L'ultimo mese prima di morire la cella, un divano, poi la cava

L'ultimo mese prima di morire la cella, un divano, poi la cava Si è consumato per intero nel Novarese il dramma di Cristina Mazzotti L'ultimo mese prima di morire la cella, un divano, poi la cava Personaggio di primo piano, anche se probabilmente non è un capo dell'Anonima sequestri, è Angelini, il «geometra» chiacchierone e socievole che si scolava bottiglie di whisky e. «impiantava» una fabbrica telefonando di continuo da un bar - E' stato lui a scavare con le sue mani il buco dove è stata tenuta prigioniera - E i vicini dei carcerieri? Si sono a volte insospettiti, ma hanno pensato ad armeggìi di contrabbandieri (Dal nostro corrispondente) Novara, 6 settembre. Il dramma di Cristina Mazzotti si è consumato per intero — ormai è certo — nel Novarese: rapita a Eupilio in Brianza la notte sul primo luglio, la studentessa è stata portata a Castelletto Ticino e di qui, dopo 27 giorni, trasferita a Galliate. E' morta probabilmente nell'appartamento di via Ticino il 31 agosto e quella stessa notte sepolta nella cava-discarica del «Varallino». Seguiamo, a passo a passo, la tragica vicenda. Giuliano Angelini, il «geometra» che da Galliate, dove abitava la casa di caccia affittata lungo la vallata del Ticino, viene allontanato con foglio di via obbligatorio. Si trasferisce a Castelletto Ticino. Qui' affitta per 600 mila lire all'anno la cascina Aranco alla periferìa nordovest. E' un tipo poco raccomandabile che abilmente è riuscito a filtrare attraverso maglie della giustizia. Non lavora, ma conduce un certo tenore di vita: né polizia né carabinieri riescono a «incastrarlo». Dovrebbe abitare a Milano, dove ha la residenza, ma tre mesi dopo il suo allontanamento dal Nova- rese (novembre 1974), eccolo a Castelletto, con la sua amante, Loredana Petroncini, che presenta a tutti come moglie. E' preciso, a questo riguardo, anche con la data delle nozze: 23 febbraio 1969. Come già aveva fatto a Galliate, anche qui stringe amicizie, ma è più prudente. Frequenta quotidianamente il bar «La Pergola» a cento me tri dal cascinale; fa e riceve telefonate. Quando lo chiamano è la titolare del bar, Rosella Menghini. ad andarlo ad avvertire. E' un formidabile (bevitore di whisky.. Anche se si scoprirà un capo di questa «Anonima sequestri». l'Angelini rimane pur sempre un punto. fermo di questa ' vicenda: gli ultimi trenta giorni di Cristina, ruotano attorno a lui. E' il «geometra» la notte del primo luglio ad accogliere alla cascina Aranco i rapitori della studentessa; è a lui che viene, affidata in custodia. Sa dove nascondere il prezioso ostaggio: ha avuto quattro medi di tempo per costruire sotto il porticato attiguo all'abitazione la cella-prigione. E' una buca profonda 150 centi- I metri lunga all'incirca tre me stuoia di canne fittissime per ri e larga due. L'ha preparata con le sue mani, cosi come ha teso sulla rete metallica che cinge il cascinale una mpedire sguardi indiscreti all'interno. Cristina per 27 giorni vive in quel buco. Vive, ma come? Distesa o tuttVi più seduta su un materasso. Chi sono 1 suoi carcerieri? Oltre all'Angelini e alla Petroncini, due sono le persone che sono state viste sovente al cascinale: Gianni e Libero. A dirlo è la barista de «La Prgola», Rosella Menghini. Sono stati identificati per Libero Ballinari e Giancarlo Geroldi. n primo è lo «svizzero», il corriere di .valuta bloccato nella vicina Confederazione; l'altro si è costituito a Napoli. L'inchiesta ha accertato la presenza di un quinto carceriere, una donna. Rosa Cristiano, residente a Galliate, convivente di Luigi Gnemmi, amici degli amanti di cascina Aranco. Un tempo Rosa era cameriera in un ristorante a Torino e qui aveva conosciuto l'Angelini. Per questo il «capo» della banda pensò a lei e, a quanto sembrerebbe, approfittò della necessità di custodire la prigioniera, per riallacciare, all'insaputa dello Gnemmi, nuovo convivente della dorma, la relazione. I carcerieri ora sono due, ora di più: è un continuo andirivieni che a tutta prima insospettisce un poco i vicini. Ma la gente, pur- intuendo a qualche cosa di non troppo chiaro, pensa al contrabbando e chiude un occhio. Anche le numerose telefonate dell'Angelini dovrebbero apparire strane, ma il «geometra» furbescamente fa credere che sta impiantando un'attività industriale in società con un cugino che ha già ima fabbrica di materie plastiche per giustificare l'uso del telefono. Le trattative con la famiglia della ragazza rapita vanno più alle lunghe del previsto e il 26 luglio l'Angelini si trova doni muratori alla porta: aveva previsto per quella data dei lavori in cascina e non sa come fare. Riesce a rinviarli di un paio di giorni e intanto studia dove trasferire l'ostaggio. Ha sotto mano la Cristiano e le propone di ospitare Cristina per un paio di giorni nel suo appartamento di via Ticino à Galliate: per quel «favore» ci sono 5 milioni e la donna accetta. Dopo 27 giorni di permanenza nella cella-prigione sot toterra Cristina viene portata in superficie e con un'auto (una «Bmw»?) preceduta da una vettura «civetta», portata a Galliate. La giovane è allo stremo delle forze; probabilmente s'è ammalata di poi moni te. Nell'appartamento di Galliate la studentessa viene dapprima tenuta legata in cucina su un divano poi, quando è al¬ 10 stremo, la mettono in letto. E' durante la prigione a Galliate che i familiari dell'ostaggio chiedono-una prova che Cristina sia ancora viva prima di pagare il riscatto. La ragazza deve dire qua! è stato 11 suo ultimo acquisto. E' certo che il ragguaglio è stato dato perché la sera del 31 luglio, seguendo le modalità dei rapitori, il miliardo e 50 milioni viene versato nelle mani degli esattori nel Comasco. Cristina, quindi, è viva il 29 luglio. Mia lo è ancora all'una di notte del 31 quando a braccia la portano fuori dall'appartamento di via Ticino e la caricano su un'auto? Gli accusati (Angelini, Ballinari e Geroldi) dicono di sì. «Quella stessa sera era stato pagato il riscatto e come promesso l'avremmo liberata dopo Quattro giorni una volta controllato i soldi. Nostra intenzione era di portare la ragazza a Turbigo dove altri uomini inviati 'dall'organizzazione l'avrebbero presa in consegna per custodirla nel Varesotto. E' stato quando ci siamo accorti ch'era spirata che abbiamo deciso di seppellire la salma nell'ex cava di ghiaia ora adibita a discarica». Piero Barbò