrino. «Fu quell'opera di ricerca — spiega oggi — che mi appassionò nello studio anche se intrapreso in mezzo a tante difficoltà: gli ortesi sono dei tradizionalisti, gelosi custodi di ogni cosa del passato, difficilmente disposti a cederle anche solo in visione. L'attaccamento al borgo può essere spiegato con un esempio: la sopravvivenza dell'ospedale che potrebbe, oggi, non avere una ragione di esistere e che pure va avanti grazie a generose offerte e lasciti, anche recenti». Di Orta e del suo lago hanno scritto in molti- le pubblicazioni quasi non si contano, ma hanno un grosso torto: di essere ciascuna la riedizione dell'altra, magari con qualche aggiunta, con un etaglio» diverso. Le fonti storiche sempre le stesse. Pellegrino, con la sua caparbia volontà, ha inteso andare in profondità ponendosi tanti perché. Cosi è stato per le o a i e a i i i origini del Sacro Monte. Dice una vecchia lapide in latino che è sorto «per la pietà di un popolo». Ma chi ne è stato la mente? L'architetto? Ed ecco saltare fuori padre Cleto da Castelletto Ticino. Del grande volume «Le stampe del lago d'Orta» si cominciò a parlare nel 1962 quando l'onorevole Achille Marazza, grande amico di Pellegrino con il quale stava preparando il convegno di studi medioevali, vide l'importante materiale raccolto dal «patito d'Orta». «Tu prepara il libro — dice Marazza — e io ti scrivo la prefazione». Marazza non potè mantenere la promessa poiché morì nel 1966, proprio nei giorni in cui l'opera era quasi pronta per. essere data alle stampe. «Risalgono a quell'epoca alcuni miei dubbi, i due scogli cui mi trovai di fronte — racconta Pellegrino — uno riguardava Giacomo Ozeni; l'altro Bartolomeo Martini. Del primo avevo due stupende tavole ma non sapevo niente di lui. Era di Soriso ma in paese se ne. perdevano le tracce. Gira e rigira le trovai a Chambery e scoprii che era un grande incisore di monete. Quanto al Manìni che su alcune sue tavole si firmava "Pisoniensis" (e facendo riferimento a un centro del Meridione era stato definito artista di scuola napoletana) venni a sapere che si trattava di un curato (anni intorno al 1600) di Pisogno, un paesino dell'entioterra ortense. Un prete-artista ma anche uomo politico che aveva rapporti con la corte di Spagna e perciò un personaggio sulla riviera dell'Oria». Risòlti anche gli ultimi dubbi. Pellegrino è incèrto nella scelta dell'editore: respinge le proposte di chi vorrebbe farne un'opera commerciale e finisce con l'accettare la proposta di Virginio Cane, industriale del Cusio che la propone ai Lyons che fanno della pubblicazione il loro fiore all'occhiello. «Naturalmente — spiega l'autore — l'opera era nata come studio e ho dovuto rivederla- sacrificando i due terzi del mio manoscritto; quanto alle tavole, invece, le ho salvate quasi tutte e per ognuna c'è la sua storia». C'è un'incisione di San Donato che Pellegrino ha trovato nel Cuneese e che è stata stampata in Francia sulla scorta di un primo esemplare certamente d'origine ortese. I pellegrini di due tre secoli fa si portavano via dalla visita all'isola qualche immagine; i turisti di allora (alcuni dalla. Francia e dall'Inghilterra) acquistavano stampe dell'antico borgo; ecco perché le ricerche dell'autore del prezioso volume si sono estese attraverso tutta l'Europa, La storia del San Donato finito m Francia, per esempio, è delle più singolari. Sulla sponda occidentale il santo era venerato come protettore dei raccolti che fermava i fulmini e sbloccava la siccità. I pellegrini d'oltralpe l'adottarono e Veditore Pellerin. francése, cui era giunta soltanto l'immagine un po' macabra con le spoglie di San Donato dentro l'urna e là sua leggendaria storia di soldato martire, affidò a uno sconosciuto artista,la creazione di una figura virile d'un guerriero romano nell'atto di fermare il fulmine con una mano. Una delle tante storie, tutte vere, assicura Pellegrino. Ma questo studioso della sua terra dice che c'è ancora tanto da scoprire. Alcune cose già le sa, come di una civiltà romana nascosta in fondo al lago e di tracce di un'epoca anche più remota pure essa celata dalle acque. In riva al lago, giù verso Gozzano, sono state scoperte palafitte: se un giorno i sub con attrezzature moderne si dedicassero alla ricerca, chissà quali scoperte potrebbero essere fatte. Piero Barbe Orta. Il professor Enzo Pellegrino, il collezionista delle più belle stampe su Otta e il suo lago (Foto Giovetti)