II libertino della fiaba

II libertino della fiaba /folletti di Musàus, predecessore illuminista dei Grimm II libertino della fiaba J. Karl August Musàus LE LEGGENDE DI ROBEZAHL Fògola, Torino 250 pagine, 20.000 lire SE si parla di fiabe tedesche, si pensa subito ai fratelli Grimm. Non è un errore: le fiabe raccolte dai due grandi filologi romantici sono uno dei capolavori della letteratura universale, profondamente penetrate nella coscienza dell'intera società occidentale. Ma il loro prestigio ha fatto un po' torto a un altro autore tedesco di fiabe, Johann Karl August Musàus, vissuto tra il 1735 e il 1787. Vissuto dove? Ecco, qui s'inserisce un altro elemento a sfavore del favolista Musaus: quello di essere nato a Jena e vissuto a Weimar. Se si guardano le date, si vedrà che gii ultimi dei non molti anni che gli toccò vivere, Musàus li trascorse quando nel ducato di Weimar, ormai, abitavano accanto a lui persone capaci di oscurare ben altro nome che il suo: Goethe, Herder, Wieland, Schiller. Così, stretto tra una fine Settecento in cui doveva vedersela con questi «pezzi da novanta» e l'età successiva, quella romantica, in cui il dominio della fiaba sarebbe passato tra le mani dei fratelli Grimm e, per singole composizioni, di artisti eccezionalmente dotati (Brenta no, Hoffmaa Hauff, Eichendorff, più tardi Mòrike, ma già prima vergini, sorgivi, oggi diremmo naifs, Musaus al contrario, erede di una cultura più antica, ancor ben radicata nel Settecento dei lumi, riprende anche lui temi e motivi di antica tradizione popolare, rozza, contadinesca, stravagante, «medievale», ma filtrando il tutto attraverso uno scetticismo sorridente e superiore. Sembra un adulto bene educato ma più che sicuro della propria maturità che riporti a un altro adulto, altrettanto bene educato e anch'egli più che sicuro della propria maturità, una squisita melensaggine raccontatagli dalla propria cuoca analfabeta e campagnola o una tiritera senza capo né coda, anche se divertentissima, appena colta sulle labbra del proprio bambino. Per i romantici e i «filologi», di stretta o comoda osservanza, è uba bestemmia. Per noi moderni, abituati alle miscelazioni linguistiche, ai diversi e intersecati piani di racconto, agli effetti di primo, di secondo e di ulteriore grado, è una vera festa, un tipo di lettura che oggi forse siamo disposti a gustare più di quella dei Grimm. Si veda, in questo stupendo volume del librario - editore bibliofilo Fògola (una famiglia che il libro bello ce l'ha Arnim e Tieck;, il non troppo fortunato Musaus restò come diminuito, tanto più che il suo modo di far fiabistica si distingueva (per noi, una nota di fascino straordinario; per uno spirito settecentesco che subito dopo di lui doveva uscir di moda per moltissimo tempo. Proprio questo caratterizza il simpatico piccolo professorino favolista condannato a pubblicare le sue cose in una minuscola città ben presto dominata da un Goethe. Mentre i Grimm e gli altri romantici rifanno il verso al popolo, per il quale hanno una sorta di culto, o conservandone i vecchi racconti con rispettosa filologia dai ritocchi personali molto mascherati o abbandonandosi magari alla propria vena poetica individuale, ma sempre con l'ambizione di essere «popolari», nel sangue, e quando può non solo lo raccoglie e lo vende, ma lo produce», il primo ciclo di racconti, quelli del folletto Riibezahi, nume indigete della Slesia, spirito ora sadicamente dispettoso ora magnanimo: guardate come Musàus. monsieur in parrucchino e con le scarpe a fibbia, te lo rilancia, te lo cucina, te lo sfotte benevolmente, facendo di quelle ruvide e spesso crudeli narrazioni montanare una specie di superiore causerie accanto al caminetto, dove tra robuste avventure tutte azione è bello inserire un'allusione satirica di attualità, una nota di costume molto «libertina». O leggete Melechsala, gremito di erotismo filtrato ed eslege, cocktail di religioni prese con suprema tolleranza e di costume morale all'insegna di un edonismo da boudoir, anche se fiorente nella lontana età delle Crociate; o Amore muto, stupenda storia d'amore tutta concretezza realistica e insieme col grande respiro della fiaba, supremamente ben raccontata, come tutte le novelle di Musàus. un maestro dei ritmi giusti, delle scansioni irresistibili. Intorno a questo trionfo della parola scritta, i pastelli verdi, neri, viola, gialli, dorati di Margherita Pavesi Mazzoni che ornano il volume: immagini un po' per conto loro, di ben poca aderenza ai testi di Musàus, ma di rara gradevolezza. Italo A. Chiusano

Luoghi citati: Slesia, Torino, Weimar