L'Argentina è una terra di parole

L'Argentina è una terra di parole Un panorama inedito sulla più recente letteratura latino-americana L'Argentina è una terra di parole BUENOS AIRES — «Non esiste». Così rispose il grande Borges, virtuoso del paradosso, a una domanda sulla letteratura argentina durante il suo ultimo soggiorno in Italia. «Generalmente si dice dell'Argentina che non esiste o che esiste ma non come una realtà, o che esiste, sì, ma come una cosa ancora allo stato embrionale, dolorosa, disperata, che l'argentino ancora non è nato...» commentava Witold Gombrowitz più di vent'anni fa presentando il suo Diario Argentino. Malgrado queste osservazioni, esistono uomini e donne argentini che si sono espressi e continuano a esprimersi per mezzo dèlia parola scritta, padroni di un raffinato mestiere e che hanno raggiunto, specialmente nel racconto e nelle opere di fantasia, la perfezione. «Il racconto, considerato in Europa genere secondario, è la produzione più significativa della letteratura argentina contemporanea. Sistema ermeticamente chiuso, arte suprema dell'ellisse, suggestiva economia di mezzi, ossessiva ap- prossimazione all'essenziale», n convincente entusiasmo di Jean-Pierre Bernès, consigliere culturale presso l'ambasciata di Francia e prof essore di letteratura spagnola alla Sorbona, ha fatto sì che il racconto argentino riceva finalmente nel suo Paese la considerazione che merita. In quanto alle opere di fantasia Borges, sempre ghiotto di contraddizioni, afferma nei Dialoghi Borges-Sabato: «L'Argentina è attualmente uno dei Paesi in cui si fa la migliore letteratura fantastica... I romanzi di pura immaginazione, credo, sono esclusivamente qui..». E Sabato prosegue: «Le tre grandi religioni occidentali nacquero nel deserto; qui il nostro contadino, il nostro gaucho, in queste vaste solitudini, divenne introverso e taciturno, con spirito malinconico e religioso. E'proprio in questo forse che dobbiamo cercare la radice prima della nostra tendenza alla letteratura fantastica... E sopra questi deserti si stende questa megalopoli, Buenos Aires, dove tutto sembra uguale, una specie di labirinto...». Al margine dei nomi già noti in Europa e con un cammino già tracciato, cosa succede oggi in questo labirinto, in questa Buenos Aires «capitale di un deserto» per Ezequiel Martinez Estrada, «eterna come l'acqua e Vana» per Borges, in questa città che, secondo José Bianco, è possibile «esiga ancora il sacrificio di varie generazioni di scrittori per ottenere che uno di essi riesca finalmente a imprigionare in un romanzo la sua realtà mobile e ribelle», in questa Argentina «luogo di ceneri auree e di visioni... fantasma di specchi che si misurano uno nell'altro» per Arpino, «vertigine orizzontale», per Drieu La Rochelle? «Esteriormente tutto sembra sfavorire qualunque movimento intellettuale o artistico. La gente che ci interessa non può comprare libri, perfino le case editrici più serie si fanno una spietata concorrenza per vendere immondizia (in inglese best sellerei con lo stesso entusiasmo e forse per gli stessi motivi per i quali qualche anno fa scoprivano un genio latino americano alla settimana: le nuove generazioni non sanno dove farsi pubblicare, cosa che praticamente si traduce in un: non esistono nuove generazioni E la vecchia generazione, che comprende scrittori dai trenta ai sessantanni sembrerebbe star lavorando nel vuoto. Resta la consolazione dell'immortalità, d'accordo. Ma uno scrittore da vivo vive soltanto nei suoi contemporanei: nessuna illusione atemporale può mitigare l'angoscia di non esistere adesso per gli altri, negli altri..». Lo sfogo è di Abelardo Castillo, in un editoriale della sua rivista El Ornitorrinco, e riflette il pensiero