Velazquez va dal semiologo
Velazquez va dal semiologo Velazquez va dal semiologo Lore Terracini LINGUA COME PROBLEMA NELLA LETTERATURA SPAGNOLA DEL CINQUECENTO (CON UNA FRANGIA CERVANTINA) Stampatori, Torino, 333 pagine, 13.500 lire SEBBENE il titolo di questo volume di saggi si restringa ad imbuto, un po'per indicarne le linee precise d'indagine e un po' per lodevole onestà dell'autore, esso nel fondo è aperto a vari argomenti che quella intestazione sembra appunto eludere Ad esempio, il problema cui si fa riferimento nel titolo non riguarda solo la lingua, ma la letteratura come campo di analisi della lingua. E così via, approfondendo. Tanto che si potrebbero far circolare tutti i sostantivi che formano quel sintagma senza alterare di molto il senso del libro. Ecco perché, come studioso delle stesse materie su cui la Terracini ha lavorato e lavora, ma pur diverso e distante da lei per formazione e campi d'analisi son stato attratto specialmente da due cose: dall'elegante lucidità con cui uno può congedarsi da una parte ancora assai valida di se stesso, anche se non più stimolante; e, secondo, dalla spiegazione che la Terracini fornisce delle sue nuove prospettive. Tra l'altro, uscito da poco da un convegno sul barocco latinoamericano, cui ha fatto seguito una mostra bellissima, allestita all'Istituto Italo-Latino americano di Roma, sono stato positivamente colpito da una frase della Terracini: «Metterei^n rilievo nel discorso barocco la contraddizione tra il livello metalinguistico, che rifiuta i codici medievali, e quello poetico che li tiene in piena funzione». In quel convegno, come in altri sullo stesso tema, l'insoddisfazione confessata o non confessata della troppo vasta o incerta definizione di barocco, si rifugiava in formule nominalisticamente evasive: manierismo, post-manierismo; pre-barocco, ultra-barocco, post-barocco, barocchismo, preziosismo, ecc. Come se bastasse porre una etichetta per svelare i particolari riposti di un fenomeno, e non si dovesse invece indagare sulle connessioni interne del fenomeno stesso. Ma torniamo al corpo del libro della Terracini In esso s'incrociano almeno tre linee d'interesse: quello per la precettistica della lingua spagnola, condotto sui trattati degli umanisti ispanici (da Nebrija e Valdés fino a Morales), che s'innalza continuamente a problema di teoria della lingua o a tipologia linguistica; l'interesse letterario, percorso su autori spagnòli e italiani e interpretato come verifica d'una tipologia della letteratura; e, infine, una storia di registro d'analisi comparativa, tra lingua spagnola e italiana, che, staccandosi dalle categorie fisse assegnate ora all'una e all'altra lingua, sfocia continuamente nel tema della traduzione e della traducibilità. Anche la «frangia cervantina», annunciata nel titolo fra parentesi tratta di quest'ultimo tema, e ne tratta in base a unametafora, gli arazzi e il loro rovescio, che coinvolge persino un impegno per così dire figurativo o meglio di critica d'arte, con un cenno alle «Filatrici» di Velaèquez, da cui forse si potrebbe partire magari per scrivere... un altro libro. Anche il tema della ricerca d'una tradizione illustre, che ossessiona gli scrittori spagnoli nel Cinquecento e oltre, chiama in causa sia il rapporto con l'Italia e la tradizione letteraria italiana, sia un problema di generale considerazione metaletteraria: la lingua e la letteratura come espressioni di una identità nazionale o culturale. Tutto qui conduce, insomma, a uno studio delle sottili interrelazioni tra lingua e letteratura, tra teoria e pratica (o esercizio) della lingua, e teoria e pratica (o esercizio) della letteratura, ora in margine all'opera di Garcilasp ora in margine ai compienti di Herrera su Garcuaso. Dario Puccini
Persone citate: Dario Puccini, Herrera, Lore Terracini, Morales, Stampatori, Terracini, Velazquez
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