Lorenzo Lotto un pittore per gli umili

Lorenzo Lotto un pittore per gli umili Convegni e mostre ricordano l'artista veneziano a cinquecento anni dalla nascita h aspta alla Per- no Prima di Gjan Bt h spira alla perPrima di Gian Lorenzo Lotto un pittore per gli umili IL Veneto e le Marche ricordano Lorenzo Lotto, nel quinto centenario della nascita. Ad Asolo inizierà il 18 settembre un convegno internazionale, organizzato dalla Provincia di Treviso, con la consulenza della Sovrintendenza ai Beni culturali del Veneto. Per quattro giorni al Teatro Dose i maggiori specialisti italiani e stranieri discuteranno la pittura del Lotto e la sua influenza nel Cinquecento. Al convegno, presieduto da Pietro Zampetti e coordinato da Vittorio Sgarbi, sono annunciate quaranta relazioni. Interverranno, tra gli altri, R. Rearick, S. Guarino, R. Caiida. A. Tempestini, G. Mulazzano, S. Beguyn, C. Geuld, C. Bertelli, G. Mascherpa, F. Caroli, T. Pienotti, J. Roudel, A. Panza, A. Gentili, J. Grabski, P. Poncey, A. Paolucci, F. Trevisani. - Sempre la Sovrintendenza ha preparato a Treviso una mostra dedicata al pittore veneziano: si aprirà il 15 settembre e guiderà ì visitatori attraverso tre distinti itinerari alla riscoperta dei capolavori del Lotto nel Trevigiano, tutti recentemente restaurati. Un'altra grande mostra su Lotto nelle Marche, già annunciata per settembre, è invece rimandata alla primavera del prossimo anno. Si terrà ad Ancona presso la Loggia dei Mercanti, negli stessi locali dove il pittore nel 1550 espose i suoi dipinti per venderli alla lotterìa. Su Lorenzo Lotto e la sua opera abbiamo chiesto un intervento a Pietro Zampetti, docente di storia dell'arte all'università di Urbino, che al pittore veneziano ha dedicato gran parte dei suoi studi. i L 30 agosto del 1552 Lorenzo Lotto giungeva a Loreto, ultima e definitiva trasferta della sua vita. Giungeva anzi, non a Loreto, bensì a «Santa Maria de Loretta» — come egli stesso precisa — «condoto con tute mie robe, per habitar». L'asciutta annotazione del Libro di Spese informa che il «reverendissimo governator monsignor Gaspare de' Dotti» gli ha riservato una stanza nonché un «tocco per lavorar». Inoltre egli avrà un garzone a disposizione e sarà spesato del vitto. A sua volta l'artista si impegna a rendersi utile per la Santa casa mentre è autorizzato a dipingere per altri «in cunto mio e guadagno ». Non v'è dubbio; è la prima volta che il vecchio artista — egli aveva allora 72 anni — può guardare alla sua condizione umana con serena fiducia, mentre lo,spettro di finire solo e disperato gli si è allontanato per sempre. Lo dirà egli stesso, due anni do-, po, quando finalmente diviene oblato della Santa Casa: «L'ho fatto — dice testualmente — per non andarme più avvolgendo in mia vecchiaia»: frase profondamente drammatica, con sottintesi di amarezze, di delusioni, di sofferenze morali che lo avevano addirittura ridotto «inquieto nella mente». Egli volle così «trovar quiete in questo santo luogo». E lo dice inginocchiato, commosso, all'interno della casetta di Nazaret, alla presenza di tutti quei prelati, che lo guardano protettivi e compiacenti, come i padri domenicani coi poveri, nel quadro famoso di San Zanipolo a Venezia. S'ignora la data esatta della morte di colui che fu — forse — il maggior pittore veneziano di ogni tempo: essa avvenne comunque tra la fine del 1556 e i primi mesi del '57 tra i 76 e i 77 anni, essendo nato nel 1480. Fu pixP babilmente sepolto presso ì domenicani di Recanati (Loreto e Recanati avevano unità amministrativa), per rispettare le sue volontà testamentarie. Egli infatti nel 1546 aveva scritto: «Intravenuio el caso de morte, sia facto intendere ali frati di San Joanne Polo (domenicani) da ordinar a darmi sepoltura al costume e usanza fratesca, vestito del suo abito, perché cossi se obbligarono». Sin dalle prime sue opere, come la pala di Santa Cristina nei dintorni di Treviso (quasi contemporanea e "vicinissima a quella di Giorgione di Castelfranco) il giovane mostra di aver preso una strada diversa da quella indicata dal grande maestro della pittura lagunare, da Giovanni Bellini. Di qui il suo allontanarsi anche da Giorgione, di lui più anziano di soli tre anni. Il profondo classicismo di lui, legato a una visione neoplatonica e contemplativa della natura, tradotta nella armonia della pittura «tonale», cede di fronte all'esigenza di un rapporto con la realtà quotidiana, dell'eterno e ritornante problema della nostra presenza tra gli uomini.