L'Italia arriva in ritardo al treno dell'Occidente di Ernesto Gagliano

L'Italia arriva in ritardo al treno dell'Occidente A colloquio con Giorgio Galli: capitalismo assistenziale e democrazia protetta N i L'Italia arriva in ritardo al treno dell'Occidente M IL ANO — C'è un treno . che l'Italia ha perso, è quello dell'Occidente. La nostra società, sospesa tra capitalismo assistenziale e democrazia protetta, lo vede allontanarsi sempre di più. Che accadrà óra? Gli Anni Ottanta ci riportano ai periodi meno brillanti della nostra storia unitaria. A questa amara conclusione approda un saggio che appare ora in libreria: «Italia, Occidente mancato» (Mondadori, pagine 338. lire 7 mila). Gli autori sono Giorgio Galli, noto politologo, e Alessandra Nannei. ricercatrice in campo industriale e finanziario. La loro analisi soppesa trentasei anni di vicende italiane seguendo passo passo imprenditori e movimento operaio, forze politiche e istituzioni: è di li che verrebbero fuori i nostri peccati di «scarsa occidentalità». Non tutto, insomma, è stato deciso a Yalta, c'è un altro modo .di leggere la storia. Che l'Italia non riesca ad essere abbastanza occidentale è ormai quasi uno slogan. Ugo La Malfa ci ammoniva spesso sui rischi di diventare come certi Stati di tipo sudamericano, Piero Ottone nel suo libro «Come finirà?» ha scritto che abbiamo un solo piede in Occidente. Giorgio Galli (52 anni, docente di storia delle dottrine politiche e «columnist» di «Panorama») ci spiega così le sue idee: «Il libro è stato scritto da me per la parte politica, da Alessandra Nannei per quella economica. La tesi dominante? La nostra economia si sta differenziando da quella occidentale perché è controllata politicamente. Ci sono solo Paesi dell'Est dove l'economia è controllata dalla politica, certo in misura superiore. Abbiamo visto ancora in questi giorni i partiti designare nelle aziende pubbliche persone fedeli al partito, addirittura fedeli o correnti di partito. Probabilmente sono rimasti ormai due soli grandi gruppi privati: la Fiat e la Pirelli. Ora la Pirelli ha sempre bisogno di crediti e la Fiat deve anch'essa ricorrere al potere politico. Tutto ciò perché da noi il capitalismo assistenziale sta diventando prevalente». Galli aggiunge che un'altra caratteristica della nostra società è fuori da tutte le esperienze occidentali. «Qui — dice — c'è un superpartito che è la de. Inamovibile. In nessun Paese occidentale un partito è rimasto ininterrottamente alla direzione del governo dalla seconda guerra mondiale fino a oggi, per 35 anni». — Lei ha scritto una storia del pei e una della de. Ritiene ancora possibile un incontro fra queste due forze? n compromesso storico ha perduto tutte le sue chances? « Un incontro nel senso che la de gestisce il potere e il pei gestisce per quanto può la realtà sociale perché non diventi esplosiva: ecco, questo sì è possibile. Mentre il compromesso storico come lo concepiva Berlinguer, cioè una strategia di trasformazione democratica, non è possibile. Non lo era ieri e non lo è oggi». — Qualcuno dice che lei è un aritmetico della politica, altri un giustiziere passionale. C'è una certa contraddizione. Che ne pensa? «Ho imparato questo lavoro negli Anni Sessanta. Quando ero al Mulino ho familiarizzato con il tipo di ri¬ cerche delle anglosassoni. scienze sociali Poi ho usato questo metodo, che considero corretto, per dare giudizi chiari sul sistema politico. Forse è proprio questa chiarezza che viene giudicata passionale». — Parliamo di Mattei, personaggio cui lei ha dedicato una biografia. Aveva imboccato una strada di accordi e alleanze con Paesi dell'Africa del Nord e del Medio Oriente. In questi giorni si è fatto tutto il possibile su questa via? «Mattei ha introdotto anche notevoli elementi di corruzione nel sistema politico. Ma riteneva che questa prassi fosse al servizio di una giusta politica energética. Se questo secondo aspetto della sua attività fosse stato proseguito dai suoi successori, l'Italia s% troverebbe in una situazione migliore. Questa strada invece non è stata seguita». — Appena spento lo scandalo Lockheed, sono esplosi i casi Sindona e