Senza compromessi

Senza compromessi Senza compromessi ALEXEJ Maksìmovic Péskov (noto come Maksìm Gor'kij. Maksìm «l'Amaro») e Vladimir Galaktiònovic Korolenko: lo scrittore su cui sarebbe discesa, negli Anni 30. la malinconica investitura di principe del realismo socialista, e rultimo dei narratori populisti russi, che aveva assistito da bambino alla liberazione dei servi della gleba e fece poi in tempo a sopravvivere di quattro anni alla nascita del potere sovietico ma restando sempre generosamente irridudbilmente fedele agli ideali della sua giovinezza. Korolenko veniva dalla sponda occidentale dell'impero degli Zar. da una volinia di boschi e di paludi, da una città — Zitomìr — che era allora mezzo polacca per lingua, intrisa di ebraiche chassidica. con viuzze sghembe e polverose, e con intorno una campagna sparsa di villaggi dai grandi tetti di paglia. Gor'kij era cresciuto nelle terre e nelle steppe del Volga, il fiume che per secoli aveva segnato il confine tra Europa ed Asia. Eppure i loro destini dovevano a più riprese intersecarsi A Nisnij Nòvgorod. dove Gor'kij era nato ed era vissuto ripetutamente dà giovane, nelle parentesi di sosta fra un vagabondaggio e l'altro (e oggi la città porta il suo nome). Korolenko trascorse dieci anni: vi rimase «parcheggiato» dal 1885 al '95. dopo un decennio di kàtorga. di esilio siberiano, e prima che gli fosse concesso di ritornare a Pietroburgo. Lì Korolenko fondò una specie di circolo intellettuale, che veniva chiamato scherzosamente la «Società dei filosofi sobri». E lì, in un giorno di inverno dei tardi Anni 80. avvenne il suo primo incontro con Gor- Tri* «Per tre giorni e tre notti t- ricorda Gor'kij — la tormenta aveva fatto pazzie: cumuli di neve ingombravano le strade; sontuosi colbacchi di neve incappucciavano i tetti delle caser cuffie argentee di ghiaccioli incorniciavano le cassette per i nidi degli stornelli... «Vladimir Galaktiònovic abitava alla periferia della città, al secondo piano di una casa di legno. Sul marciapiede davanti al terrazzino d'ingresso, un uomo tarchiato, che portava un berretto di pelo dalla foggia strana con i copriorecchie. un pellicciotto corto e mal confezionato, stivali di feltro pesanti, di quelli che fabbricano dalle parti di Vjatka. maneggiava con destrezza una larga pala. tite, e così rivelatrici, sugli eccessi del gio«Attraverso un cumulo di neve riuscii a inerpicarmi sul terrazzino. «— Chi cercate? «— Korolenko. «— Sono io. «Da una barba folta e liscia, tutta fiorita di brina mi guardavano due miti occhi castani... ». Gor'kij veniva a mostrargli un suo poema in prosa. E fu proprio Korolenko ad avviarlo alla notorietà, facendogli pubblicare nel '95 il racconto «Celkàsh» su una rivista prestigiosa e aprendogli così le porte di molte redazioni pietroburghesL E* quando nel 190Z ad appena 34 anni Gor'kij venne eletto membro onorario dell'Ac■ càdemia imperiale delle Scienze e il governo respinse la nomina. Korolenko non esitò a dimettersi clamorosamente da quell'Accademia (e con lui Cechov). Ma i due scrittori si trovarono accomunati anche nella veste di critici sferzanti e appassionati della pratica rivoluzionaria bolscevica nei giorni dell'Ottobre e nei primi anni che seguirono. Dalla loro vena di lucidi polemisti nacquero le Considerazioni Inattuali di Gor'kij e le Lettere di Korolenko a Lunaciarskij (tradotte ora in italiano per la prima volta). Tutti sappiamo su quali binari si instradò Gor'kij dopo quelle Considerazioni (e malgrado esse). Riconciliatosi con il governo bolscevico, quelle sue pagine così risen- vane potere sovietico, furono lasciate scivolare nell'oblio come momentanea e incongrua «sbandata». Lo si vedrà, ancora nel '34. condannare con rude cipiglio il «populismo» linguistico, la tendenza, viva in certi scrittori sovietici ad attingere realisticamente — le loro forme espressive ai «continenti verbali» delle parlate plebee dei dialetti e dei gerghi. La fama e la consacrazione ufficiale non impedirono tuttavia che quando egli mori due anni dopo, in un sobborgo di Mosca, sulla sua fine si stendesse l'ombra di ragionevoli sospetti, mai dissipati completamente. Il vecchio populista Korolenko. quanto a lui. non si piegò a compromessi non scese a patti. Un criticò letterario assai fine, Julij Ajchen Vàl'd. scrisse di lui riferendosi soprattutto ai suoi racconti: «La sorte mandò a Korolenko freddo e gelo in abbondanza, ma "anche sotto una vita simile a un recinto innevato, egli seppe conservare un cuore caldo». E questo suo cuore, che sovente l'aveva indotto a complottare contro lo zarismo e. più tardi a guidare battagliere campagne in nome di quelli che chiameremmo oggi i «diritti umani», continuò a battere caldo e intrepido fino alla fine. Remo Faccàni"

Persone citate: Accademia, Cechov, Vladimir Galaktiònovic, Vladimir Galaktiònovic Korolenko

Luoghi citati: Asia, Europa, Lunaciarskij, Mosca, Nisnij Nòvgorod, Pietroburgo