— Contemplò la natura Tutta l'arte del Lotto — a guardar bene — pur attraverso i molteplici aggiorna-^ menti stilistici e l'ampliamento delle possibilità espressive, è sempre legata a tale esigenza, che gli nasce dal profondo. Pensiero ed espressione sono un tutt'uno nella sua arte, perché la seconda è la conseguenza inevitabile, slegata da compiacimenti letterarirdel primo. Di questa sua fedeltà alle proprie scelte morali le opere dell'artista costituiscono una testimonianza esemplare, e, nel loro insieme, un documento dei più sostanziosi ed muminanti del Cinquecento. n Lotto visse le vicende di quel periodo* ne subì le conseguenze, ne sentì il peso: ne fu insomma un protagonista. La sua cultura, quindi, è fatta di esperienze, vissute anno per anno, nel Veneto prima, poi nelle Marche, quindi a Roma, ancora nelle Marche, per poi passare a Bergamo, tornare a Venezia, Treviso, Venezia ancora, per finire nelle Marche: Ancona prima, poi Loreto. Quanto le vicende dei secolo egli sentisse vivere nel suo spirito lo dicono le vicissitudini della sua vita e le stesse sue parole, giunte a noi attraverso il Libro di Spese, il Testamento; Le lettere bergamasche, documenti preziosi di lui e di quel secolo. Nei suoi scritti come un sottofondo musicale che commenti uno stato d'animo, si parla di crisi religiose, di eserciti occupanti, del «flagello» del sacco di ^Roma (1527), «delle paure» di Firenze, della «furia della peste», di Venezia «quieta e bonaza». Insomma, tutti gli eventi di quel secolo fatale, rovinoso per tante ragioni (la grande crisi italiana ebbe inizio allora e ne subiamo tuttora le conseguenze) vivono in lui, ne condizionano l'opera. Il Lotto non è un contemplativo, non si rifugia nel mondo della cultura e dell'arte per sfuggire alla tragica realtà del quotidiano. Egli ne accetta le conseguenze, le vive con partecipazione, mettendosi sempre dalla parte di chi soffre, cioè del debole e del vinto: in ciò sorretto da una fede incrollabile, come appare ben chiaramente dagli affreschi" di Trescore (Bergamo) e dalla pala di Santa Lucia di Jesi. L'arte sua si allontana sempre più dagli schemi umanistico-rinascimentali per recuperare certi valori della tradizione cristiana, anche medioevali. Quel suo narrar per immagini successive le Storie di Barbara e di Lucia risponde alla esigenza di renderle credibili e di coinvolgere nella vicenda chi guarda. Sono delle «sacre rappresentazioni» trasferite sulle pareti delle chiese e nelle pale d'altare. Persino le architetture sono elementi della scena, non rispondono a una visione unitaria dello spazio rmascimentale retto da rigorose regole prospettiche, bensì a una esigenza interna del racconto: con l'evidenza del «fumetto» e l'impegno del «Living Theatre». Uri cohfròhtóìra_g¥affTeschi di Raffaello delle «Stanze» (che egli ben conosceva), della «volta» della Sistina di Michelangelo e degli affreschi di Trescore del Lotto può dare la misura della sua posizione: il primo, figlio del Rinascimento urbinate e di Piero della Francesca, ha il senso altissimo dell'equilibrio morale come momento assoluto! della co¬ scienza che aspta alla Per- scienza che aspira alla perfezione; Michelangelo sente 1 S>so delle vicende umane ne avverte la tragicità che lie »~ —, ,.