Diciott'anni e uno 16 soltanto furono uccisi tutti: ventitré di Francesco Allegra

Diciott'anni e uno 16 soltanto furono uccisi tutti: ventitré Commemorazione partigiana in Valle Strona Diciott'anni e uno 16 soltanto furono uccisi tutti: ventitré Li ha ricordati il "capitano Bruno", Albino Galletti, in un raduno di veterani - Ora la verde alpe Quaggione, che fu teatro di quei fatti di sangue, sta diventando il villaggio per il weekend degli omegnesi (Nostro servizio particolare) '■ Omegna. 6 agosto. Diciott'anni e morire. Nei primi giorni dell'agosto 1944 cadevano, vittime del grande rastrellamento della valle Strona, 23 giovani partigiani. Erano quasi tutti sui 18 anni: uno di essi, Giovanni Bagaini. ne aveva solo sedici. Tra i giarti vi erano anche un ceco ! slovacco e un greco, che si faceva chiamare Aristotile. I fatti di quelle giornate di sangue di trentanni fa sono stati rievocati ieri, in un nuovo giorno di lutto per altre vittime della violenza. La commemorazione ha avuto luogo all'alpe Quaggione, sopra Germagno, ai piedi del monte Zuccaro (metri 1338». Quaggione è un complesso di baite vecchie e nuove, che sta diventando il villaggio per il fine settimana degli omegnesi (sono stati costruiti un ristorante e una chiesa modernissima, e ci sono ora solo i pericoli della speculazione e della degradazione ambientale). Anche ieri sono saliti ir, tanti a trascorrere ta domenica oltre i mille metri, all'ombra dei boschi di Quaggione e nei prati attorno. Questa volta, c'erano anche molti partigiani della «Beltrami» e delle formazioni garibaldine. Il discorso ufficiale è stato tenuto | da Albino Calletti, che tutti ancora chiamano «capitan Bruno», partigiano tra i primissimi, agli ordini di Filippo Beltrami fino alla morte di questi, e quindi passato alle formazioni di Moscatelli. Al principio dell'agosto 1944, il capitano Bruno si trovava ormai in Valsesia. dove sostituiva Ciro (Eraldo Gastone, che era rimasto ferito) ai comando militare del piccolo esercito garibaldino. Altri capi partigiani presenti alla manifestazione (come Dario Cola, Italo Cobino e Sabatino Melloni) hanno invece vissuto di persona quegli avvenimenti. Erano giorni di pioggia, raccontano, e, quando non pioveva, si alzavano fitte nebbie. In valle Strona vi sono un migliaio di partigiani, forse meno («Con le cifre — spiega Bruno — non si può mai essere precisi in merito alle vicende di quei tempi incerti»). I nazifascisti, decisi a «ripulire» la valle, vi entrano con forze preponderanti, provenienti dalla Valsesia. Tra il 29 e il 30 luglio sono ancora nella zona delle due Quante, al confine fra il Cusio e la valle Strona. A Quama Sotto catturano Giuseppe Fantone. della «Beltrami». a Quanta Sopra cadono nelle mani del nemico Romolo Stangalini ed Eraldo Rocco, garibaldini della «Redi». I tre vengono fucilati il 3 agosto a Omegna, sull'attuale lungolago Gramsci. Nello stesso giorno, cinque studenti novaresi di Di Dio e Massara sono sorpresi alle baite della «Cipollina» di Samboghetto. Cade Federico Solaroli. nel tentativo di proteggere la ritirata dei compagni. I nazifascisti, entrati in valle Strona attraverso Cam pello di Quanta, stanno risalendo la valle su due colonne. All'alpe Grande c'è lo scontro con gli uomini della «Beltrami» comandati da Bruno Bertone. Muore il comandante, con Davide Bertone. Migliarini, De Rivi, Del Signore e Stoffler. C'è il problema urgente di evacuare l'infermeria parti giana di Luzzogno, dove si trova ricoverato anche Dario Cola: «Ho camminato tre giorni con le stampelle — racconta —. senza mai fermarmi». Tutti i feriti vengono portati in salvo, mentre le varie formazioni cercano l'uscita della valle. Appunto per consentire la ritirata, si organizza la resistenza sul monte Massone, che domina a cavallo tra il Cusio e l'Ossola. Lassù, a più di duemila metri, c'è il battaglione Romolo della «Redi», al comando di Italo Cobino. «Ero sceso da Pippo Coppo a prendere ordini —.racconta Cobino —, e Pippo mi aveva rispedito su con una cassetta di munizioni e l'ordine di resistere finché era possibile. Le munizioni però erano poche e io dovevo razionarle alla mitragliatrice Breda. Per risparmiare i colpi, facevamo rotolare grossi macigni dalla montagna, ma i nemici venivano su molto bene, appog¬ ^'ot'. dal fuo9_0_ dei mortai mentre uno Stuka volava so- pra le nostre teste. «Noi avevamo tuttavia una grande alleata, la nebbia, che arrivava e spariva continua- mente. Nessun morto fra i miei ventidue uomini, anche se uno perse il naso e un al tro fu ferito a un ginocchio. Finalmente, fui costretto a decidere per la ritirata. Mandai ad avvisare Cassis. che difendeva con gli uomini della Beltrami la sottostante "Bocchetta", e ce ne andammo cosi tutti con la complicità della nebbia. Quando ricomparve il sole, l'aereo riprese a pitragliare la cima del Massone, dove però c'erano ora i tedeschi. Non so come sia finita, se cioè l'apparecchio sia riuil bersaglio dorè però c'erano ora i tede- schi. Non so come sia finita. se cioè l'apparecchio sia riu- scito a centrare il bersaglio sbagliato». L'evacuazione della valle sembrava riuscita. Ma una tragedia attendeva al varec altri tredici ragazzi delia Beltrami. appartenenti al grappe di Piri. Sono tutti giovanissimi e. vinti dalla stanchezza nella notte tra il 5 e il 6 ago sto. si accampano in un bosco nei pressi di Anzola d'Ossola, e al mattino alle 6 vengono raggiunti dal nemico: il sedicenne Giovanni Bagaini. Ric¬ cardo Mira d'Ercole. Giuliane Ferri. Luciano Paganotto, Giuseppe Verraa e Giovanni Tosi rimangono feriti nei combattimento, vengono tutti trucidati. Vengono poi cattu- rati Armando Rizzolo. Luigi Rossi, Ernesto Morea, Leopoldo Mordenti, un cecoslovacco e il greco che porta il nome del filosofo: anche per loro ce il piombo dei mitra. I te deschi li uccidono davanti aiparroco di Anzola. don Santi- ne Savoini. I morti di Anzola sono ora dodici. Un tredicesimo partigiano, Ferdinando Villa, di 19 anni è rimasto nascosto nel bosco a lungo, ferito. Quando crede che i nazifascisti se ne siano andati, sventola dall'alto della montagna un fazzoletto in se gno di aiuto. Lo vedono i ne mici, che salgono a ucciderlo, come il cacciatore finisce la preda ferita. Francesco Allegra | j ! | i % ! i j t i ! , { Omegna. 1 « vecchi » saliti all'Alpe Quaggione rievocano gli episodi dei giorni di sangue di trentanni fa (Foto Allegra)

Luoghi citati: Cusio, Germagno, Mira D'ercole, Omegna, Ossola, Quama