L'uomo, ora e sempre
L'uomo, ora e sempre L'uomo, ora e sempre SARTRE ritorna ora tra noi attraverso le pagine di un'opera non nuova ^L'universale singolare, Il Saggiatore, pagine 239, lire 12.000) in assoluto, ma nuova probabilmente per la maggior parte dei lettori italiani Franco Fergnani e Pier Aldo Rovatti, due ammiratori di vecchia data del filosofo, hanno avuto Vottima idea di rivisitare gli scritti sartriani successivi alla Critica della ragione dialettica per trasceglieme alcuni testi particolarmente significativi, anzi in qualche modo emblematici del cammino filosofico-politico compiuto da Sartre nell 'ultimo quindicennio. Ne è venuto fuori un volume assai bello e stimolante, che costringe il lettore un po'esperto di vicende intellettuali francesi a ripercorrere, non senza commozione, un itinerario che si snoda attraverso eventi e luoghi del pensiero in parte già noti ma sempre vivamente attuali. Il volume esce nell'accademica (nel senso migliore della parola) Biblioteca di filosofia e metodo scientifico del Saggiatore, ma si può proprio leggere tutto d'un fiato. Non solo perché è composto di saggi di solito piuttosto agili (e ottimamente introdotti dai due curatori), non solo grazie alla sempre vigorosa scrittura sartriana: ma anche perché i temi affrontati o evocati appartengono tutti al nostro presente più scottante e attuale. Ce n'è davvero per tutti i gusti: sottili riflessioni filosofiche su un au tore (Kierkegaard) sempre molto amato da Sartre, importanti considerazioni sulla figura e la funzione dell'intellettuale oggi (un te-, ma sul quale, pour cause, Sartre è tornato tante volte), nette prese di posizione su temi teorici cruciali (ad esempio sullo strutJuralismo e le scienze umane), partecipi analisi di alcune delle questioni politiche che hanno maggiormente travagliato la sinistra (sia quella tradizionale che la «nuova»): l'atteggiamento dei comunisti nei confronti della rivoluzione, le interrelazioni tra masse, spontaneità e partito. La dimensione politica sembra quella prevalente nel libro, almeno dal punto di vista quantitativo. Ma il lettore che voglia accostare alcuni dei motivi più profondi dell'universo sartriano farà bene a guardarsi con attenzione il saggio su Kierkegaard e l'intervista sull'antropologia. Il primo contiene una serrata disamina del pensatore danese visto sempre in rapporto, ora dialettico ora antinomico, con Hegel L'invito di Sartre è, in qualche modo, di pensare la «necessità» teorica di entrambi i filosofi: Hegel per la conquista della storicità (mancata a Kierkegaard), Kierkegaard per il suo senso dell'umano, per la «singolarità irriducibile di ogni uomo nei confronti della storia, la quale tuttavia lo condiziona rigorosamente». L'«universale singolare» di cui parlano queste pagine è proprio l'uomo: l'uomo che torna a campeggiare nell'importante dialogo sull'antropologia. Il testo è del '66, siamo in pieno clima strutturalistico, Lévi-Strauss ha già duramente criticato la Critica della ragione dialettica: ma bisogna vedere con quale pacatezza e perspicuità Sartre reagisce qui ai principali assunti degli avversari: guardandosi bene dal rifiutarli tutti in blocco, ma al tempo stesso sottolineando l'irriducibilità dell'uomo all'oggetto, e la sostanziale autonomia dell'approccio filosofico-interpretativo all'umano. Sono le tesi già esposte nella Critica della ragione dialettica, che bisognerà decidersi, prima o poi, a valorizzare adeguatamente all'interno di un riesame complessivo dell'epistemologia ermeneutico-dìalettica delle scienze umane sviluppatasi nel corso del nostro secolo. Sergio Moravia
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