Il mediocre show dell'onorevole di Lietta Tornabuoni

Il mediocre show dell'onorevole «Lo Stato spettacolo» e qualche suggerimento utile per gli uomini politici Il mediocre show dell'onorevole Il saggio di Schwartzenberg studia il rapporto fra successo politico e massmedia in vari Paesi - Il caso italiano è diverso: i nostri leaders non si curano della propria immagine fisica, non dimagriscono, non correggono i tic, non compiono alcuno sforzo per piacere - La loro tecnica nei massmedia è semplice: occuparli, stare sul video il più a lungo possibile PANNELLA e Almirante si fronteggiano davanti al telepubblico che aspetta lo sfrenarsi degli Sputafuoco della politica italiana: e invece i due, melliflui come il Gatto & la Volpe, scelgono la compostezza. Ben seduti e ben vestiti (uno in grisaglia, l'altro in ottocentesca cacciatora di velluto) si parlano con voci soft, si complimentano, si rimproverano appena con dolcezza («nracome, .caro Almirante, tu che non sei mai stato un interruttore...»), fanno demagogia e dicono sciocchezze in decorosa quiete. E' questo, il nostro Stato-spettacolo? Quello citato dal moderatore Jader Ja- cobelli insieme con il libro di Schwartzenberg secóndo cui «un tempo erano le idee che facevano la politica, oggi sono le persone, anzi i personaggi: lo Stato si trasforma in compagnia teatrale, la politica inclina alla messinscena, i leaders diventano star»? Nominato segretario democristiano, soltanto Piccoli prova a cambiare stile: nuovo taglio per i capelli, domati e schiacciati sulla testa, nuovi occhiali a lenti quadre senza montatura, panciotto, colorini grigiazzurri, un'aria generalmente più riflessiva ed autorevole. E' questo, il nostro Stato-spettacolo? Intervistato alla Tv per il Cantuccio dei Repubblicani, Spadolini fornisce una performance sbalorditiva: il suo eloquio è. una valanga, un'alluvione, una ca-.. scata del Niagara, un fenomeno della natura. Irrefrenabile abbondanza, grandissima velocità, non un attimo di sosta né d'esitazione, non un termine inesatto né una frase malcostruita: lo si segue stupéfat-. ti, aspettando con emozione la caduta, constatando con ammirazione la tenuta. Purtroppo, come dice lo slogan d'un apparecchio per sordi? Purtroppo: «Sento il rumore, ma non capisco le parole». E' questo, il nostro Stato-spettar colo? Macché. Il nostro Stato produce spettacoli d'altro genere. Il dramma nerogiallo del terrorismo: sul video ogni sera, sui giornali ogni mattina, pavimenti o lenzuola impastati di sangue, reperti d'armi allineati su tavoli di questura o di Comando, poveri corpi abbandonati sull'asfalto, fototessere di vittime, identikit improbabili di carnefici; carabinieri agguantisi in appartamentini, cani poliziotto, tristi funerali ufficiali. Oppure il grottesco biancorosa degli scandali: risuonar di nomi famosi e cariche impor- • tanti, tipi arrestati che si coprono la faccia con le mani ammanettate, dichiarazioni di magistrati, annunci di ricoveri in clinica per improvviso malore, milioni di cauzione, Evangelisti che racconta alla Tv d'aver preso soldi dai Caltagirone, «Embè». Gli spettacoli con cui il nostro Stato intrattiene i suoi cittadini-pubblico, distraendoli dalla politica reale, non sono one-man show, sono kolossal dove recitano migliaia di attori e comparse. Nel suo Lo Stato spettacolo (Editori Riuniti, pp. 426, lire 6500), Roger-Gerard Schwartzenberg (36 anni, docente universitario eli diritto a Parigi, saggista di sociologia politica, editorialista dell'Express e del Monde) studia la politica spettacolarizzata dai massmedia. «La politica dell'immagine: il modo di dirlo è più importante di ciò che si dice, lo stile conta più del programma-e può sostituirlo. Con i mass-media lo spettacolo del potere si è sostituito alla pratica del potere così come lo spettacolo dello sport o della sessualità ha soppiantato la loro pratica: in politica come altrove si inclina al voyeurismo». Non è il caso italiano: e infatti dell'Italia il libro quasi non parla. Da noi i leaders non si curano per niente della propria immagine fisica, come del resto si curano poco di quella politica e morale. Non dimagriscono, non si lavano spesso i capelli, non si vestono meglio, non si liberano dagli accenti dialettali, non si truccano. Non tentano di rendere più attraente il proprio aspetto (e Dio sa se tipi come " Pietro Longo ne avrebbero bisogno). Non cercano di parlare alla gente in modo chiaro, sintetico, brillante e almeno interessante, né di catturarne l'attenzione. Non si ' danno da fare per correggere tic buffi (gli occhi perennemente sbarrati di Zanone) oppure irritanti (la pomposa lentezza d'eloquio di Craxi) oppure autolesionisti (l'evidente disagio, l'imbarazzata tensione di Berlinguer alla Tv). Non hanno consiglieri professionisti