Nella stanza di Cergoly ci sono rose di Vienna

Nella stanza di Cergoly ci sono rose di Vienna Torna F «Austria felix»nelle poesie dello scrittore Nella stanza di Cergoly ci sono rose di Vienna dice ungaro slava Punta de spada La ga sepolta Fonda In humus austriaco Albero ben cressù Curado a la tedesca Dritto rama Tra l'aria fresca De bosco e de marina Foie che canta Al vento Strambotti a l'italiana Malinconie tormento Rotto De quando in quando Da un rider senza scopo Carolus L. Cergòly LATITUDINE NORD Mondadori, Milano 243 pagine, 8000 lire LA poesia in dialetto ha un suo spazio specifico, che via via deve scavarsi là dove la poesia in lingua non può giungere o giunge ormai del tutto consunta da troppe ripetizioni e abitudini Il libro di Carolus L. Cergoly è di questa situazione una dimostrazione perfetta nei due versanti di discorso sii cui si svolge: la rievocazione del mondo di ieri dell'Austria felix e della tragica fine di essa con la prima guerra mondiale (e, insieme, anche la fine di un'Europa di civili consuetudini di vita, di sapienti eleganze, di allegri amori); e la canzonetta amorosa. Il dialetto triestino di Cergoly è, anzitutto, la dichiarazione di distacco netto dalla letteratura nazionale e, al tempo stesso, da costumi e modi di ragionare e di vita dell'Italia, e anche dalla storia italiana. Segnala una storia diversa, separata, che è quella della Trieste cosmopolita dei decenni precedenti la prima guerra mondiale, ma nell'accezione più asburgica, meno italiana possibile. Proprio per questo una parte notevole di Latitudine nord è dedicata alla rappresentazione di momenti e situazioni dell'Europa di ieri, delia nostalgia del passato asburgico definitivamente scomparso e distrutto con la civiltà che aveva creato e difeso così a lungo, della disperazione e delia tragedia delia fine deU'impero. E' la sezione che si intitola, appunto. Mondo di ieri, nella quale si unisce la rievocazione di Vienna barocca o della «bella rosa de Vienna I in vaso de Muran» con la zia Resi che si uccide «in salotto serrada I col vesti- to de Geszler / prò toc olà de Corte / col revolver de nonno» nel 1918, alla caduta delrimpero, non diversamente da Carlo Giuseppe barone von Sipolje. Perfettamente il dialetto di Cergoly esprime questa volontà di distinguere la propria poesia da ogni attualità, da ogni rapporto con la situazione poetica nazionale, proprio per poter meglio rappresentare il doppio registro della levità e della grazia dell'antico gioco della vita e della società, pieno di discrezione e di tolleranza, del «mondo di ieri» e la profonda e irrimediabile tragicità della fine di quel mondo. E' un omaggio, anche, a ciò che è stato ed è perduto per sempre: a quell'altra vita e a quell'altra storia che possono poeticamente rivivere in una lingua che sia soltanto loro, quale, appunto, è quella, triestina, che usa Cergoly. L'altra misura di questa poesia è la canzonetta d'amore: e anche qui la necessità delia lingua usata da Cergoly è in stretto rapporto con l'impossibilità di dire in lingua la grazia, la malizia, lo scherzo, • il riso, la giocondità, l'ironia, anche la malinconia di un di- . scorso amoroso capace di prescindere da ogni complicazione esistenziale o morale o sociologica, per essere soltanto la lieta e fervida espansione di vitalità Il dialetto, allora, accentua mirabilmente sia la gioia del rapporto d'amore, sia la maliziosità del complimento, dello sguardo, del richiamo, dell'avventura, e anche quel tanto che di segreto e di precariò è in essa, quel senso della consumazione troppo rapida della letizia che, però, è detta senza drammaticità, senza angoscia, con l'estrema naturalezza che soltanto, appunto, il ' dialetto può dare, in quanto è natura anch'esso, al di qua di ogni complicazione psicologica o ideologica. La poesia in dialetto: ha avuto di recente una rinnovata fortuna critica con l'antologia novecentesca di Mengaldo. Latitudine nord ne conferma la fondatezza'. Ma, forse, è anche qualcosa di più: una delle rarissime opere poetiche dell'intero Novecen- • to in cui appaia in piena luce l'alternativa autentica delle possibilità perdute della storia, sulle quali non la nostalgia, ma la protesta* e la negazione e il rifiuto di ciò che è accaduto davvero cadono con. intatta forza, che anche il dia-, letto manifesta appieno, e l'altra alternativa ugualmente, perduta eletta vita come, allegria amorosa e amorosa contemplazione di luoghi e stagioni Cergoly è davvero il grande poeta solitario di quest'altra faccia del mondo, sì, allora, penduta, ma riconquistata anche nel suo mirabile libro. . Giorgio Bàrberi Squarotti Questo son mi Del novecento e otto Carolus L. Cergoly

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