Segalen: un duello fra realtà e sogno

Segalen: un duello fra realtà e sogno «Scorribanda», opera postuma dello scrittore ingiustamente trascur Segalen: un duello fra realtà e sogno PINO ad epoca recente i libri di Victor Segalen, alcuni rilegati in seta, altri protetti, all'uso cinese, da sottili placche di canfora, non erano noti che a un piccolo, superstite numero di amici oaun grande poeta come Pierre Jean Jouve. Ma se negli ultimi dieci anni, gli editori Plon e Gallù mard ne hanno man mano pubblicato i testi più importanti, da «Les Immemoriaux» a «Stèles-», altri ne vengono riproponendo le opere più eterodosse e sottili, sulla scia degli studi, dei convegni in occasione del centenario della sua nascita nel 1878. Le traduzioni da Segalen nella nostra lingua si limitavano fin qui al romando «René Leys» e ad alcune poesie di «Stèles»: ora la casa editrice II Melograno pubblica in versione italiana, con un'ariosa e fermentante presentazione di Giuseppe Conte, «Equipée» (Scorribanda). «Equipée» è l'opera-testamento di Victor Segalen. Conclusa nel febbraio del 1915, pubblicata a cura della moglie Yvonne nel 1929, quando il poeta era ormai scomparso da dieci anni, pone in termini definitivi, di antiveggente modernità, quel rapporto fra Immaginario e Reale che, succo vitale dell'intera ricerca dello scrittore bretone, ha costituito uno dei problemi più vissuti dai poeti, dagli scrittori del dopoguèrra. Come sottolinea Giuseppe Conte, c'è in « Scorribanda» una «consapevolezza e una pratica della Letteratura che sentiamo acuminata e dolce, profonda e leggera, babelica e geometrica insieme», una «professione di fede formalistica», che impreziosisce il libro, «lo complica in itinerari nel senso, vorticosi e controllatissimu. Esse cancellano quel peso della Cina volutamente intesa non come «luogo e formula» ma fatta scadere a pura palestra e paesaggio del viaggiatore, del competente sinologo, dello scrittore esotico, che ha sempre rischiato di schiacciare Segalen; e pongono in scacco quei critici frettolosi, pronti a gabellare come cineserie un magistrale punto d'arrivo poetico e conoscitivo, qual è «Stèles». Forse nessun'altra opera di Segalen come «Equipée» è altrettanto emblematica della sua presa di posizione in seno alla temperie culturale in cui visse. La sua originalità è già chiara all'epoca dell'incontro, appena ventenne, con Huysmans: i paradisi artificiali di Des Esseintes gli svelano sensazioni e idee fino ad allora solo presentite, ma la vertigine decadente si annulla nel bisogno di misurarsi in tutta pienezza con il mondo, da percorrere realmente non con l'immaginazione, da conoscere in tutta la sua immensa Diversità, per conoscere se stesso. Medico di marina, viaggiatore instancabile in Oceania e poi nel cuore della Cina, dove nessun europeo aveva ancora messo piede, il suo esotismo come estetica del Diverso è verifica dell'Immaginario nel Reale, è ritorno a terra per sognarlo, spiritualizzarlo senza negarlo, come accade invece a mólti dei suoi più illustri contemporanei. Sarà il soggiorno in Cina a portare a sviluppi acutissimi il vissuto contrasto fra immersione totale, tempo-spazio, nel mondo e la parola che lo esprima; a condurre Segalen alla ricerca di un elemento unico, in cui Reale e Immaginario coesistano, quella folgora¬ zione cioè del momento insolito, misterioso, che è la radice stessa dell'illuminazione poetica. La città tartara recinta di muraglie, all'interno di Pechino, la Città Violetta Proibita, chiusa sul suo segreto, l'essere inconoscibile di cui non è dato avvertire che l'assenza, è in «Stèles» (1912) la grande metafora d'un'interiorità, in cui il Reale raggiunge l'Immaginario, che lo modula, lo ricrea in goccia d'assoluto, Nome nascosto, Silenzio. Lancinante, fra ironia e passione, il rap^ porto Immaginario-Reale è rovesciato, sospeso nell'ambiguità, nel romanzo «René Leys» (scritto nel 1910, pubblicato nel 1921). L'impossibile risposta alla domanda se René con la sua promessa di condurre lo scrittore all'interno del Palazzo Imperiale ha detto il vero e naturale è la sua morte, o se al contrario ha sempre mentito circa la sua vita all'interno della Città Proibita, obbedendo all'immaginazione dello scrittore, e si uccide per non tradirla, che altro è se non un mettere in causa ancora una volta, i rapporti fra Immaginario e Reale? René Leys è il racconto d'un libro che non si farà più, come «Equipée» è il racconto d'un viaggio, rapito dall'immaginazione del viaggio, progetto e labirinto all'interno d'una camera di porcellana, non intorno ad essa, ma a una domanda che è il simbolo stesso della vita intera di Segalen e mai come qui pronunciata con tanta immediatezza: «L'immaginario si indebolisce o si rafforza, quando si confronta con il reale?». Il viaggio, tema di questa «Scorribanda», non è allora che l'intelaiatura per l'attimo del «corpo a corpo, rapido, brutale, spietato» di realtà e immaginario, che genera la parola e sposta la domanda all'interno della letteratura senza risolverne il duello drammatico e affascinante. Nessuno forse lo ha vissuto come Segalen: la maggior parte di «Stèles» fu concepita e scritta sullo sfondo della peste in Manciuria (1911), dove lo scrittore s'era offerto di sostituire uno dei medici stroncato dall'epidemia. La camera di porcellana, di cui Segalen scrive in «Equipée», si staglia nell'ospedale di Brest (1915), da cui, mobilitato come medico, chiederà di essere inviato volontario tra i fucilieri di marina sul fronte del Belgio. Fedele alla sua visione del mondo, che a nulla vuole sottrarsi, nel gran fiume della Diversità. Lucia Sollazzo Victor Segalen nel suo studio a Pechino

Luoghi citati: Belgio, Cina, Città Proibita, Manciuria, Oceania, Pechino