A ruolo il processo ai tre carabinieri accusati di due rapine in Val d'Ossola

A ruolo il processo ai tre carabinieri accusati di due rapine in Val d'Ossola La sessione primaverile della corte d'assise di Novara A ruolo il processo ai tre carabinieri accusati di due rapine in Val d'Ossola Assaltarono l'officio postale di Pallanzeno e di Beura Cardezza - Usavano le loro auto con targhe false: fu la prima traccia per arrivare alla cattura - Tra gli imputati negli altri procedimenti della sessione, due biellesi (tentato omicidio) e il novarese che "strappò1 !a borsetta alla cassiera d'un market (Dal nostro corrispondente) Novara, 22 febbraio. E' stato fissato il ruolo della sessione primaverile della corte d'assise: comincerà il 9 marzo prossimo per concludere i lavori il 17 aprile. I processi che verranno discussi sono nove quasi tutti per rapine avvenute negli ultimi tempi nel Novarese e nel Vercellese, sui quali territori ha giurisdizione la corte d'assise di Novara. Tra gli imputati che compariranno in stato di arresto vi sono anche due biellesi, accusati di tentato omicidio. L'ultimo dei processi a ruolo è quello a carico dei tre ex carabinieri autori di due rapine nell'Ossola. Sono Felice Vittori, 25 anni, già in servizio a Domodossola; Tommaso Lecci e Salvatore Calori, entrambi di 22 anni e in servizio a Torino. Tutti sono rei confessi. Seguendo i loro racconti, sembrerebbe che le brigantesche imprese non fossero preordinate con un piano, ma frutto di improvvisazione. Il 20 ottobre scorso, il Lecci era partito da Tprino con la sua «Fulvia» per recarsi a Domodossola a fare visita alla fidanzata; il Caloro, suo commilitone, l'aveva accompagnato. Giunti nell'Ossola incon¬ trarono il Vittori che già conoscevano. Cosi, sui due pie di, almeno essi sostengono, decidevano di rapinare l'ufficio postale di Pallanzeno. Sul posto andarono con la «Giulia» del Vittori, sulla cui targa ne era stata collocata una falsa di cartone. Nell'ufficio postale, dove era il solo gerente, Zefferino Motetta, entrarono il Lecci e il Caloro. armati di pistola. Si fecero aprire la cassaforte e asportarono 480 mila lire. Quindi fug girono. Due mesi dopo, il Lecci tornò, questa volta da solo, a Domodossola e con il Vittori architettò un altro «colpo»: quello all'ufficio postale di Beura Cardezza. Per questa impresa venne usata la «coupé» del Lecci, cui per l'occasione era stata contrai fatta la targa. Il bottino stavolta fu più consistente: un milione e mezzo. Il fatto che delle auto usate per le rapine non venisse mai trovata traccia malgrado che l'Ossola in ogni occasione venisse «bloccata», insospettì carabinieri e polizia: evidentemente i banditi non si servivano di auto rubate, perciò doveva trattarsi di gente del luogo che agiva con le proprie vetture sia pure con targhe contraffatte. Nessuno. tuttavia, immaginava che si potesse trattare di tutori dell'ordine. Una serie di circostanze favorevoli agli inquirenti portò al Vittori e al Lecci, quindi al Caloro. Gran parte del bottino è stato recupe rato. Tra i processi che riguardano novaresi, vi è quello a carico di Omello Giudice, 21 anni, residente in città, via Grado, arrestato il 19 novembre 1971, ad una settimana di distanza dallo «scippo» subito dalla cassiera del «Pollmarket», Maria Rita OseUo. 30 anni, via Cernala 1. Oltre che di rapina, il giovane deve rispondere di violenza privata. Per quanto riconosciuto dalla vittima e denunciato da un suo amico col quale si era confidato, il Giudice si proclama innocente. Ecco i fatti. Verso le 20 del 12 novembre 1971, mentre di ritorno dal negozio stava per entrare nell'ascensore di casa sua, la Osella veniva affronta ta da un giovane mascherato sopraggiunto alle sue spalle, che, armato di coltello, le intimava di consegnargli la borsetta. La donna oppose resistenza, ma il rapinatore con uno strattone riuscì ad im- possessarsene. dandosi quindi alla fuga. La Osello diede l'ai- larme e un pensionato, Gio-vanni Santamaria, insegui in bicicletta il ladro. Lo raggimi se dopo 200 metri e ottenne la borsetta, che per altro non conteneva danaro. Quando tentò di trattenere il giovane, questi gli puntò ! contro una pistola e gli sferrò ! un pugno al viso, costringen ; dolo a desistere. Dopo la de j nuncia, i sospetti caddero su • bito sul Giudice, che la Osello riconobbe in fotografia: tuttavia il suo arresto in casa di una zia, dove si era rifugiato sapendosi ricercato, fu possibile soltanto dc»o una settimana. Si proclama — come abbiamo detto — innocente e sostiene che al momento della rapina si trovava al cinema «Eldorado», dove si proiettava «Er più». Ad accusarlo, oltre alla vittima e al Santamaria, che lo hanno riconosciuto, è anche un suo amico: Francesco Gramoni. _ u p. D. Novara. Ornello Giudice