-1 J _ discende dal peccato (il^ delitto: Caino che uccide Abele- la natura matrigna: il diluvio universale), ma li vede come destino fatale dell uomo e ne fa un racconto eroico come una tragedia grecali Lotto, e qui sta la sua grandezza (e la sua modernità) cala tutti i problemi nella realtà del suo tempo; ì protagonisti deUe sue vicende non sono né i filosofi dell'antica Grecia, né gli eroi biblici, bensì la gente umile, in mezzo alla quale egli stesso vive. Le loro vicende, i dolóri e le speranze, le delusioni e le gioie, che animano ì suoi dipinti, sono quelli stessi vissuti giorno per giorno; sono quelli che passano nelle coscienze e trascorrono gli occhi delle persone che gli vivono accanto: l'amore del prossimo è il vangelo di Lorenzo Lotto. Quando, dopo r il traumatizzante soggiorno romano, torna a Recanati, dipinge una «strana» Trasfigurazione, che è uno dei dipinti più clamorosi del tempo. E' il suo momento intellettualistico, quello del meditare sui problemi religiosi, filtrati attraverso le esperienze di una Roma paganeggiante. E' insomma il quadro della crisi e della protesta, è il primo dipinto «manierista» della storia, se per Manierismo intendiamo il riflesso nell'arte di quanto stava accadendo nella civiltà di quel momento. La meditazione marchigiana, accanto a gente umile e schietta, che sente la vita come lavoro e preghiera, lò rinfranca. Presto a Bergamo darà la prova di sapere quello che deve fare. Così nasce la pala Colleoni-Martinengo. Nel Nord Italia egli ha modo di prendere visione delle esperienze del Correggio e di Leonardo, affinando la già tanto acuta sensibilità. Da allora la sua luce diviene più sottile, più penetrante, onnipresente ed emblematica, quasi voce stessa della coscienza. Nella pala di San Bartolomeo, appunto, l'inquietudine degli animi è suggerita, più che dagli atteggiamenti, proprio dall'irrequieto vagolare di ombre e chiarori, da quel penetrare del raggio luminoso, fin nel profondo della parte absidale, quasi esso abbia raggiunto davvero fin l'interno stesso della cosciènza. A Bergamo, il Lotto sente il richiamo delle esperienze umane, come mai in precedenza gli era accaduto: la schiettezza lombarda, la consapevole accettazione della prooria condizione cóme atto di fede lo conquista^ no Prima di Gjan Battista Prima di Gian Moroni, di Messana>o~Man: Olmi de zoni, di Ermanno «L'albero degli zoccoli, guarda alla semplicità anni rente della vita degli umili ne segue le vicende, ne con divide le pene, ne auspica h salvezza. Nascono allora i capolavori bergamaschi e quelli che egli da Bergamo prima, e poi da Venezia manda nelle Marche, dalla Annunciazione di Recanati alla Crocefissione di Monte San Giusto, alla ricordata pala di Santa Lucia di Jesi Incompreso a Venezia A Bergamo il Lotto fa tutti gli esperimenti possibili, dà il via alle sue maggiori creazioni.. Quando nel dicembre 1525 torna a Venezia la sua pittura tende ad acquietarsi, per non differenziarsi troppo dal gusto lagunare, quasi egli si fosse reso conto della divergenza che s'era nel frattempo maturata tra il suo stile e quello qui dominante. Si chiude allora in un mondo più raccolto, quello appunto delle pale dei Caiinini e di San Zanipolo. dove l'inquietudine interiore è espressa in modo più pacato e rassegnato. Egli guarda con pietà alle sue creature unito in una tacita intesa — come fa con i poveri questuanti nel quadro, quasi sublime, di San Zanipolo. Le opere che continua a mandare nelle Marche — si cita solo la Madonna del Rosario di Cingoli — sono la ripròva che la sua arte era accolta nelle lontane contrade di provincia, non compresa a Venezia. Di ciò si ha testimonianza nella famosa lettera dell'Aretino, inviata all'artista nel 1548, documento insuperabile di perfidia e testimonianza della considerazione in cui l'artista era tenuto a Venezia, con l'umiliante confronto con Tiziano, il quale «in mezzo a tutti i favori del mondo», dalla corte imperiale di Augusta, lo mandava a salutare (ed era una degnazione). Così l'anno seguente, nel '49; egli lascia Venezia, va ad Ancona, per poi finire i suoi giorni a Loreto. Oggi l'arte del Lotto — superato l'erroneo confronto con quella di Tiziano, ciascuno dovendosi comprendere nella propria luce — si rivela testimonianza profonda di quel secolo ed ' espressione della sua inquieta personalità. Una prova di altissima fedeltà alla coscienza, senza remore: «Vadasi poi come se voglia», secondo quanto egli stesso scrive, quasi a suggello della propria vita. tt Pietro Zampetti ■ — — ■ Lorenzo Lotto, «Ritratto di Andrea Odoni»