Amaldi: i neutroni all'italiana

Amaldi: i neutroni all'italiana In un libro-intervista lo scienziato parla della fisica e della Scuola romana Amaldi: i neutroni all'italiana Il gruppo di Roma sarebbe stato in grado di realizzare come in America nel '42 la prima pila atomica? «Probabilmente sì» - Il «caso Pontecorvo» e la scomparsa di Majorana Una polemica con le tesi di Sciascia Piero Angela (a cura dì) AMALDI - INTERVISTA SULLA MATERIA DAL NUCLEO ALLE GALASSIE Laterza, Bari, 184 pagine, 4000 lire FORSE più spesso che nella letteratura o nella filosofia si incontrano .nella scienza personaggi che rappresentano dei modelli soprattutto per i giovani che in ogni epoca hanno sentito il bisogno di costruirsi un ideale della scienza. Edoardo Arnaldi, uno dei maggiori fisici contemporanei, è decisamente uno di questi personaggi. Ho avuto la fortuna di sedere nei banchi della sua classe colma di studenti di fisica, chimica, matematica, ingegneria, all'Università di Roma subito dopo la fine della guerra e non ho dimenticato il suo modo di insegnare così radicalmente diverso da quello caratteristico di molti professori di allora. Edoardo Arnaldi irradiava un senso di democrazia, di razionalità e di etica della scienza che più tardi ho avuto modo di riconóscere nei maggiori scienziati che ho incontrato specialmente nel mondo anglosassone. In più vi è sempre stato in Arnaldi lo stile inconfondibile di una Scuola. Questo stile caratterizza l'intervista con Arnaldi di Piero Angela (Arnaldi - Intervista sulla materia dal nucleo alle galassie. A cura di Piero Angela - Laterza 1980). Edoardo Arnaldi vi compie una affascinante escursione dall'infinitamente piccolo allo infinitamente grande, con un linguaggio chiaro e straordinariamente efficace. La materia è un sistema di scatole cinesi (le molecole, gli atomi, i nuclei, le particelle) caratterizzate da forze (elettromagnetiche, nucleari deboli e forti) che possono essere trasportate da messaggeri (fotoni, mesoni). Le sca-. tole diventano via via più complicate quando si arriva ad entità sempre più elementari (come i quark) e quando compare il concetto di antimateria (protone-antiprotone, elettrone positivo-elettrone negativo, quark-antiquark, ecc.). , D «trend» verso una concezione unitaria del mondo fisico vi appare come uno degli aspetti più entusiasmanti della fisica moderna. L'unificazione delle forze è ad esempio un processo in corso che Arnaldi definisce giustamente «stupendo». Altrettanto affascinanti sono le considerazioni sui progressi spettacolari realizzati dalla cosmologia che attraverso le metodologie teoriche e sperimentali dell'astrofisica è arrivata ad ipotesi^attendibili come quelle sui «buchi neri» e sull'origine dell'universo (la grande esplosione o «bigbang» di 10-15 miliardi di anni fa) e a concezioni molto avanzate sulla sua espansione ed evoluzione. «Chi vuole potrà seguitare a pensare che ci sia stato un creatore che ha creato l'universo» conclude saggiamente Arnaldi, lasciando intendere che questo non è un problema che la scienza può risolvere e che forse non dovrebbe neanche porsi. Una riflessione che emerge inevitabilmente nel lettore dopo il confronto sui problemi dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente grande è che questi rappresentano forse due limita simmetricamente irraggiungibili della nostra conoscenza. Ma al di là di queste riflessioni ciò che più colpisce di questo libro è la razionalità e il senso etico della conoscenza scientifica di Arnaldi perfettamente modulati da una grande passione per la scienza alla quale egli ha interamente dedicato la sua vita. Edoardo Arnaldi fu com'è noto con Fermi, Rasetti, Segre. Pontecorvo, Majorana, uno dei fondatori della Scuola Romana di Fisica formatasi e sviluppatasi anche per merito di Epicarmo Corbino che si era adoperato per concentrare nell'Università di Roma giovani di grande talento e con esperienza di ricerca nei maggiori Laboratori Europei. Dice infatti Arnaldi nell'intervista di Piero Angela «senza andare al solito Galilei, non va dimenticato che l'Italia ha avuto figure di importanza straordinaria come Volta e Avogadro... Nella seconda metà dell'Ottocento c'era stata una grande fioritura della matematica italiana che è proseguita anche nel nostro secolo con figure come Vito Volterra, Tullio Levi-Civita, Guido Castelnuovo e tanti altri... La mia impressione è piuttosto che il paese soffrisse di provincialismo, perlomeno nel campo della fisica... Una circostanza fortunata per noi fu la presenza di uomini lungimiranti e entusiasti per la ricerca come Corbino a Roma e Garbasso a Firenze che cercarono di agevolare in ogni,modo nei loro istituti i giovani capaci dando loro la possibilità diprodurve buone cose». Fra i nuovi modi di fare ricerca introdotti da questa Scuola vi fu certamente la ricerca di gruppo. «Questa fu una delle prove