della maggioranza degli intellettuali argentini. Effettivamente vi sono circostanze storiche e/o economiche nelle quali il narratore, il poeta, non possono farsi apertamente eco della realtà e della propria realtà nella realtà. Borges dice però che è nei momenti di repressione che si fa la miglior letteratura. Sarà il solito paradosso? O forse la repressione e la censura sono stimoli dialettici per la creazione artistica, o esigono dagli autori sottigliezza e depurazione estreme? Castillo continua: «Niente come la mancanza di riconoscimento aiuta a migliorare lo stile». Premesse diverse, una sola conclusione. German L. Garcia e Luis Gusman, autori di un libro ciascuno attualmente proibiti, sono d'accordo con Borges: se di letteratura si tratta, il regime sotto il quale si vive è secondario. «Io non sono con Borges quando assicura che le situazioni repressive agirebbero da filtro di qualità per gli scrittori», si risente Rodolfo Rabanal. «Penso che in qualsiasi ordine sociale e politico la strada che il fatto letterario apre di fronte a sé deve dipendere dall'esigenza propria dell'autore di fronte al suo prodotto. La sottigliezza, le vie traverse per comunicare quel che non è permesso dire, non brillano necessariamente nei momenti di repressione. Mi domando quale repressione rese possibile l'opera di Faulkner; quale repressione rese possibile l'opera di Joyce o di Virginia Woolf. Nessuna, che io sappia. Mentre pochissime sono le cose importanti che diedero la Russia sovietica o la Germania nazista. Questo non significa tuttavia che non possa spuntare il talento in qualunque posto e in qualunque momento. Sarebbe la classica eccezione che conferma la regola». Il discorso potrebbe diventare lungo e polemico ed è meglio chiuderlo qui. E' comunque da tener presente un fatto: la crisi di pubblicazione, vendita e lettura della qualità è ormai diventata un fenomeno mondiale. Per quanto riguarda il boom della letteratura latinoamericana e le speculazioni, cui allude Castillo, che lo fecero degenerare, esso ebbe il merito di far sì che gli argentini, per essere alla moda, leggessero Garcia Marquez, Fuentes o Donoso é non Harold Robbins. «... La massa compra le opere di Cortazar... decisamente un autore per minoranze, non per lettori che sicuramente annoia a morte (scusami caro amico Cortazar) perché non sono preparati a digerirlo e gustarlo. L'autore di Rayuela (n gioco del mondo) è uno scrittore per scrittori direi...» commentava a questo proposito Victoria Ocampo in uno dei suoi Testimonios. Chi si avvicina alla letteratura argentina si renderà conto che essa si presenta più come una pluralità che come un insieme omogeneo, come un insieme di caratteri più che come un carattere definito. In un certo senso è naturale che sia così se si considerano la brevità della sua storia e la diversità degli elementi che la compongono. Già nel 1939, nell'esemplare saggio Lo scrittore argentino e la tradizione Borges metteva in risalto un'idea arbitraria tuttora diffusa presso gli editori stranieri: «che la poesia argentina debba abbondare in tratti differenziali argentini e in colore locale argentino... che una letteratura debba definirsi per i tratti essenziali del Paese che la produce... e che gli scrittori debbano cercare i propri temi nel proprio Paese...». Citando a suo favore il Gibbon, il quale sosteneva che per provare l'autenticità del Corano, il libro arabo per eccellenza, bastava il fatto che non vi fossero cammelli, Borges concludeva: «Credo che là nostra tradizione sia tutta la cultura occidentale e credo anche che abbiamo diritto a questa tradizione, più di quanto non ne abbiano gli abitanti di una qualsiasi nazione occidentale...». «Gùiraldes aveva bevuto avidamente in