Gli anti-eroi del marxismo
Gli anti-eroi del marxismo Parliamone Gli anti-eroi del marxismo SONO alcuni anni che convegni, dibattiti e libri sulla storia del socialismo e del marxismo seguono l'uno all'altro con un ritmo ininterrotto. Si è discusso appassionatamente, nell'ambito delle sinistre ma anche extra moe/iia, prima di Gramsci, di Lenin e di Kautsky, poi di Proudhon, in tempi più vicini di Bucharin. da ultimo di Trockij. Feltrinelli e Einaudi hanno pubblicato storie del marxismo. Presso quest'ultimo editore è uscito in questi giorni il volume che riguarda il marxismo nell'età della III Internazionale fino al 1929; dagli Editori Riuniti un importante studio del polacco Waldenberg su Kautsky. Ancor fresco di stampa è un libro di Martov sul bolscevismo. E sono solo esempi. Che cosa significa tutto ciò? Questo fervore? La storia, come si sa, è sempre «contemporanea». Si tratta, dunque, di riflettere su cosa si agita nello spirito d'oggi, su quel che spinge a siffatto fervóre così intensamente rivolto al passato del socialismo e del marxismo. E' vero; gli studi sono sempre stati assai intensi. Ma qui è da cogliere l'«animus» specifico che travaglia il momento attuale. A me pare che un punto sia chiaro. Si avverte che le sinistre, in Italia, in Europa, nel mondo hanno un bisogno profondo di ripensare il proprio ruolo, il proprio avvenire a confronto con i problemi posti dal mutamento sociale. Fatto è che non si può mai guardare al presente e al futuro senza ritornare al passato. E non per spirito d'accademia. Ma per un motivo assai più vitale. Perché noi pensiamo avendo in testa quel che il passato ha accumulato in noi. Senonché quel che ci viene dalla storia è sempre insufficiente. Gli interrogativi aperti dal presente sono sempre in certo modo nuovi. Per questo l'intelligenza storica è un bisturi della mente che siamo costretti a usare di continuo sul corpo della nostra storia al fine di meglio capire. Il socialismo e il marxismo del passato avevano consegnato molte certezze che oggi non sono più tali. In particolare, quello che era sembrato il «trionfo» storico del comunismo è un mito caduto o quanto meno fortemente incrinato. Il mito sovietico è ormai, nella coscienza della stessa cultura comunista italiana, un «dio» che tutt'al più fa miracoli da fiera. Ed ecco che si guarda interrogativamente indietro, per andare avanti. E in questo guardare indietro con occhi nuovi avviene persino che. anche per chi in passato non aveva dubbi, si scoprano le tombe e si levino anche i morti: coloro che si credeva che la storia avesse definitivamente'seppellito: il «rinnegato» Kautsky. il menscevico fallito Martov, il patetico Bucharin, il diavolo nero Trockij. Non manca — è inevitabile — chi questi morti vorrebbe trasfigurare e assegnare al cielo, facendo precipitare quanti prima avevano gli onori dell'altare, invertendo, con spirito evangelico. le parti. Per fortuna, e credo di non ingannarmi, l'atteggia¬ mento che, nonostante tutto, si afferma risponde al bisogno di maggior verità storica e di una più grande libertà intellettuale. E mi pare stia spegnendosi, o almeno assai restringendosi, quello spirito di setta che spingeva tanti a vedere tutto il vero e il bene in questo o quello spirito infallibile del socialismo: in Lenin, in Stalin, in Rosa Luxemburg. in Mao. in Trockij. l'uno contro l'altro armati (anche se con alcune alleanze interne). E' una buona cosa che l'era dei santi e dei sommi eroi stia finendo anche per il socialismo. Solo se essa finisce, può cominciare lo spirito della critica come condizione del confronto e della ricerca al servizio di un presente e di un futuro pensati con atteggiamento emancipato da ogni tabù c capace di generosità verso grandezze e miserie del passato. Massimo L. Salvadori
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