dell'intelligenza di Fermi; se fosse stato meno aperto ai mente e avesse voluto tenere tutto per sé il lavoro, non avrebbe potuto fare che una piccola parte di quello che in realta e stato fatto, afferma infatti Arnaldi. E il lavoro fatto e promosso da questo gruppo fu immenso per qualità e quantità. Così riassume Arnaldi in modo sintetico ed esauriente la storia di una delle più grandi avventure scientifiche ai questo secolo cui egli e i suoi colleghi della Scuola Romana hanno così autorevolmente contribuito. «J7 primo QrnnaldeIlo io aveva trovato il fisico inglese Chadunck a Cambridge quanao nel 1932 aveva scoperto i neutroni. Alla fine del ™ scoperta dei Curie della radioattività provocata da particelle alfa che però era un fenomeno molto limitato e meno ricco di conseguenze. Nel marzo del 1934 vi fu la scoperta di Fermi della radioattività provocata dai neutroni e nell'ottobre la scoperta del rallentamento. Negli anni successivi vi fu tutta una serie di lavori, sia nostri che di altri (ma certamente in gran parte nostri), sulle proprietà dei neutroni e dei nuovi corpi radioattivi. Alla fine del 1938 Hahn e Strassmann annunciarono la scoperta della scissione dell'uranio, cosa che rendeva molto probabile la possibilità pratica dello, sfruttamento energetico dell'atomo. E quattro anni dopo, a Chicago, Fermi realizzava la prima pila atomica. E' quasi incredibile la strada percorsa nel giro di soli dieci anni». La scoperta del rallentamento dei neutroni che insospettatamente procurava reazioni nucleari molto intense fu fatta a Roma e fu certamente un anello decisivo di questa catena che portò alla possibilità di liberare immense quantità di energie. Si è molto discusso (e fantasticato) sulle motivazioni che portarono a questa scoperta in relazione alla possibilità di ottenere energia. In questa intervista Arnaldi ripete con puntualità ciò che egli e i suoi colleghi hanno sempre affermato. « Veramente in quell'.epoca né noi né nessun altro vedeva ancora la possibilità di utilizzazione di questa energia. Sapevamo, certo che erano coinvolte grosse quantità di energia, ed eravamo consapevoli che la cosa era di grandissima importanza, ma non pensavamo ancota alle applicazioni energetiche: pensammo., subito alla possit'Htà di applicazioni mediche e farmacologiche, sia come terapia da radiazioni, sia come traccianti». Si trattava insomma di una scoperta scientifica frutto di autentiche motivazioni conoscitive e di una chiara visione teorica. Un caso che rientra nella «Logica della scoperta scientifica» secondo Popper. Le applicazioni di cui parla Arnaldi vi furono e vistose ma al termine della catena vennero realizzate anche applicazioni che hanno spesso chiamato in causa le responsabilità della scienza. La verità è che quando uno scienziato affronta un autentico problema di ricerca fondamentale al confine della conoscenza è raramente in grado di prevedere le possibili applicazioni dei suoi risultati. E' la ricerca tecnologica che in quanto si basa su conoscenze scientifiche disponibili può progettare e spesso prevedere un impiego positivo o negativo della scienza. Ciò spesso sotto l'influenza del potere politico o di situazioni socio-economiche contingenti. Di notevole interesse appaiono perciò due punti dell'intervista nei quali Arnaldi illustra a) la posizione del gruppo di Roma rispetto al potere politico e militare del regime fascista e b) la possibilità di un trasferimento tecnologico delle loro conoscenze scientifiche per scopi militari del tipo di quello realizzato in America. Fra questi due problemi esiste un'evidente correlazione. Il gruppo era chiaramente su posizióni antifasciste anche se come Arnaldi spiega con franchezza non si trattava di una vera militanza antifascista che del resto era un fenomeno a quei tempi ancora raro fra queL li che non erano membri dei partiti messi al bando dal regime ed era praticamente assente fra gli scienziati. «Avevamo molti amici che erano già scappati dalla Germania. Più tardi altri lasciarono l'Italia... Fermi partì nel 1938. Segre era partito in seguito alle léggi razziali, Rossi anche. E poi tanta altra gente più giovane come De Benedetti, Fubini, Pinclierle, Racah. Pontecorvo era già andato via nel 1935» dice Arnaldi e più tardi aggiunge che egli stesso aveva preso in considerazione l'eventualità di trasferirsi in America nel 1939 convinto che dopo il patto di Monaco vi sarebbe stata da parte di Hitler «una pacifica distruzione dell'Europa». D'altra parte il regime «non si può dire che si facesse sentire. Non si interessava molto del nostro lavoro». Anche nel 1938 quando fu annunciata da Hahn e Strassmann la scissione dell'atomo il fascismo non si accorse infatti delle potenzialità militari insite in queste ricerche. Non vi fu quindi alcuna iniziativa per sviluppare in quel periodo delle ricerche nucleari. «No, nessuno ci