Ritratto di Caterina in terra di Siena di Sergio Quinzio

Ritratto di Caterina in terra di Siena La santa vista da un antropologo culturale Ritratto di Caterina in terra di Siena Alessandro Falassi LA SANTA DELL'OCA. VITA, MORTE E MIRACOLI DI CATERINA DA SIENA Mondadori, Milano 192 pàgine, 7000 lire IL punto di vista nel quale si è posto Alessandro Falassi per scrivere questo libro su Santa Caterina da Siena, di cui ricorre quest'anno il seicentesimo anniversario della morte, non è né apologetico né storico. Falassi è un giovane studioso che al folclore toscano, e senese in particolare, ha già dedicato altre opere, e gli occhi con i quali guarda alla Santa sono quelli delr«antropologo culturale», corretti però dagli occhiali c'ell'attaccamento alla terra e al popolo, essendo anche lui senese. Una combinazione in sé buona, ugualmente lontana dagli opposti estremi dello strepito acclamatorio e del riduzionismo «scientifico». E applicata poi con accorta sensibilità. Il libro di Falassi è un utile strumento per avvicinare la figura certamente straordinaria della popolana analfabeta delia contrada dell'Oca che. morta a trentatrè anni consumata dai digiuni e dalle penitenze, ebbe il tempo tra un fenomeno mistico e l'altro non solo di diventare una protagonista delle vicende ecclesiastiche e politiche della sua epoca, ma anche di dettare lettere e libri che la collocano di diritto fra i maggiori autori della nostra letteratura. Voglio ricordare subito il lato più sconcertante della sua personalità, quello che la portò a una Continua insistenza sulla mistica del sangue. In visioni. Gesù le mostra le piaghe e le imprime le stimmate, le prende il cuore e le dà il suo. la sposa e le fa bere il sangue del costato, nel quale Caterina immerge il pane per mangiarlo così intriso. Nelle lettere ritorna l'esortazione: «bagnatevi di sangue», «annegatevi nel sangue», «saziatevi di sangue». Tre volte al giorno con catene e discipline si flagellava un'ora e mezzo ogni volta, una volta per se stessa, una per i vivi e una per i morti. Ricevendo l'eucaristia le pareva di «avere il corpo di Cristo in bocca, di stritolarne coi denti le ossa e le carni e di avere la bocca e la gola piene di sangue, e ci provava un piacere che lingua umana non può assolutamente spiegare». Nella più celebre delle sue pagine, la let tera in cui riferisce al confessore Ratmondo da Capua la morte del condannato Toidoda lei convertito e assistito, racconta d'aver accolto nelle sue mani la testa del decapitato: «L'anima mia si riposò in pace e in quiete, in tanto odore di sangue, che io non potevo sostenere di levarmi il sangue, che mi era venuto addosso, di lui». C'è senza dubbio in Caterina un eccesso anche rispetto a tutto ciò che nella religio¬ sità medievale è già eccessivo. Un eccesso difficilmente spiegabile, ma che spiega il fascino esercitato dalla vergine senese su autori, pure per molti aspetti diversi, come D'Annunzio e come Ceronetti. Oltreché in una breve poesia. Guido Ceronetti ha raccolto in alcune paginette del Siletrzio del corpo il frutto delle sue riflessioni sulla santa del sangue. Ricordata Caterina che nell'ospedale di Siena «lavava e ungeva, tamponava, imboccava, purgava, versava orinali, frizionava», dice che «viveva nel lacerante paradosso cristiano: il corpo è curato per opera di misericordia, spes unica è la croce e la morte. Tutti gli ospedali, nel mondo cristiano, sono nati come proiezione della croce, vestiboli della morte... Caterina si abbassava per cambiare fasce marciose, nella invincibile convinzione cristiana che fosse meglio avere piaghe che non averne ò guarirne: la malattia era. in un certo senso, un'interruzione benefica del peccato e dell'offesa a Dio». Santa Caterina porta questo «lacerante paradosso cristiano» all'ultimo limite, là dove succhiare il pus dalle piaghe diventa gioia squisita, dove la croce viene deliziosamente assaporata. Un punto estremo e ambiguo che non poteva non costituire, storicamente, un culmine al di là del quale non si poteva andare, ma solo tornare indietro. All'eccesso medievale così radicalizzato da Caterina seguirà la Riforma, che si compirà nel senso esattamente opposto a quello, tutto ascetico e tutto romano, invocato dalla santa domenicana. Alessandro Falassi naturalmente non si pone questioni religiose e teologiche dei genere, si limita alla fenomenologia, che resta per lui la fenomenologia di una generica religiosità popolare, di cui segue le vicende attraverso i secoli .succèssivi, fino ai nostri giorni, nella devozione dei contradaioli dell'Oca per la loro santa. Non va oltre questo orizzonte, ampio ma senza profondità, neppure Ernesto Balducci. che ha scritto la bella prefazione al libro. Sergio Quinzio

Persone citate: Alessandro Falassi, Ceronetti, D'annunzio, Ernesto Balducci, Falassi, Gesù, Guido Ceronetti

Luoghi citati: Capua, Milano, Santa Caterina, Siena, Vita