fonti francesi si era impadronito di tutto quello che in Francia sembrava inalterabilmente francese e che subì in lui una transustanziazione. Non fu la Francia a impadronirsi di lui ma lui di lei di quello che in essa raccoglieva per il suo alveare. I fiori di qualunque parte del mondo sono ugualmente trasformabili in cera e miele». Victoria Ocampo, che così scriveva per coloro che considerano troppo imbevuti di cultura europea gli autori d'oltreoceano, ci dice anche come Alonso Reyes paragonava questi a coloro che, reduci da un lungo viaggio, «conservano per tutta la vita una segreta malinconia, come un voler riunire in un solo posto le meraviglie di tutte le terre visitate». Si tratta dunque di prendere coscienza della letteratura argentina e dei suoi fatti letterari come dell'espressione di una realtà mutevole e complessa che niente ha a che vedere con quella degli altri Paesi dello stesso continente. «Per niente al mondo vorrei essere incluso in quel ghetto etichettato col titolo comune di scrittori latinoamericani dove in un'allegra brigata ci ammucchiano incauti critici professori alunni e lettori di altre terre, presi non per mano ma per il naso da politici che ben poco sanno di letteratura... salvo che la si può adoperare per fini extraletterari». La dichiarazione è di Eduardo Gudiho Kieffer, e tutti sono con lui. *Le risonanze di questa letteratura sono nelle opere degli autori ai quali ho dato la parola e in quelle di coloro che presenterò in forma parziale, nel doppio significato dell'aggettivo, in un breve tentativo di familiarizzare i lettori con un nuovo mondo di narratori: troppo poco o troppo consistenti, forse, ma che sì esistono. Quindici sono gli scrittori argentini dei quali almeno un'opera è stata tradotta in italiano: Roberto Arlt, Adolfo Bioy Casares, Jorge Luis Borges, Sylvina Bullrich, Julio Cortazar, Antonio Di Benedetto, Ricardo Gùiraldes, José Hernandez, Eduardo Malica Leopoldo Marechal, Manuel Mujica Lainez, Sylvina Ocampo, Manuel Puig, Ernesto Sàbato e Osvaldo Soriano. Fatta ovviamente eccezione per Arit, Gùiraldes, Hernandez e Marechal, morti da tempo, tutti continuano a scrivere e pubblicare, che risiedano o no nel loro Paese. Fra gli autori di rilievo da noi sconosciuti, assai più numerosi nell'abbondante produzione argentina vale la pena segnalare almeno altrettanti: le inevitabili omissioni peseranno a lungo stilla mia coscienza. José Bianco, «uno degli spiriti più lucidi e sensibili dell'America spagnola»: cosi lo definì Octavio Paz. Noto critico e saggista, è l'unico di questa lista che non appartiene alla ge- nerazione degli altri, tutti fra i trenta e i cinquant'anni, ma alla precedente. I suoi romanzi, La perdita del regno, Topi e Suole vestirsi d'ombra sono esemplari e per il contenuto e per il rigore stilistico. Abelardo Castillo, fantomatico personaggio che fra una partita di scacchi e l'altra riesce a scrivere ed a promuovere la cultura attraverso la rivista letteraria che dirige. Autore di Racconti crudeli La pantera ed il tempio, Altre porte e di due importanti drammi, Israfel e L'altro Giuda (ambedue vincitori di premi internazionali). Il primo è ispirato alla vita di E. A Poe; nel secondo viene ripreso il tema della colpa assunta dal traditore del Nazzareno; colpa che insieme col castigo sono il tema ricorrente dei suoi molti racconti. Alicia Dujovne Ortiz, attribuendo un «carattere divino» ad una buca delle lettere di una strada periferica di Buenos Aires, ha scritto una storia sconcertante per lo svolgimento tutt'altro che convenzionale sul piano umoristico come su quello religioso. La buca delle lettere sull'angolo è stato pubblicato quest'anno in Francia, poco dopo essere uscito in Argentina Sara Gallardo, le cui