per. i mass-media: al massimo portaborse, valletti, adulatori, magari scherani. Non compiono nessuno sforzo per piacere: semplicemente, ci sono e ci restano. Da noi la tecnica dei politici nei mass-media è molto semplice: occuparli, possederli. Per fare? Stare lì al microfono o sul video il più a lungo possibile, il più frequentemente possibile, persistendo e parlando il più possibile. Una insensata fiducia in se stessi gli fa credere che basti mostrarsi, comparire: l'arroganza del potere diventa arroganza dell'essere. Da noi il successo politico di un leader è affidato a strumenti più italiani, più nuovi o più antichi dei mass-media: la coscienza democratica, la partecipazione della gente, una politicizzazione di massa unica in Europa; la mafia dei clientelismi, dei favoritismi, della piccola corruzione dif- fusa dei «portayoti» regionali, dei ricatti. Da noi allora il libro di Schwartzenberg può essere letto come un codice medievale, o come un racconto di "fantascienza. Agli specialisti dei problemi della comunicazione Lo Stato spettacolo può apparire un saggio già vecchio; abbastanza coloniale, perché in gran parte basato su analoghe opere americane pubblicate anni e anni fa; spesso ovvio, ripetitivo e inzeppato di disgressioni, alla maniera appunto dèlia sociologia americana, politica e non. I rigorosi noiosi potranno deplorare l'esortativo finale del libro, enfatica chiusura di comizio più che conclusione d'un saggio: «Ascoltate l'indignazione che opprime questi spettatori imbrogliati, raggirati, illusi. Ascoltate il risveglio e il soprassalto di coloro che lo Stato spettacolo inganna e abbindola. Ascoltate il loro grido fatto di una sola parola: bastai». E che diamine. Gli antipatici pignoli "potranno criticare la distratta o creativa traduzione, che inventa nuove parole italiane quali «apologista», «sociabilità», «olimpiano», «departecipazione». Ma al lettore non specialista Lo Stato spettacolo fornisce idee, informazioni e aneddoti, riflessioni interessanti. Informazioni e aneddoti, per esempio? L'ex presidente americano Ford fece assumere ufficialmente alla Casa Bianca un gagman che aveva il compito di disseminare i suoi discorsi di spiritosaggini e di trovargli efficaci battute d'inizio. L'abusato termine «carismatico» deriva dal greco charisma, che significa grazia, e in teologia il carisma designa un dono particolare conferito per grazia divina. Il culto della personalità ebbe inizio nel dicembre 1929, quando venne celebrato con fasto allora del tutto inconsueto il cinquantesimo compleanno di Stalin. «Prestigio» viene dal latino praestigium che significa artificio, illusione, e che si impiegava generalmente al plurale per indicare i giochi di prestigio. Il fu presidente francese Pompidou si faceva sfoltire le sopracciglia cespugliose per apparire meno brutto in Tv. Idee, per esempio? Nell'antico, la comunicazione.politica nell'agorà greca o nel foro romano era vocale, affidata alla presenza fisica del leader. Dal Settecento, col diffondersi della stampa, la comunicazione politica, meno personalizzata e più programmatica rivolta alla razionalità, è affidata al libro, all'opuscolo, al giornale. Nel Novecento, soprattutto nella sua seconda metà, radio e televisione provocano la rinascita della comunicazione politica verbale, affidata alla persona fisica del leader, alla sua immagine, alla sua voce: e riabilitano i metodi d'informazione e propaganda precedenti l'invenzione della stampa. Quindi, regresso politicoculturale: «Il potere personalizzato adotta sistematicamente la facilità: cerca di sedurre pia che convincere, di affascinare più che discutere; semplifica all'estremo il dibattito pubblico, scartandone o occultandone difficoltà e complessità; dal livello del saggio polittico si passa a quello del fumetto; si ha la riduzione giornalistica della politica a livel¬ 10 di aneddoto». Quindi, nascita di stereotipi del leader: 11 leader-eroe; il leader-uomo comune; il leader di fascino (John Kennedy, Trudeau, Giscard d'Estaing); il leader-Padre della Patria, o anche Nonno della Patria. Storicamente, i tempi di crisi producono la super-personalizzazione del potere; e il sottosviluppo chiama il superpotere. La Conclusione di Schwar¬ tzenberg, che come tutti gli studiosi dei mass-media tende a sopravvalutare il proprio argomento, a trascurare la forza della realtà e a ignorare il buon senso della gente, è catastrofica: «La cultura di spettacolo sostituisce insidiosamente la cultura di partecipazione, e il voyeurismo soppianta la democrazia». Non è il caso italiano. Almeno, non ancora. Lietta Tornabuoni III, wm Luigi Preti (qui sopra), Malfatti e Flaminio Piccoli ritratti da Pericoli (da «Fogli di via», ed. Einaudi.)

Luoghi citati: Caltagirone, Europa, Italia, Parigi