Al cabaret politico si recita la Virtù di Guido Ceronetti

Al cabaret politico si recita la Virtù Parliamone Al cabaret politico si recita la Virtù E9 in corso un nuovo numero del cabaret politico: il balletto della «moralizzazione». Sul programma si legge addirittura «Questione morale». Gli attori fingono vivacità; il numero è fiacco. Aspettiamo che finisca. Il successivo, però, non sarà migliore. Molte cose della sua moralità privata, e anche pubblica, si possono perdonare all'uomo politico, purché i suoi meriti verso la nazione, o verso la civiltà, siano tali da compensare largamente le magagne. Esempi antichi: Alessandro, vinoso e collerico; Cesare e le sue libidini, i suoi traffici con amici loschi. Gli storici moderni dimenticano volentieri i vizi di Tiberio, marchiati da Tacito, per rivalutarne la saggezza amministrativa. Naturalmente. Marco Aurelio, uomo integro prima che imperatore, è preferibile. Credo si debbano passare ai politici certe infrazioni al codice morale comune, considerandole alla stregua di errori, o necessarie al buon funzionamento del loro organismo, in vista del bene pubblico, a patto che il beneficio si veda. Usando del potere è inevitabile sporcarsi le mani, come nell'anatomia e nella perizia legale lo è il contatto con l'oscura e triste vita del cadavere mutilato. Ma se oltre a tollerare qualche azione immorale o dannosa non resta che tollerarne ancora, senza che un vero utile, o almeno una volta tanto un gesto nobile e decisivo le compensino? Senza che ci sia un lembo sufficiente di virtù per coprire la vergogna e lo sfacelo? Se questo fosse il caso italiano — qualcuno dice che lo è — la Nemesi finirà per fulminarci tutti, noi e loro. Una regola della democrazia pura, fissata da Saint-Just, è terrificante per il suo rigore: «Un cittadino virtuoso deve essere più considerato di un magistrato». (Qui «magistrato» vale anche per ministro, rappresentante, generale) E rincarava: «Quando si parla a un funzionario, non bisogna chiamarlo "cittadino"; questo titolo lo supera». Come quasi tutto Saint-Just la regola è difficilmente applicabile: la sua luce di rosa di cattedrale al mattino è però dolcissima, come un'onesta vendetta. Pensare il titolo di «onorevole» o di «ministro» o di «presidente» come diminuzioni, rispetto a quello di cittadino, è tonificante e ammonitore. Ma occorre che il cittadino sia degno del suo nome. A parità di virtù, onorevoli e presidenti gli sono inferiori, quantunque lo superino in potere: è la frantumazione democratica del «servus servono» Dei». La democrazia italiana si va dissolvendo per difetto di ferocia, di dura chirurgia legale nei confronti di chi esercita con troppo danno pubblico il potere. Tutte le antilopi si sono salvate. Un primo ministro avverte sottovoce un collega che suo figlio, imputato di assassinio di un funzionario e di altri delitti, sta per essere arrestato dai magistrati: presto, a Caracas. Questo incredibile primo ministro è fatto poi cadere per altri motivi e odii specifici: ma doveva cadere subito, e andare ai giudici, per la sua funzione in quella circostanza traditissima. L'episodio (se è vero) è più grave di ogni caso di corruzione in moneta; dimostra che la soli¬ tudine del cittadino (virtuoso) e del funzionario minore è molto profonda, e che il potere non è più né buono né cattivo: semplicemente, non c'è. Come si può arrivare a proteggere, dall'interno del governo, una mano armata che ha proprio il governo come bersaglio? Andiamo al Louvre, consoliamoci con la meravigliosa pittura di David: i littori che riportano in casa di Bruto i due figli giustiziati per ordine di Bruto. Ci rallegrerebbe, ogni tanto, una nota macabra del genere suicidio. Ristabilirebbe l'equilibrio morale. Ma no, niente... Nessuno, in questa classe politica, che per vergogna, per incubo di rivelazioni e imputazioni, per delusione ideologica, ricorra al colpo alla tempia, alla corda nella toilette, al tubetto vuotato venti volte. Poiché manca una vera sanzione pubblica, punirsi privatamente è ancora segno di virtù. Al massimo si arriva alle dimissioni, a cui seguono rifioriture in altri campi, e anche la salute se ne gioverà. Accusati e falliti non inghiottono il Pcrequil che secondo la prescrizione medica. Non accettano neppure un po' d'insonnia come castigo. La moralità pubblica, oltre che dalla legge (sia pure Dracone a farla), è fatta dalla coscienza individuale. L'individuo-funzionario (o capo storico, o capo carismatico) non può vivere in riposo morale senza cessare di essere vivo. Perciò abbiamo una repubblica di Zombi, non prevista da Platone o da Campanella. La rarità di coscienze moralmente inquiete (l'inquietudine morale essendo stata sostituita dalla nevrosi) tra i cittadini, rendendo i cittadini uguali invece che superiori ai funzionari e ai capi, impedisce di lontano il suicidio autopunitivo come inceppa i meccanismi di depurazione morale, o li rende inerti. L'onorevole è scimmia del cittadino, il cittadino, come può. è scimmia del ministro; i giornali condannano in nome di un'opinione che, in profondo, non condanna, anzi approva. Guido Ceronetti

Persone citate: Campanella, Dracone, Platone, Tacito

Luoghi citati: Caracas