Dalle impegnate sfide a bocce con Stalin alle serene vacanze nella natia Fobello

Dalle impegnate sfide a bocce con Stalin alle serene vacanze nella natia Fobello Dalle impegnate sfide a bocce con Stalin alle serene vacanze nella natia Fobello Michele Lanza, dopo quarant'anni, è tornato nella casa avita - Una carriera raccontata da personaggi famosi in cornice d'argento - Ogni paese il suo colore diplomatico - Un disastroso viaggio in DC 3 con il trattato di pace in borsa (Nostro servizio particolare) Fobello, 18 agosto. L'estate ha portato a Fobello un «villeggiante» illustre: l'ambasciatore Michele Lanza, conclusa la sua lunga carriera è tornato da Copenaghen al paese natale. D'ora in poi Lanza trascorrerà, con la moglie, molti mesi dell'anno nella villa avita, dove ritratti in cornici d'argento — il volto sorridente di Nasser, l'espressione oonaria del re di Svezia, fotografie di regge orientali e di personaggi in feluca e spadino — lo aiuteranno a rivivere, giorno per giorno, quarant'anni di carriera diplomatica ricchi di esperienze e di incontri eccezionali. «Per prima una domanda, di carattere locale, ispirata a una pagina di "Guerre senza bandiera" in cui l'autore, Edgardo Sogno, narra un incontro avuto con Lanza qui a Fobello, durante la Resistenza. La Valsesia, Fobello, la villa hanno forse rappresentato, nella carriera dell'ambasciatore qualcosa di più di un luogo caro solo per le antiche memorie?». «Si, quando Sogno passò per Fobello. trascorse la serata con noi proprio in questa stanza e. poco dopo, svolsi io stesso una missione in Svizzera. Quei viaggi si effettuavano sempre via Colle di Baranca. Macugnaga. Colle del Monte Moro. Sas-Fee, naturalmente e marce forzate ed erano faticosissimi. Tedeschi e fascisti coi loro rastrellamenti non davano requie. Ma se non bastassero a legarmi a questa casa i ricordi di quegli anni avventurosi, fu proprio qui che ebbi un incontro che risultò poi decisivo per la mia carriera». Nel primo dopoguerra si era ritirata a Fobello Angelica de Vito Tommasi, pugliese di origine e vedova di un valsesiano. Era un' «allieva» di Salvemini che, in quegli anni, scriveva sul Corriere Valsesiano con lo pseudonimo di «Raggio X». «Angelica De Vito abitava qui vicino — ricorda Lanza —. Fenica ogni sera da noi. Parlava sempre di un suo nipote, rimasto orfano, della cui educazione si era occupata e a cui era affezionatissimc: Bernardo Attolico. Quando lo conobbi, qui a Fobello. ebbi subito l'impressione di trovarci: di fronte ad una straordinaria personalità. Pochi mesi dopo il mio ingresso in carriera, At¬ tolico, dopo essere stalo vi- \ cesegretario alla Società delle Nazioni e ambasciatore a Rio de Janeiro, fu trasferito a Mosca. Mi venne a cercare \ a Roma e mi chiese di parli- i re con lui per là Russia». «E' naturale quindi che Attolico sia sempre rimasto, il maestro, sia sul piano | professionale sia sul piano umano ». «Indubbiamente. Era un uomo difficile, esigentissimo. capace di ridurre qualcuno alla disperazione. Insegnava con l'esempio della sua attività e della sua intelligenza. Sempre pronto ad assumere le responsabilità più gravose. Lo lascwi per trasferirmi a Londra ma. quattro anni più tardi, appena scoppùita la guerra, mi rivolle con sé a Berlino. Lo trovai cambùito. col volto che rivelava la malinconw. per gli inutili sforzi da lui compiuti per impedire l'entrata in guerra dell'Italia. Si sentiva odiato da Hitler e da Ribbentrop e tollerato da Ciano e da Mussolini. Ricordo la mattina del 10 maggio 1940. quando gli portai all'ambasciata l'annuncio dell'offensiva tedesca contro la Francùt. Rimase impietrito e disse: "Questo significa che la nostra ora sta per scoccare. Forse per i tedeschi andrà bene. Quanto a noi prepariamoci ad un'altra Custoza". Quando apprese che Ribbentrop aveva chiesto a Roma il suo trasferimento, vide in ciò il fallimento di tutti i suoi sforzi». Portiamo il discorso su un articolo pubblicato di recente da Michele Lanza su una rivista che rievoca gli anni trascorsi a Mosca. In particolare gli chiediamo spiegazioni sulla partita a bocce con Stalin. Le bocce in Russia erano una novità e Stalin le aveva prese dalle mani di Lanza, soppesate e osservate, lasciandole poi cadere a terra sorridendo. Forse voleva assicurarsi che non contenessero bombe? «In quel momento interpretammo il gesto di Stalin come quello dei guerrieri barbarici che facevano taglujre il capo ai nemici vinti. Aggiungo che quando ne parlammo con alcuni amici russi, tutti convennero sull'esattezza della nostra interpretazione». Forse un bonario impegno a vincere, anche in quel gioco per lui ancora sconosciuto. «Una domanda curiosa: che cosa è un 'libro bianco", un "libro verde", un "libro nero" ecc., espressioni che ritornano di frequente nelle pubblicazioni storiche e nelle relative note bibliografiche?». «I documenti diplomatici vengono in genere rilegati con una copertina di colore determinato, il "colore diplomatico". Ogni paese ha il proprio "colore diplomatico". I documenti italùmi sono sempre stati raccolti sotto una copertina verde. Gli inglesi usano il bianco per le questioni imperiali ed il blu per i grandi problemi internazionali. Il rosso, se ben rammento, era il colore dell'Impero Austro ungarico ed il nero quello dell'Impero Germanico». «E' vero che toccò proprio a lei portare la copia del trattato di pace da Parigi a Roma nel 1946?». «Nell'aprile di quell'anno fui intnato a Parigi come membro della delegazione italiana alla Conferenza della pace. Furono giorni tristi e difficili. Infine fui incarica- to dall'ambasciatore M"li Lupi di Soragna di portare la copia del trattato a Roma. Riuscii a partire con un DC 3 ancora attrezzato per le missioni di guerra. Vùiggiai da Parigi a Roma sempre in piedi, tenendomi con una mano ad una corda tesa lungo la fusoliera e reggendo con l'altra la borsa con la copùi del trattato e parecchi altri documenti segreti. Consegnai il tutto nelle mani di De Gasperi. La sera stessa ripartii per Parigi»». «Con lo pseudonimo Leonardo Simoni, lei ha pubblicato un libro "Berlino. Ambasciata d'Italia. 19391943". Non intende ora scrivere le memorie dei periodi successivi della sua carriera, di Atene, Bagdad, Nuova Dehli, Copenaghen?». «Francamente no. Preferisco godere in altro modo della quiete di Fobello. Sto per dare alle stampe una mia "fantasia" ambientata nella Valsesùi del 1400: "Madama di Serracypre"». Ritorniamo con lo sguardo alla folla dei personaggi incorniciati d'argento. Fotografie di donne regali. Il diplomatico De Grenet trucidato alle Fosse Ardeatine. Lo squarcio pensieroso di Attolico. Baffi di spuma sulla prora di incrociatori. Un ritratto di Costantino Nigra. Del segretario di Cavour si dice che dopo aver scritto le sue memorie le abbia distrutte, portando via con sé segreti della sua vita e frammenti delle vicende del suo tempo. Sarebbe peccato perdere il filo che lega assieme queste j fotografie cosi diverse. Enzo Barbano 4