Come lo scoprimmo in Italia
Come lo scoprimmo in Italia Come lo scoprimmo in Italia LA prima volta che si è parlato di Jorge Luis Borges in Italia è stato nel lontano 1927. Per essere più precisi: ne «La Piera Letteraria» del 18 settembre. ' L'occasione, occorre confessarlo, fu piuttosto casuale, ma ugualmente significativa. In un articolo di prima pagina, anzi proprio nell'editoriale d'apertura, intitolato «Buenos Aires contro Madrid», AJF. Ferrarin, ispanista non molto noto (ma che avrebbe più tardi tradotto il Polif emo di Gongora), riferiva d'una polemica che si era accesa tra la madrilena «Gaceta Liter aria» e la rivista bonaerense «Martin Pierro», a proposito della lingua spagnola e dei legami tra Spagna e America Latina. Secondo il direttore Ernesto Giménez Caballero, direttore della «Gaceta» e già allora difensore dell'imperialismo ispamco e della rossa castigliana e più tardi franchista della prima ora, sosteneva che il vincolo più forte per l'America del Sud era e doveva essere la lingua, la lingua castigliana, cosicché Madrid non poteva che essere considerata «il meridiano intellettuale dell'America spagnola». L'affermazione non era piaciuta agli argentini della rivista «Martin Pierro», che diedero incarico a uno dei loro collaboratori più assidui, Borges, di rispondere. Ma vediamo come descrive la polemica il Ferrarin: «L'elemento etnico delle varie repubbliche sudamericane è dato in generale dalla fusione di una minoranza di spagnoli con una maggioranza di indios; nella Repubblica Argentina, se il coefficiente indio è quasi nullo, di fronte ai discendenti dei conquistatori stanno nel rapporto approssimativo di 1 a I gli immigrati italiani e i loro discendenti. Considerata con attenzione l'importanza di questo' fattore si capisce agevolmente come le asserzioni di E. Giménez Caballero, inesatte per l'America Latina in generale, diventino addirittura assurde nel caso particolare dell'Argentina. E' facile capire come qui il fattore puramente linguistico tenda a perdere qualunque importanza. Uno che si chiami Bianchi, Mariani, Giusti, Scalabrini o Storni e che abbia il preciso senso della sua non lontana origine italiana, scriverà per forza di cose, spagnolo, ma si ribellerà energicamente all'idea di dover qualcosa alla Spagna». Ed ecco come viene citato da Ferrarin il nome di Borges: «Il poeta Jorge Luis Borges, che letterariamente rappresenta le aspirazioni dei criollos, che è come dire degli argentini al 100% è, nella sua risposta al Caballero, pubblicata pure sul Martin Fierro, il più esplicito a questo proposito: e, sia pure come semphce ammissione, questa sua frase è il miglior conforto alla nostra tesi. "Né a Montevideo né a Buenos Aires — dichiara — c'è, ch'io mi sappia, simpatia ispanica. Esiste invece simpatia italianizzante''. Naturalmente, l'elemento più curioso dell'articolo e del riferimento a Borges è la strana intuizione o preveggenza che in quella occasione dimostrarono i redattori de «La Piera Letteraria». Infatti, avevano illustrato l'articolo con un disegno-ritratto di Jorge Luis, Borges (quello che qui riproduciamo), tracciato e firmato dalla sorella Norah Borges, futura moglie dei critico letterario spagnolo trapiantato in Argentina Guillermode Torre. Quasi a sottolineare l'importanza di colui che più tardi sarebbe stato considerato, non a torto, il più grande scrittore dell'America Latina. Dario Puccini
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