suggestive e sensuali descrizioni della vita nel campo argentino, insieme con la purezza del suo linguaggio, fanno de I levrieri, i levrieri. Gennaio e Eisejuaz tre libri indimenticabili. German L. Garcia, fecondo scrittore di saggi, racconti e romanzi fra cui Nanina, ora proibito, dirige insieme a Luis Gusman la polemica rivista Literal, di ispirazione freudiana. Quest'ultimo, esponente della cosiddetta letteratura della dispersione, che si propone di superare la distanza esistente fra il momento della creazione letteraria e il tempo di lettura, ha scritto numerosi saggi, racconti e romanzi fra i quali II barattolino ed il recente Corpo velato, non certo destinati al grosso pubblico. Eduardo Gudino Kieffer, il più popolare degli scrittori della sua generazione, immancabile nelle riunioni letterarie e mondane bonaerensi, padrone di uno stile inconfondibile, ironico e amaro. E' l'autore di Lettera aperta a Buenos Aires violenta', adesso censurato, è stato da poco pubbUcato negli Stati Uniti. Ha scritto inoltre Fabulario, Guida per peccatori, Per mangiarti meglio e l'originale Calze nere, parrucca bionda che è stato meritatamente il libro più venduto per diverse settimane, malgrado la concorrenza dei tanto tartassati best-sellers. Maria Granata più stimata dalla critica, che l'ha più volte premiata, che dal pubblico: I venerdì dell'eternità è un romanzo in cui il realismo magico, comune denominatore di parecchi narratori locali, è reso ancora più suggestivo da un linguaggio ricercato, strettamente poetico. Juan José Hernandez e i suoi racconti del volume L'innocente, che Garcia Marques definì una delle opere più importanti della narrativa argentina, tradotto negh Stati Uniti, in Germania e in Francia La città dei sogni è un romanzo in cui fa rivivere un periodo decisivo per la storia del suo paese, l'avvento di Perón, in un abile contrappunto di fatti e personaggi. Marta Lynch, sensibile e agguerrita affronta nei suoi romanzi (La signora Ordonez, Le dita della mano ecc.) i problemi della donna rispetto alla realtà politica e sociale che la circondano. Ne II tappeto rosso, il simbolo del potere, ci dà un quadro vivissimo deU'irremissibile disumanizzazione insita nella carriera di un uomo politico trionfante. Daniel Movano: suoi, fra gli altri, Una luce assai lontana e Il fuoco interrotto, in cui Roa Bastos credette di scoprire elementi suggeriti o ispirati a Kafka e Pavese, n suo è un realismo che si attiene quasi esclusivamente all'atmosfera del racconto e alla psicologia dei personaggi. Ricardo Piglia oltre che narratore è uno dei più importanti critici letterari del momento: L'uomo falso e L'invasione hanno una rigorosa costruzione sostenuta da una scrittura tersa, da un ingranaggio di significati complessi e di molteplici risonanze. Rodolfo Rabanal, che già si era imposto col primo roman2°' L'appartato, ha pubblicato contemporaneamente in Spagna ed m Argentina Una giornata perfetta, ottenendo il consenso del pubblico e della critica che lo considera un'innovatore dello spagnolo scritto d'America per la sua prosa spoglia, diretta, aggressiva e precisa, sottilmente erotica. itSfn* 801100 e u suo unico romanzo Serata di gala, «infinito ballo in maschera», «gioco di irrealtà incrociate», «tunnel di specchi che si moltiplicano fino alla vertigine», barocco, divertente ed assurdo ma non per questo meno tragico e amaro. Héctor Tizon, Fante di bastoni cavallo di spade, Fuoco a ^asabxndo e il suo ultimo Ubro di racconti, Il traditore venerato un libro che rimarrà neUa storia deUa letteratura argentina attuale per l'onestà e la tensione deUe immagini che io confermano scrittore di grandissimo talento. Paola Piqué Zerbino Eduardo Gudino Kieffer Marta Lynch Ernesto Sàbato