Veveri: andando a spasso in periferia

Veveri: andando a spasso in periferia Una lezione di amicizia da un borgo di lieti compagnoni Veveri: andando a spasso in periferia Un piccolo paese divenuto frazione di Novara, ma che continua a fare da sé come quando era l'ultima stazione di posta per chi scendeva dal Sempione o dal Lago Maggiore - L'evoluzione cominciata nel dopoguerra: da 500 a 2000 abitanti - Prima i "cinin" si dedicavano tutti all'agricoltura e all'allevamento dei suini; ora hanno fabbriche di ogni tipo - Tutti integrati, gli emigrati del Sud come i militari del "Villaggio azzurro" (Dal nostro corrispondente) Novara. 28 luglio. Li chiamano «cinin», cioè maiali, ma nessuno, a Veveri, se ne adombra. Del resto sono «ranat» quelli di Sant'Agabio; «ladar ed assasin», quelli di San Martino e «gat» quelli di Lumellogno. Sono soprannomi che risalgono al secolo scorso e che trovano una loro spiegazione in una attività prettamente locale. Veveri era in passato l'ultima «stazione di posta» per chi, dal Sempione e dal Lago Maggiore, scendeva in città: un piccolo borgo con qualche centinaio di abitanti de diti all'agricoltura e all'allevamento dei suini. E «borgo» è rimasto anche quando è diventato frazione del comune di Novara. Ancora adesso che a dividere il centro dal sobborgo c'è solo il nastro d'asfalto dell'autostrada, Veveri, in un certo senso, fa da sé. Apparentemente è rimasta il borgo antico con le sue vecchie case basse, ma basta svoltare in un paio di viuzze per accorgersi della profonda trasformazione: villette di una certa pretesa da una parte, industrie dall'altra. L'evoluzione è cominciata nell'ultimo dopoguerra. «A quell'epoca — ricorda il parroco, don Giovanni Zolla — a Veveri non abitavano più di 500 persone; adesso siamo duemila». Una dopo l'altra sono sorte una dozzina di fabbriche: termoelettriche, meccaniche, della plastica, tipografie che occupano la metà della popolazione attiva. Gli altri lavorano in città. A dedicarsi all'agricoltura sono rimaste appena cinque famiglie. Un sobborgo — abbiamo detto — che fa da sé, con un suo spirito comunitario che ha profonde radici e che accomuna un po' tutti in un clima sociale e politico che don Zolla ama definire «disteso». Di storie di «Fepponi» e di «don Camilli)) l'Italia è piena, ma qui i due personaggi sono un'altra cosa. L'attività del circolo comunista, le bocce, si integra con quella calcistica dell'oratorio di don Giovanni. Il parroco frequenta il circolo e i «compagni» l'oratorio, con il più naturale degli «interscambi». Due anni fa quando era corsa voce che don Zolla stesse per andarsene sono stati quelli del circolo a correre in parrocchia pronti a fare una petizione perché restasse. Con questo clima non stupisce il fatto che ieri sera alla trattoria «Vecchio Sempione» in occasione dell'ultima tornata di «Piemonte ghiotto» il parroco abbia abbandonato ad un certo punto il tavolo delle autorità per sedere a quello, un po' più discosto, occupato dagli allegri «compagnoni» del «circolo» per dare vita a canti corali vecchia maniera. Del resto, a Veveri sono «canterini» anche i bambini che partecipano ad un concorso loro riservato per l'aggiudicazione del «Cinin d'oro». E' il parroco ad organiz- zare la manifestazione, giunta quest'anno alla sua nona edizione, e talvolta le «ugole d'oro» di Veveri finiscono allo «Zecchino» di Bologna. Nella trasformazione di questo sobborgo è entrata anche la chiesa: una costruzione un po' anonima del 1700 sostituita da una modernissima, forse la più funzionale della provincia, dovuta all'architetto Arrigo Gruppi, n vecchio campanile è in demolizione, ma non ci sono rimpianti. Una trasformazione quella di Veveri poco appariscente ma anche un poco «frenata»: { l'area industriale è già stata pressoché tutta occupata; quella a Ovest dell'abitato, verso Vignale, è vincolata dal piano regolatore al verde. A Nord dove era prevista una vasta lottizzazione per 10 sviluppo edilizio, è sorto 11 «villaggio azzurro», un complesso militare dell'Aeronautica, base logistica dell'aeroporto di Cameri che è a pochi' chilometri da qui. Non è che l'insediamento militare abbia portato grandi benefici all'economia locale, ma c'è stata, da parte di questi nuovi abitanti, una completa «integrazione» cosi come era avvenuto una decina di anni fa per un centinaio di immigrati dal Sud. Contrariamente a tanti sobborghi di grandi città, Veveri non è un «rione dormitorio»: ha come abbiamo visto una sua attività pulsante, una sua vivacità, che può sembrare paesana, forse, ma che non pecca certo di cordiale genuinità. Piero Barbe Veveri. Al termine delia cena, allegri cori. Da sinistra: l'ex pugile Sguaita, Antero Meda (in piedi) e Armando Galli, il "re dell'autostrada" - Nella foto sotto: anche le mogli hanno partecipalo al finale canoro, diretto dal parroco don Giovanni (Giovetti) Veveri. Questa è Veveri, la frazione che da borgo di agricoltori sì è trasformata in quartiere residenziale tF. Giovetti)

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