A Mergozzo sono accolti i ricorsi "No" al piano degli insediamenti

A Mergozzo sono accolti i ricorsi "No" al piano degli insediamenti La decisione del tribunale amministrativo regionale A Mergozzo sono accolti i ricorsi "No" al piano degli insediamenti E' stato annullato anche il programma di fabbricazione • Il "caso Montefibre" si arricchisce di un nuovo capitolo: lo stabilimento di Verbania sarebbe stato venduto per dieci miliardi e 800 milioni (Dal nostro inviato speciale! Mergozzo. 15 maggie. La sentenza del Tar (Tribunale amministrativo regionale) in ordine ai ricorsi per l'utilizzazione di una area di un milione e mezzo di metri quadrati per insediamenti industriali nella piana di Mergozzo è stata depositata e se ne conoscono, ora, i dettagli. E' un deliberato che rimette tutto in discussione. Di fatto sono stati annullati sia il programma di fabbricazione del comune di Mergozzo che il piano degU insediamenti produttivi del consorzio Basso Toce così come i due decreti del presidente della giunta regionale per l'occupazione d'urgenza attraverso i quali era possibile l'esproprio dei terreni. Accogliendo i ricorsi il Tar ha condannato la controparte (comune di Mergozzo, consorzio Basso Toce, società Montefibre) al pagamento delle spese per un totale di un milione 800 mila lire. Quando la Montefibre decise la ristrutturazione dello stabilimento di Verbania propose attività sostitutive; i sindacati e le autorità locali offrirono, per i nuovi insediamenti la piana di Mergozzo. Si trattava di un'area vincola- ta a verde agricolo dal piano i regolatore varato da poco e si rendevano perciò necessari non pochi adempimenti, primi fra tutti il programma di fabbricazione e il piano di insediamenti produttivi. Furono sfornati a tempo di record suscitando le ire dei proprietari terrieri che, per l'estrema spezzettatura, erano - centinaia. Nonostante la forte resistenza, le opposizioni di gran parte della popolazione, i due ti dapprima dal consiglio comunale e successivamente dal Co.Be.Co. (Comitato regionale di controllo). Anche la regione diede poi il suo bene- «strumenti» vennero approva- f-stare tanto che nel giro di po- ■ ì chi mesi tutto era in regola | per procedere nei lavori. Ce- j ra un ultimo ostacolo: l'ac- ! quisizione del terreno da parte del «Consorzio» che lo avrebbe dovuto cedere alla Montefibre. Solo pochi proprietari avevano acconsentito alla vendi¬ i ta; i più si opponevano. Si ri¬ corse allora alla procedura di «occupazione d'urgenza» (approvata dalla Regione) che consentiva al «consorzio» di procedere all'esproprio. Fu a questo punto che a Mergozzo si vissero i «giorni caldi» della contestazione ma alla fine le ruspe entrarono nei campi. Andò avanti solo pochi giorni: la rinuncia agli insediamenti (4 fabbriche che nel giro di due anni'avrebbero occupato 3500 persone! da f-parte della Montefibre era già nell'aria. Soltanto dopo alcuni mesi, all'inizio di quest'anno, si ebbe però conferma ufficiale: l'azienda motivava la «rinuncia» con il mancato li¬ ■ nanziamento del governo del | l'iniziativa e con il fatto che il «piano» dell'aprile 1973 era da considerarsi ormai supera- to per l'andamento del mercato delle fibre sintetiche. Ecco perché la sentenza del Tar, almeno per il momento, non sconvolge più nessun «piano»: i lavori — come abbiamo detto — erano già fermi dall'agosto scorso, pochi giorni dopo il loro inizio. Rimangono le implicazioni: se per esempio il «consorzio» volesse ancora disporre dell'area dovrebbe o fare ricorso (per intanto la sentenza del tribunale amministrativo è esecutiva) o ricominciare da capo tutta la procedura! Un'altra pratica dovrebbe pure avviare se decidesse diversi insediamenti industriali. Ma non è finita: c'è ancora l'acquisizione dei terreni di quei proprietari «riottosi» nei confronti dei quali è ora decaduta la possibilità di ricorrere all'esproprio. Questo discorso ha la sua importanza e diventa attuale alla luce delle ultime notizie, sia pure ufficiose. La Montefibre, constatata l'antieconomicità della produzione, di talune fibre sintetiche, avrebbe intenzione di chiudere parzialmente lo stabilimento di Verbania e di promuovere attività sostitutive. A Verbania dovrebbero sorgere una quindicina di fabbrichette che opererebbero in settori diversi dando lavoro a 3500 persone (oltre alle 800 che rimarrebbero alla ex Rri odia toce). Se si decidesse di insediare questi stabilimenti a Mergozzo non c'è tempo da perdere dopo che, come abbiamo visto, la sentenza del Tar ha rimesso tutto in discussione. Ma il «caso Montefibre» si arricchisce, quasi fosse un giallo, di un nuovo capitolo a sorpresa. L'ultima notizia (che attende anch'essa conferma ufficiale) è uni. autentica «bomba»: l'azienda ha deciso la vendita dello stabilimento di Verbania alla immobiliare «Taban» con sede in Milano (capitale un milione 1 al prez- . ni. Il contratto (o si tratta semplicemente di un compro messo?) reca la data del 23 aprile. I sindacati dicono di averne una copia fotostatica cosi come sono in possesso della copia dei «piani» per la promozione dei 15 'insediamenti sostitutivi nel Verbano. Notizie ufficiali della Montedison non ce ne sono: si avverte, anzi, un certo imbarazzo per questi «segreti» usciti, non si sa bene come, dalla sala dei bottoni. I sindacati, comunque, non hanno atteso il crisma dell'ufficialità per partire al contrattacco: in un ponderoso documento passano in rassegna i fatti e contestano la validità di-talune decisioni Montefibre, prima fra tutte quella di abbandonare il settore fibre e richiamano l'azienda al rispetto degli accordi sotto scritti il 7 aprile 1973. «I mo tivi addotti per la chiusura delle attività — è detto nel documento sindacale — non sono né di carattere tecnico né di carattere merceologico ma seguono una logica aziendale di concentrazione e di collocazione multinazionale tendente a scaricare sulla collettività i pesanti costi di queste operazioni trascurando bisogni ed interessi di migliaia di lavoratori. Tutto ciò — prosegue il documento — è ancora più inaccettabile da parte di una azienda come la Montedison che è, al di là degli aspetti giuridici e formali, una azienda a capitale pubblico». In ordine al «piano» che preveder ebbe in sostituzione degli accordi di due anni fa l'insediamento nel Verbano, delle 15 nuove piccole aziende, il giudizio dei sindacati è pure negativo. «Le nuove attività non possono che avere un catattere secondario e collaterale — dicono ancora i sindacati — e comunque la responsabilità per quanto concerne il reimpegno totale (compresa la maestranza femminile) deve rimanere della Montedison, unico interlocutore». Piero Barbe Mergozzo. I battaglieri abitanti che si sono opposti al piano industriale (foto Giovetti) Mergozzo. Mazzola, presidente del' consorzio Basso Toce (foto Giovetti)

Persone citate: Giovetti, Piero Barbe, Taban, Toce