Lo Gatto tra i versi un brindisi a Puskin di Ettore Lo Gatto

Lo Gatto tra i versi un brindisi a Puskin Lo studioso novantenne che ci ha fatto conoscere i russi Lo Gatto tra i versi un brindisi a Puskin CON t ricordi solitamente si aprono le commemorazioni di persone ormai lontane, e invece in questi giorni la slavistica italiana si riunisce intomo a Ettore Lo Gatto (90 anni il 20 maggio) proprio per festeggiare l'appassionata, attiva presenza di maestro e studioso. Ma mi sia concesso di derogare alla tradizione e di spostarmi nel ricordo a un ormai remoto giorno del dicembre 1963, nei locali dell'Istituto di filologia slava dell'Università di Roma. Era in corso, in prossimità del Natale, una di quelle «feste» (tartine preparate in fretta, vino spumante, chitarra, canzoni, addobbi argentati) con cui, a quel tempo, un manipolo di studenti di cose slave usava riunirsi intorno ai «suoi» professori in un clima familiare e affettuoso, ma mai goliardico, e mai cerimonioso. Allegramente ingenuo, forse, ma il sessantotto era ancora lontano. E, naturalmente, non tardò ad arrivare un brindisi a Lo Gatto, il professore già candido di capelli che in quell'istituto aveva insegnato tanti anni, che in quella stessa aula, nel maggio '60, aveva tenuto con voce commossa la sua ultima lezione prima di passare il testimone a un suo geniale e amato allievo, Angelo Maria Ripellino. A noi dell 'ultimissima leva, a me matricola, il nome di. Lo Gatto ispirava un timore e un rispetto reverenziali: lo leggevamo nella copertina di quella Storia delia letteratura russa su cui, per sapere, per conoscere, e non solo in previsione degli esami estivi, esercitavamo Umidamente le nostre forze di principianti, la nostra memoria, n brindisi, dicevo: una trentina di bicchieri di carta colmi di prosecco nelle mani protese all'indirizzo del professóre che, in risposta, annunciò: «Vi reciterò qualcosa di Puskin». Quel «qualcosa» èra il poema «H conte Nulin»: più di 350 versi declamati in russo, in un solo fiato. Ricordo ancora il braccio intorpidito, formicolante: ma si poteva forse abbassare il bicchiere di fronte a quell'esplosione di amore che riportava al dima dei dolci riti conviviali in cui prese forma tanta lirica puskiniana? Quell'ingenuo festino senza tracce di peste, il Patriarca dell'Istituto che faceva rivivere con una totale mimesi l'arguzia e la sovrana intelligenza del verso pusJdniano, il suo exploit mnemonico e articolaiorio, la passione che trapelava nella «recita» —' tutto questo andò a iscriversi in un angolo della memoria come un vivo esempio, come l'archetipo di un lavoro capace di unire l'ardore alla fatica, la sciolta immediatezza creativa al rigore di un «mestiere» coltivato quotidianamente, con sacrifìcio. Già nel 23, del resto, Prezzolini parlava di Lo Gatto (il giovane studente di letteratura tedesca cui, durante la I guerra mondiale, il caso, Ovvero, secondo Dostoevskij, la ferrea necessità della vita quotidiana, aveva fatto incontrare nella prigionia di Sigmundsherberg tre libri russi, segnando così in modo irrevocabile la sua futura attività) come di un «modello di azione amorosa per la diffusione della cultura e letteratura russa». Questa azione amorosa si traduce in una bibliografia sterminata, alla cui semplice citazione non basterebbe lo spazio di questa testimonianza, che vuole essere solo un atto d'omaggio al «Protoslavista» italiano (oggi, con molta modestia, Lo Gatto rifiuta il titolo di «pioniere» della slavistica italiana, ma tutti quelli che si sono educati sui suoi libri sanno quanto fondamentale, irrinunciabile e costitutiva sia stata la sua opera nel campo della nascente slavistica e in particolare russistica, opera che coincise con la grande apertura di interesse verso la civiltà russa, dopo i grandiosi avvenimenti del 1917). Proviamo, allora, un censimento a volo d'uccello della sua attività in quei primi, «favolosi» Anni Venti: oltre a «inventare» e dirigere la rivista Russia ('21-26), idealmente continuata nella Rivista di letterature slave C26-'32), oltre all'insegnamento in quella che fu la prima cattedra universitaria italiana di letteratura russa, Lo Gatto pubblica la traduzione di Ideali e realtà nella . letteratura russa di P. Kropotkin C21); Poesia russa della rivoluzione (23); Massimo Gorkij (24); La servitù della gleba e il movimento di liberazione in Russia, le traduzioni deWEvgemj Onegin (in prosa), di La Russia e l'Europa di T. G. Masaryk, di Storia della filosofia russa di E. Radlav, il primo dei tre volumi di Studi di letterature slave, l'antologia Critici letterari russi (tutto questo nel 25); il primo volume della Storia della letteratura russa (27-45: l'opera si arrestò al settimo volume per poi confluire nella famosissima Storia del '56); Letteratura russa, Letteratura sonettista, Pagine di storia e di letteratura russa (28); Vecchia Russia (29)... Questa parziale sfilata di titoli può già dare sufficientemente ragione della tempra (anche fisica) dello studioso; ma non si può fare a meno di citare altre sue opere fondamentali, nate in anni successila, cui anche fuori d'Italia è giustamente affidata la fama di Lo Gatto; Artisti italiani in Russia. Storia della Russia, Storia del teatro russo. Il mito di Pietroburgo. Puskin: storia di un poeta e del suo eroe. E fra le traduzioni (Goncarov, Saltykov-Scedrin, Leskov, Tolstoj, Ostrovskij, MaminSibirjak, Dostoevskij, Solov'ev, Cechov, Nékrasov, Osorgin, Sologub...) basterebbe ricordare per tutti la trasposizione in versi dell'Olle gin C37), «frutto di una vera mania» e, aggiungeremo noi, di un «gusto» della lingua russa rimasto insuperato. E di tante cose si vorrebbe parlare ancora a proposito di questo nostro sempre generosissimo affabile Decano: della sua biblioteca, ricchissima e preziosa, dei suoi incontri con personalità centrali del '900 russo (dall'Achmatova a Bulgakov, da *Gorkij a Bunin, da Pasternak a Ivanov...), dei suoi viaggi da «pellegrino incantato» in Russia, alla ricerca della chiesa in cui Puskin sposò Natasa, o in visita alla casa di Tolstoj, o ancora, all'antichissima Troice-Sergeeva Lavra... Lo Gatto è stato in Russia la prima volta nel 1928, l'ultima nel 1960, sempre in occasione di celebrazioni tolstoiane; ci auguriamo che in questi giorni festosi, che immaginiamo densi di ricordi e di amici, gli possa arrivare, tra i telegrammi e le lettere di felicitazioni, anche un invito ufficiale a ritornare nel paese che nei suoi confronti ha un debito infinito. Serena Vitale Ettore Lo Gatto