Caltagirone. E' colpa di un sistema o di certe persone? «Ci sono delle singole persone particolarmente corrotte. Ma il problema vero è che l'inamovibilità del partito di governo e il sistema del capitalismo assistenziale rendono "strutturale" la corruzione diffusa». ' —Esempio? «E' noto purtroppo che tutti gli interventi politici nell'economia comportano normalmente tangenti. E quindi se sono pochi gli interventi, sono poche anche le tangenti». — Pensa che questo ritorno del psi alla collaborazione di governo ripeterà le vicende del centrosinistra? «Pier quanto riguarda le recenti scelte del psi io non credo che portino elementi di sviluppo positivo. Non sarà però un'esperienza identica al Vecchio centro-sinistra soprattutto perché la de dovrà probabilmente continuare a trattare con il, pei che le può garantire una certa stabilità sociale». — Industria pubblica, aziende private, sindacati, eccetera. A chi vanno le maggiori colpe dell'attuale crisi? «Le responsabilità di una data situazione nel bene e nel male sono del gruppo sociale che ha più cultura, più influenza, più potere. Sotto questo aspetto credo che la grande borghesia italiana, che ha avuto negli Anni Sessanta un'occasione per collocare definitivamente l'Italia in Europa, nari abbia saputo utilizzarla». —In che modo? «Accettando il sistema del capitalismo assistenziale». — Cioè, avrebbe dovuto respingerlo? «Ha accettato un tipo di rapporto con il potere politico che ha favorito il capitalismo assistenziale. Prendiamo emblematicamente il caso Montedison del '66, quando si è permesso che cominciasse l'operazione che ha collocato tutta l'industria chimica italiana nelle mani del potere politicò. E' da lì che poi vengono i Cefis, gli Ursini.i Rovelli». — n politologo oggi è anche un po' profeta? Lei quali previsioni ha sbagliato? «Per carità, non parliamo di profezie. L'ipotesi che non è risultata fondata era quella secondo la quale il pei avrebbe potuto usare i suoi successi elettorali degli Anni Settanta per attuare il suo programma di porre fine al monopolio democristiano del governo e del potere». — E l'ipotesi che i fatti hanno poi confermato? «Quella che il cattivo funzionamento del nostro sistema politico ci avrebbe fatto pagare un duro prezzo in tensioni e conflitti». —Allude al terrorismo? «Il terrorismo è l'aspetto estremo di questo fenomeno. In realtà ci sono tanti conflitti nella società italiana che non assumono le caratteristiche della lotta armata. Conflitti nelle fabbriche, conflitti generazionali e un senso diffuso di instabilità sociale». — Che cosa dice della lot-. tizzàzione che invade tutti gli organismi pubblici? «La lottizzazione consiste nel fatto che la de si assicura tutte le posizioni chiave net settori dell'intervento pubblico, però deve assicurare anche posizioni minori agli altri partiti. Ne consegue che ne rimangono sempre meno per persone professionalmente qualificate, ma che non hanno l'investitura di partito. E ciò provoca una dequalificazione crescente in molti settori della vita itar liana. Anche questo è Occidente mancato». — Parla della de. Ma anche gli altri partiti sembrano stare al gioco. ««Sì, bisogna francamente dire che fuori di questo siste-ma sembrano esserci solo iradicali e i missini». —Lei è socialista? «Non sono mai stato iscritto a nessun partito. Normalmente vengo considerato un intellettuale dell'area socialista. E ho un passato di collaborazione a pubblicazioni socialiste: l'Avanti!, Mondoperaio, Critica Sociale». — Il titolo del suo libro è come una sentenza definitiva: non c'è neppure l'appiglio di un interrogativo, u treno dell'Occidente è perso per sempre? «Le scienze sociali possono fare delle ragionevoli previsioni nell'arco dei 5 anni Probabilmente in questo tempo il ritardo accumulato nei confronti degli altri Paesi occidentali diverrà incolmabile. Ma le scienze sociali mi hanno insegnato anche che non ci sono certezze assolute. E' molto probabile che non recupereremo il ritardo. Nessuno studioso può dire che è impossibile». C'è ancora, dunque, un filo di speranza, n politologo non pretende di essere pro feta: e lascia sempre una porta aperta. Ernesto Gagliano