Hollywood bianco e nero

Hollywood bianco e nero Hollywood bianco e nero Giuseppe Turroni BIANCO & NERO Electa, Milano pagine 98 con 137 fotografie lire 10.000 ANCHE quando i loro contenuti non ci convincevano del tutto erano sempre chiari, leggibili, luminosi. Il gangster minaccia, la ragazzina sorride, il cowboy cavalca o <^umiiina nelle sue scarpe sabbiose: e ci appaiono come pèzzi in movimento su una ordinata scacchiera, alberi e gesti-e cose egualmente, presenti e in rapporto ordinato tra loro. Forse non sono «veri», ma sono sempre e certamente «reali»; allo stesso modo la pagina, le frasi e ì dialoghi dei romanzieri moderni americani ci hanno sempre dato, dal romanzo fino al poliziesco, il piacere di un realismo costruito con cura, solidi ritmi di scrupoloso artigianato, lo spessore di una tradizione compatta, il lessico di una «famiglia». L'umanesimo americano è cosi, artigiano-professionale. Ha ponderati scatti di qualità, pazienti conquiste di esperienza. Un patrimonio di tecnica gelosamente conservata, studiata in profondità ed estensione allo stesso tempo; una qualità estetica di lavoro «ben fatto»: ben ragionato, ben costruito, ben realizzato. Stiamo parlando di Hollywood, della sua «fotografia in bianco e nero tra ie due guerre», cosi come la racconta Giuseppe Turroni. Se quello europeo fu più spesso cinema di intelligenza, di punte, è il cinema americano controllato da produttori col tallone «di ferro», sceneggiato all'ultimo dettaglio in script inesorabili, industrializzato fino al marchio di fabbrica — romantica la Goldwyn.Mayer, ad esempio, più tagliente la Warner — che non è tuttavia quasi mai divenuto un «mestiere» ma ha sviluppato organicamente la «sagacia artigianale» dei migliori operatori. Il progresso vi si poteva svolgere solo nell'obbligo della continuità? La «fotografia» americana è cosi riuscita lungamente la più classica e la più nuova, contemporaneamente: una linea lunga che da Brady e le sue battaglie della Secessione continua fino ad appena ieri. E la si può seguire anche a ritroso, questa storia, perché se anche la cultura americana «ha assai poco del proprio passato da coltivare e amare, quel poco lo coltiva e lo ama con una passione e un'umiltà più uniche che rare». Ecco cosi operatori e»registi del «bianco e nero» combattere e vincere assieme una sfida dettata dall'industria. Capirono, subito, che dovevano muoversi «come un grande fiume» che, oramai assestato il suo letto, scorre compatto e regolare, avanza rinnovandosi su se stesso. Poi, arrivò il «colore». Ed è un altro discorso. Claudio Savonuzzi H. Fonda in «Il massacro di Fort Apache»

Persone citate: Fort, Giuseppe Turroni

Luoghi citati: Hollywood, Milano