chiese niente, nessudice Arnaldi «devo dire è£e noi dopo lo scoppio della guerra, cominciammo ad essere preoccupati perche ci rendevamo conto che l'essere esperti in questo carajx. poteva procurarci dei problemi. Quindi a un certo punto (mi sembra'nell'inverno '40-41) il nostro gruppo, allora costituito da M. Ageno, D. Bocciarelli, B. N. Cacciapuoti, G. C. Trabacchi e me, decise di smettere di occuparsi della scissione dell'uranio...». Per quanto riguarda il secondo problema, se cioè il gruppo di Roma fosse stato in grado di realizzare come in America la prima pila atomica sperimentale nel '42, la risposta di Arnaldi è «probabilmente sì» a parte però le difficoltà di ri- »solvere certi problemi che solo un'industria tecnologicamente molto progredita come l'industria tedesca avrebbe potuto risolvere. D'altra parte per quanto riguarda il progetto di una bomba atomica è dimostrato che gli scienziati tedeschi avevano fortunatamente preso una via sbagliata. L'unica possibilità risiedeva quindi in una collaborazione tra i fisici italiani e l'industria tedesca. «Comunque le cose non sono andate così e come ho già detto, noi rimasti a Roma non volevamo che andassero così e per fortuna non sono andate così!» conclude Arnaldi su questa ipotesi. Due grandi ricercatori del gruppo di Roma hanno suscitato grande interesse in Italia anche e soprattutto al di. fuori del mondo scientifico italiano: Bruno Pontecorvo e Ettore Majorana. • Bruno Pontecorvo era prima emigrato in Inghilterra e poi. dopo la guerra nel '50 si trasferì in Unione Sovietica dove vive e lavora tuttora e ha ottenuto grandi riconoscimenti. In questi ultimi tempi è spesso ritornato in Italia per convegni „ scientifici. Come è nel suo stile Arnaldi esprime un'opinione molto chiara sulla posizione di Pontecorvo in Inghilterra prima e in Russia dopo è aggiunge «Pontecorvo era evidentemente ^ un uomo di sinistra, guesto lo sapevamo... però nessuno di noi si era occupato di sapere se Bruno fosse comunista oppure no». Da questa affermazione traspare un altro aspetto della personalità di Edoardo Arnaldi che ha contribuito nel dopoguerra a sviluppare la Scuola di Roma e a conferirle un grande prestigio in campo nazionale ed internazionale, n massimo rispetto per le idee politiche dei colleghi e dei suoi allievi nell'ambito della comunità di ricerca che egli di volta in volta rappresentava. dall'Istituto di Fisica dell'Università % di Roma alle più prestigiose organizzazioni in Europa. Per quanto riguarda Ettore Majorana, un ben noto romanzo di Leonardo Sciascia («La scomparsa di Majorana-, Einaudi 1975) ne ha fatto un personaggio mitico. In una polemica che si protrasse per un certo tempo su riviste e quotidiani all'apparire del libro di Sciascia Edoardo Arnaldi criticò la pretesa di Sciascia di aver scritto un «documento» su questo eccezionale fisico e contestò molte delle ipotesi fantasiose contenute nel libro di Sciascia (peraltro a mio narere bello dal punto di vista letterario). Nell'intervista Arnaldi ribadisce la tesi che Ettore Majorana si suicidò e scarta completamente l'ipotesi che la sua scomparsa fosse comunque legata «all'intuizione da parte di. Majorana del futuro sviluppo delle armi atomiche». Majorana scomparve infatti circa un anno prima che la scoperta della fissione dell'uranio potesse in linea di principio far minimamente pensare ad un simile sviluppo. Con fermezza inoltre Arnaldi respinge un'altra tesi ricorrente nel libro di Sciascia. «Secondo Sciascia, Fermi era invidioso di Majorana. Ebbene questa è proprio una falsità. Anzi direi che era vero l'opposto: Fermi aveva una grande ammirazione per Majorana... Anzi in proposito, Bruno Pontecorvo ha scritto... che lo stesso Fermi in un certo senso "si umiliava"davanti a Majorana, il che è forse esagerato ma comunque dà l'idea di quale fosse il clima di stima ed ammirazione che circondava Majorana all'Istituto di Via Panìspema» conclude Arnaldi. B problema della scomparsa di Majorana, cioè del suicidio, secondo l'ipotesi più attendibile, è un problema che né Sciascia né Arnaldi hanno risolto completamente. Esso va forse spiegato con la profonda contraddizione fra una «cultura familiare» profondamente conservatrice ed una «cultura scientifica» di avanguardia nell'ambito della quale egli operava ed eccelleva. La sua grande sensibilità e la grande tensione del suo lavoro teorico non lo avevano certo aiutato a superare questa contraddizione e lo avevano portato a quello stato di profondo pessimismo sugli altri e su se stesso che Arnaldi e gli altri colleghi di Roma avevano sempre riscontrato. L'intervista con Arnaldi è in conclusione un libro di eccezionale interesse che è il risultato di un raro incontro di un ottimo giornalista, con un grande scienziato dotato di singo¬ lari capacità didattiche. Alfonso Maria Liquori Ettore Majorana con le sorelle Enrico Fermi